ti odierò se posso, altrimenti ti amerò controvoglia

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Due anni dopo
"Fratellone quando torni? Ci manchi tanto e vorrei averti qui per il battesimo di Agata dai torna solo per una settimana..."
"Rinald va bene, ma smettila di rompermi i coglioni con queste telefonate...ricordati del fuso orario!"
"Scusami Ermal...ci vediamo sabato allora...ah a proposito, farai tu da padrino insieme a Fabrizio."
"Ah...va bene."
"Ermal sicuro che vada bene"
Fabrizio, un nome, un dolore. Non andava bene. Se lo ricordava ancora dopo due anni, due anni in cui non aveva fatto altro che scappare e rincorrere una felicità che non era mai arrivata. Si era rimesso con Silvia, ma era durato per pochi mesi, poi era andato via definitivamente.
Attualmente si trovava a Miami da alcuni mesi, lavorava in un locale e poteva anche cantare alcune sue canzoni...ne aveva scritte talmente tante in quegli anni, ma tutte erano dedicate a lui.
"Ermal ci sei ancora?"
"Rinald devo tornare al lavoro. Ciao a sabato ti scrivo quando arrivo."
Tornò in cucina e ricominciò a preparare piatti di successo per quello chef di cui non sapeva neppure il nome, ma gli dava il pane di cui vivere, quindi gli era immensamente grato.
Ricominciò anche a cantare, ogni volta, ogni sera, sempre quella canzone...
Lasciami le stelle
Almeno so con chi parlare
A chi rivolgermi stanotte
Perché tu non puoi restare
Volevo darti un aereo di carta
Da lanciare nell'aria
Ho scritto lì tutti i miei sogni
per vederli andare via
Ti ho chiamata a bassa voce
ma tu non mi rispondi
Fra tutti i cuori in giro
dimmi in quale
ti nascondi
Io mi ricorderò di te
Tra le luci di Roma,
ogni abbraccio per strada
Mi riporterà da te
Perché in fondo sai
stavamo bene
Dimmi perché
Il rumore più forte
ha lo stesso silenzio
Che sento di noi
Intanto chiude anche l'ultimo bar
Volevo dirti che ho sognato
Di avere molto più tempo
Per capire fino in fondo
La parola accanto
Ti ho cercata in ogni volto
In questo mi confondi
Fra tutti i cuori in giro
dimmi in quale ti nascondi
Io mi ricorderò di te
Tra le luci di Roma,
ogni abbraccio per strada
Mi riporterà da te
Perché in fondo sai
stavamo bene
Dimmi perché
Il rumore più forte
ha lo stesso silenzio
Che sento di noi
E intanto chiude
anche l'ultimo bar
Io mi ricorderò di te
Tra le luci dell'alba
di ogni abbraccio
per strada
Mi ricorderò di te
Perché in fondo sai
stavamo bene
Ma dimmi se c'è
Una buona ragione
per correre ancora
Senza di te
E intanto chiude
anche l'ultimo bar
Intanto chiude
anche l'ultimo bar
Non sapeva cosa aveva fatto Fabrizio in quei due anni. Forse non lo voleva nemmeno sapere. Ma mentiva a se stesso e questo lo sapeva bene.
Due anni prima se ne era andato da quell'ospedale senza chiedere niente del romano, lasciando il fratello in convalescenza.
Da quando Rinald si era svegliato dal coma, pochi giorni dopo la loro rottura, aveva chiesto in continuazione di Fabrizio, preoccupandosi del fatto di non averlo visto accanto al fratello. Quando poi aveva saputo tutto quanto, non aveva chiesto a Mary di rintracciare Fabrizio per conto di Ermal, aveva capito che il cuore del fratellone era andato in mille pezzi e una telefonata non sarebbe bastata per sistemare le cose.
Finì di lavorare e tornò in quell'anonimo appartamento di Miami che non sapeva di casa, perché la sua casa era a Milano, accanto all'uomo che dopo due anni non riusciva ancora ad odiare, l'amore che provava per lui era troppo grande e sapere che lo avrebbe rivisto riaccendeva in lui la speranza di riportare tutto a due anni prima. Avrebbe dimenticato tutto, avrebbe perdonato ogni cosa.
Si distese sul letto matrimoniale e ripensò a quei due anni.
A quando a Roma aveva rivisto Silvia in un bar e l'aveva baciata in un vicolo poco distante, con la voglia in corpo non di amare, ma di dimenticare. La portò a casa sua immediatamente e la possedette con delicatezza, ma l'orgasmo, il vero piacere, riuscì a raggiungerlo solo immaginando Fabrizio sotto di lui.
