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(T/N)'s POV

L'uomo davanti a te scattò in piedi alla frase detta dal quarto agente che aveva appena varcato bruscamente la soglia della stanza, e come lui ti alzasti in piedi ma, al contrario del tuo interrogatore che uscì dalla stanza, venisti fermata dal poliziotto che in classe ti aveva puntato la pistola:
"Dove pensi di scappare?! Seguimi, per protocollo devi essere rinchiusa in una cella in attesa di riprendere l'interrogatorio." sbottò lui afferrandoti per il braccio.

Lo seguisti fino ad un corridoio pieno di celle minuscole ed anguste, ma non quelle tipiche che si vedono nei film, avevano delle porte di plastica spesse e bianche, con una finestrella trasparente che lasciava intravedere l'interno della stanza di prigionia.
Prese un mazzo di chiavi dalla cintura che portava, che usò per aprire una delle porte e in seguito ti fece segno di porgergli i polsi  per poterti rimuovere le manette e tu obbedisti.
Infine ti indicò la cella per farti capire che ci saresti dovuta entrare, e così facesti.
Varcasti la soglia di quella piccola stanzetta per sentire la porta bianca chiudersi alle tue spalle ed un rumore di serratura che capisti indicasse il fatto che il poliziotto ti avesse chiuso dentro.

Sospirasti, disegnando sulla tua faccia un cipiglio e dirigendoti verso il letto posto al lato della cella per sederti e riposarti.

La tua mente lasciò subito spazio ad una riflessione che balenò spontaneamente nei tuoi pensieri, e la prima domanda che ti ponesti riguardava il fatto di essere stata accusata di omicidio, ma questa domanda te la eri già posta, ma non ottenesti nessuna risposta.
Poi giungesti ad un fatto che avrebbe potuto provare la tua innocenza: la scomparsa degli amici di Tiffany mentre tu eri esattamente davanti agli occhi degli agenti.
Indubbiamente, se tu non fossi stata ad un interrogatorio e fossi stata l'artefice dell'omicidio, ti saresti sicuramente sbarazzata dei testimoni oculari, e istintivamente la colpa sarebbe ricaduta su di te se la polizia avesse saputo fossi stata tu, però in quel momento non avresti potuto torcergli un capello essendo sotto controllo da tre agenti di polizia.

I tuoi pensieri vennero bruscamente interrotti da un colpo di sparo che rimbombò fino alla tua stanza, e in seguito il tutto si concluse in un assordante silenzio.
L'ansia pervase il tuo corpo, la stanza si faceva sempre più inquietante e pericolosa, ti sembrava di poter essere schiacciata dalla gravità da un momento all'altro.
Le luci brillanti del corridoio non ti trasmettevano coraggio né tanto meno calma, bensì aumentavano la tua paura, forse la scena sarebbe stata meno angosciante al buio, o almeno credevi quello.

Quel silenzio quasi irreale venne interrotto da dei pesanti passi, lenti, che mantenevano la stessa frequenza.
Il rumore aumentava ogni passo che l'individuo compieva, così da farti dedurre che essi si dirigevano verso la tua cella.
L'adrenalina causata dalla paura aumentava ogni volta che quell'insistente marcia rompeva il silenzio che si creava ad ogni passo, ma poi la quiete.

Il silenzio calò sul sipario di quel teatrino assai macabro ed angosciante, ed eri consapevole che tu saresti stata la protagonista.

Scorgesti un'ombra affacciarsi alla finestrella della porta, dandoti la prova che le tue non erano semplici allucinazioni causate dallo stress, ma non eri affatto sola.

Ti rannicchiasti nell'angolo del letto come una tartaruga che si nascondeva nel proprio guscio, ma al contrario di quell'animale, non avevi una vera e propria protezione, se non quel muro che ti separava dalla persona che ti attendeva fuori dalla porta.
Un rumore di metallo che sfrigolava uno contro l'altro ti giunse all'orecchio, e continuando a fissare la finestrella, vedesti una mano tenere saldamente un mazzo di chiavi il quale aveva avvicinato alla finestra per fartelo vedere.
Trasalisti al notare quella mano pallida, quasi bianca che manteneva sospeso in aria quel mazzo di chiavi.

"Ehy (T/N), vuoi uscire da qui?" sentisti pronunciare al di là della parete da una voce pesante e roca, dalla quale trasparivano chiari segni di ironia seminati nella frase precedente.
Non osasti rispondere in preda alla paura, ti limitasti solo a deglutire e rimanere immobile, pensasti che se non avessi fatto il benché minimo rumore la figura al di fuori della porta se ne sarebbe andata.
"Dai, non prendermi in giro, lo so perfettamente che sei lì." aggiunse la voce dell'individuo al di fuori della cella.
"Lo sai vero che chi tace acconsente?" chiese provocando la tua paura, e a quel punto ti ritrovasti a dover puntare tutto sul tuo coraggio e a parlare:
"Io voglio rimanere qui dentro." mentisti imitando una voce sicura e convinta.
"Ah davvero? Sei sicura, non mi sembrava ti facesse piacere... Non è che per caso tu mi stia mentendo?" rispose marcando un finto tono triste sull'ultima frase.
"No." rispondesti a monosillabi per evitare di far trasparire il tuo timore.
"Oh d'accordo... Allora in questo caso ascoltami, se tu ritieni che ti faccia piacere potrai rimanere in prigionia per sempre... Però io adesso ti esporrò le tue due possibili scelte, e sia chiaro, dovrai per forza scegliere; ovviamente nessuna pressione e non farti condizionare da me, però assicurati di fare la scelta giusta, capito? Allora la prima scelta è la seguente: adesso io apro la porta, facciamo una pacifica ed amichevole chiacchierata e poi vieni via con me, invece la seconda scelta è questa: io apro la porta, e se non farai ciò che ti dirò, morirai e rimarrai in quell'angusta cella. È quello che volevi giusto?" concluse lui scoprendo le carte e rivelando le sue vere intenzioni.
Sicuramente avresti scelto la prima, avresti evitato molto felicemente la morte, ed hai pensato inoltre che avresti potuto trovare un modo per scappare ricorrendo alla tua astuzia, ma c'era un solo ed unico problema che ti ronzava in testa: il suo significato di pacifica ed amichevole chiacchierata.

Just A Toy. || Jeff The Killer.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora