epilogo

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"Amore ci sei?"
"Un secondo tesoro e scendo subito."

Adoravo andare a trovare mio zio. Cioè mio suocero. Ah! Che casino.

Ormai io e Libero facevamo coppia fissa da tre anni e Ermal e Fabrizio ne erano felicissimi.

Quel 21 giugno 2041 ci avevano invitati a pranzo da loro per l'anniversario. Ci sarebbero stati tutti, mamma, papà, i miei fratelli e mia sorella, Anita e i figli dei festeggiati naturalmente.

Mentre ci mettevamo in macchina per raggiungere la loro casa a Milano ripensavo a quante cose fossero successe in quei vent'anni.

Quando loro si sono sposati io avevo un anno e Libero quasi sei. Ci siamo conosciuti lì, poi complice zio Fabrizio che ha abitato a Roma per il primo anno del loro matrimonio, avevamo iniziato a giocare insieme.

I due sposini si erano trasferiti a Milano un anno dopo, per continuare ad occuparsi del locale in prima persona. Il successo di "Ricciolì" li aveva portati ad aprire un secondo locale nella capitale, che mio padre e mia madre gestivano tutt'ora.

Nel frattempo io crescevo e vedevo gli zii quando tornavano a Roma durante le vacanze di Natale o d'estate e portavano con loro anche Libero e Anita.

Quando avevo sei anni sono nati i miei fratellini Alex e Ryan e gli zii tornarono a Roma per il battesimo, portando con loro Libero, Anita e il piccolo Tobias, il bambino spagnolo che avevano adottato pochi mesi prima. Era davvero piccolissimo... dall'alto dei suoi sei mesi. Restava sempre in braccio a Ermal, si vedeva che lo adorava.

Quei due facevano invidia al mondo. Stavano sempre insieme, mano nella mano e quando credevano di non essere visti si baciavano.

Per l'occasione era tornata anche mia zia Sabina, che da quando aveva terminato gli studi viveva in Germania con un ragazzo. Era la prima volta che la vedevo.

Ma non tutta la vita può essere rosa e fiori, non sempre almeno. Nel 2028 Ermal e Fabrizio si dovettero trasferire in una casa più grande a Milano, perché Giada si era risposata con un uomo d'affari americano e aveva scelto di trasferirsi a New York, lasciando i bambini con il padre in Italia. Comunicavano con loro via Skype e ogni estate raggiungevano la madre per un mese. Una volta diventati maggiorenni sclesero di tornare in America quando avevano tempo, complici gli studi e il lavoro.

La villetta in cui vivevano era nei pressi di San Siro e adoravo andare a trovarli, perché gli zii mi portavano sempre allo stadio, a vedere le partite o i concerti.

La casa aveva tre piani. Al primo c'era un ampio salotto con una rientranza che permetteva di vedere la piscina all'esterno, una cucina spaziosa e un bagno grande quanto la mia camera. Al secondo le camere dei bambini, una per Anita, una per Libero e due per gli ospiti con i corrispettivi bagni. Al terzo un terrazzo, la camera matrimoniale con cabina armadio e una seconda camera sempre per gli ospiti e relativi bagni. Avevano fatto le cose in grande e li adoravo per questo.

Nella primavera del 2030 adottarono il secondo bambino, Liam, che veniva dalla Croazia. Era favoloso, ricciolino e biondissimo, due occhioni azzurri splendidi e un sorriso contagioso. Ma ad maggio mia nonna Maria si ammalò gravemente, morendo pochi giorni dopo. La famiglia era a pezzi e dovettero vendere la casa in cui mia madre e mio zio avevano vissuto sin da piccoli. L'affetto era troppo forte, così zio Ermal la acquistò e la diede a zio Fabrizio come regalo. Adesso era la loro casa delle vacanze e stavano li quando venivano a trovarci a Roma.

Quell'anno, a giugno, andai dagli zii per trascorrere due settimane a Milano, in aggiunta al concerto degli AWS in programma allo stadio. Appena arrivata trovai in casa Libero, che era un adolescente davvero bello (aveva preso tutto dal papà), con la sua ragazza Lia, una smorfiosetta di prima categoria che non sopportava l'idea che stessi così vicina al "suo vero amore". Certo, così vero che gli ha messo le corna meno di due mesi dopo, ma dettagli. Io ero piccola e vedevo Lì ancora come un cuginetto speciale.

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