Lei lo capì quattro mesi dopo e lo lasciò, questa volta definitivamente.
L'unica ragazza che riusciva a sopportare era Mary, che non gli raccontava mai nulla del fratello, per timore che lui ci rimanesse male o che non capisse le sue scelte.
Adesso l'unica cosa che voleva era tornare in Italia e rivederlo.
Contò i giorni che lo separavano dal rientro in modo ossessivo. Quando arrivò il giorno della partenza, chiuse ciò che gli serviva per quella settimana italiana in una piccola valigia e si diresse in aereoporto. L'aereo, grazie al cielo, era puntuale e così potè arrivare a Milano poco prima delle dieci di sera del giovedì. Aveva preferito partire prima per smaltire il jet-lag, fermarsi a dormire in albergo e magari visitare quel suo ex locale in piazza Duomo, nella speranza di poterlo rivedere quanto prima. Il treno per Roma era fissato per le quattro del pomeriggio del venerdì, cosicché potesse giungere nella capitale in serata.
Appena atterrato chiamo Rinald:"Fratellino sono arrivato..."
"Ermal che piacere sentirti dall'Italia finalmente..."
In sottofondo si sentiva Agata, quella bambina aveva la voce più acuta del mondo.
"Ma come sta la mia nipotina adorata?"
"Sta bene, è pazza come lo zio."
"Ma anche il padre non è da meno"rispose ridendo.
"Ti saluto che la piccola mi reclama...ciao fratellone a venerdì."
"A venerdì."
Chiuse la comunicazione ed uscì dall'aereoporto, arrivò in hotel mezz'ora dopo con un taxi, depose la valigia e si fece una doccia. Lasciò che l'acqua calda scorresse sulla sua pelle bianca e si guardò i polsi, sui quali spiccava ancora il segno delle corde di due anni prima. Ormai li considerava il suo marchio di fabbrica, ma non avrebbe mai scelto di cancellarli...erano l'unica cosa che gli restava di Fabrizio.
Si mise dei jeans e una maglietta bianca e si diresse in piazza Duomo.
Cercò il locale"Libero" nel luogo in cui stava due anni prima, ma non lo trovò. Al suo posto spiccava un bar molto grazioso dal nome "Ricciolì" e pregò per un attimo che non fosse vero, che Fabrizio non avesse cambiato nome al locale, che fosse solo una coincidenza. Ma sapeva che in merito a fortuna lui era considerarsi la persona più sfortunata su tutta la faccia della Terra.
Prese coraggio e decise di entrare in quel locale. Lo vide al bancone, perfetto come lo era due anni prima.
Indossava una canotta nera e, benché fossero solo i primi giorni di giugno, ad Ermal venne improvvisamente caldo e sorrise capendo che non era dovuto alla temperatura esterna.
Si avvicinò timidamente, indietreggiando ogni qualvolta che l'altro sembrava guardare nella sua direzione, fino a quando gli occhi di Fabrizio non si fermarono in quelli dietro Ermal.
Non era cambiato assolutamente niente.
Le stesse sensazioni, le stesse emozioni, la stessa pace provate così tanto tempo prima tornarono nel cuore di entrambi. Fabrizio lasciò il bancone e si precipitò da Ermal, che lo accolse con un abbraccio.
Il barese guardò le mani del romano senza farsi vedere. Non c'era nessuna fede, almeno sapeva che non si era sposato nel frattempo.
"Ermal da quanto tempo..."
"Già...come stai?"
"Tutto bene...il locale va a meraviglia..."
"Ho visto che l'insegna..."
"Non ti posso mentire. Mi mancavi e volevo averti con me. Mary non mi voleva dire nulla così ho dovuto trovare un'alternativa per sentirti al mio fianco..."
"Quindi hai chiamato il bar con il mio soprannome."
"Esatto."
Calò il silenzio. Il silenzio fatto di cose non dette, di domande mai fatte e che non avrebbero mai avuto il coraggio di rivolgere l'uno all'altro. Ma soprattutto di amore.
Perché quello non era mai andato via.
"Ti va una birra?"chiese Fabrizio."
"Certo..."
"Vieni al bancone...offre la casa" disse facendogli l'occhiolino.
Ermal si sedette e non ce la fece più, voleva sapere cosa aveva fatto in quei due anni.
"Come ti va la vita?"
Fabrizio capì subito a cosa si riferisse. Prese il coraggio che altrimenti sarebbe venuto meno e parlò senza fermarsi:"Non sto con lei, se è questo a cui stai pensando. Credevo che andasse bene...oh non mi guardare così, l'unica cosa che Mary mi ha detto in due anni è stata che ti eri messo con Silvia e poi lasciato, quindi noni giudicare... ci siamo lasciati alcuni mesi fa. Mi tradiva e io non ho retto al peso."
"Respira adesso che sto cercando di capire..."
"Ermal non è difficile...stavo con lei...mi ha messo le corna...l'ho mollata" spiegò l'altro facendo delle pause come per enfatizzare ogni passo. Aveva detto la verità? In parte si, aveva omesso un piccolo particolare, forse non tanto piccolo.
"Come sta Libero?"
Ci siamo. Come poteva dirgli che dopo che Ermal era andato via lui aveva pianto per un anno ogni singola notte perché gli mancava lo zio?
"Gli sei mancato molto. Adesso sta bene."
"Ah perfetto."
L'argomento cadde nel vuoto e Fabrizio pensò di essere salvo, ma, come Ermal, non era mai stato fortunato nella vita e una vocina fece capolino dall'ingresso del locale.
"Papà!"
"Ciao Lì"
"Chi è lui?"disse il bambino correndo dal padre dietro il bancone.
Ermal alzò lo guardò e il piccolo, che ormai era diventato grande, l'ammirò estasiato.
"Zio Ermal...sei tu?"
"Sì amore."
"Dove sei stato? Mi sei mancato lo sai...ma papà ti ha già fatto conoscere Anita?"
"Chi?"chiese il riccio guardando Fabrizio, che era diventato rosso per l'imbarazzo... Ermal capì tutto. Si era lasciato con Giada quello si, ne aveva avuto la conferma guardando lei ferma all'inizio del locale, ma prima aveva avuto una figlia. Che coraggio. Eppure non riusciva ad odiarlo.
"La mia sorellina zio!"
"Non ho ancora avuto l'onore di conoscerla...me la presenti?"
Libero corse dalla madre, che aveva un passeggino in cui era seduta una piccola principessa identica al suo grande amore...la amò dal primo istante.
"Zio questa è Anita"
"Ciao principessa"disse Ermal abbandonandosi alla sua altezza per darle un bacino sulla guancia. Lei per tutta risposta gli tirò un riccio... gli stava già simpatico.
"Libero, perché tu e Anita non tornate dalla mamma? Io e Ermal dobbiamo parlare..."
"Va bene, a dopo zio."
"Ciao carissimi."
"Ermal- disse Fabrizio dopo che i bambini si erano allontanati a sufficienza- posso spiegare tutto."
"Per quanto mi piacerebbe sentire questa spiegazione, non credo che ce ne sia bisogno..."
"Invece si. Io e Giada ci siamo frequentati per un anno e mezzo e lei ha avuto Anita. Sembrava andare tutto per il verso giusto, ma io sentivo che mi mancava qualcosa, perché non ero felice. La nascita della bambina mi aveva reso il padre più felice del mondo, questo è vero, ma il mio cuore era triste. Triste perché tu non c'eri, perché tu non eri accanto a me. Poi sono tornato a casa una sera prima del solito visto che  al locale non c'era molta gente e ho avuto la conferma ai miei sospetti...ho trovato Giada a letto con un uomo, uno dei nostri amici. Inutile dire che me ne sono andato di casa e ho chiesto a lei il test del DNA quando mi ha rivelato che lo frequentava da tempo. La conferma che Anita sia mia figlia è arrivata una settimana fa, ma questo non toglie il fatto che io non la ami più, nella mia vita voglio solo te."
"Fabrizio ascoltami, non hai bisogno di darmi spiegazioni. Ho visto che mentre guardavi la tua ex nei tuoi occhi c'era solo odio e non amore né affetto. Anita è impossibile dire che non sia tua figlia...siete identici. Ma questo non cambia il motivo per cui sono venuto qui..."
"Il battesimo di nostra nipote?"
"No, per rivederti e per capire se per noi ci possa essere ancora un futuro, perché in questi anni ho tentato di dimenticarti, ma non ci sono riuscito."
"Non ti ho dimenticato nemmeno io"rispose mettendoli una mano sulla sua, che era appoggiata alla bottiglia di birra.
Si fissarono negli occhi in silenzio, fu Fabrizio ad interromperlo, perché doveva chiederglielo ufficialmente.
"Ermal ti va di uscire dopo che ho chiuso il locale?"
Ermal lo guardò e fissò quei pozzi neri in cui vedeva il suo amato mare e prese fiato...

Spazio autrice
Grazie per 1k di letture, non me l'aspettavo davvero.💙
Dani.

Il ballo in mascheraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora