Milano

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Ermal giunse a Milano in tarda serata. Il suo appartamento, la sua nuova casa, distava alcuni minuti dal Duomo ,che di ripromise di visitare appena avesse avuto tempo.
La casa era spaziosa: una cucina con penisola, come se lui fosse un vero cuoco,quando in realtà sapeva a malapena cucinare della semplicissima pasta al pomodoro, un bagno, una camera da letto padronale e una più piccola per gli ospiti. Inoltre vi era un salotto accogliente con un divano letto.
Depose la valigia nella camera più grande e telefonò alla madre per avvertirla del suo arrivo. Lei rispose al secondo squillo.
"Mamma sono io, sono arrivato."
"Ermal dove sei?"disse Fabrizio lasciando l'altro senza parole.
"Cosa ci fai in casa mia?"
"A tua madre sentiva un aiuto con le buste della spesa. Quindi eccomi qui. Dove sei?"
"Passami mia madre."
"Ermal mi dispiace..."
"Ti dispiace? Sul serio? Mi hai praticamente stuprato con un oggetto, violentato spacciandoti per dominatore e ora vuoi chiedermi scusa? Ma ti senti quando parli?"
"Ermal ho sbagliato, ma ti prego ti posso spiegare tutto."
"Sentiamo come."
"Ma non per telefono."
"Inculati."
"Ermal..."
"No"
"Perché piangi?"
*Sto piangendo? -pensò toccandosi le guance con la mano libera e constatando che erano umide- fanculo!*
"Non sono affari tuoi."
"Rispondimi a una domanda. Mi vuoi rivedere?"
Il suo cuore scalpitava per un si. Il suo cervello implorava per un no. Scelse la ragione.
"Ti avrei detto di sì fino a poco tempo fa, ma dopo quello che mi hai fatto credo di capire che tu sia l'ultima persona sulla faccia della terra che il vorrei vedere in questo momento. Di a mia madre che sto bene."
"Erm..."
Ermal chiuse la comunicazione. Si sedette sul divano e prese la chitarra, da cui mai si sarebbe separato e intonò una canzone.
Sono solo lacrime
È solo scienza di la si può spiegare
Ma le lacrime a lui scendevano e di sicuro la chimica sarebbe servita a poco per spiegare l'amore.
Non si rese conto di aver urlato quella canzone, infatti le lamentele dei vicini non tardarono ad arrivare. Qualcuno bussò alla sua porta.
"La smetti con questo chiasso? Vorrei dormire!"
Ermal andò ad aprire.
"Ermal?"
"Silvia?"
"Cosa ci fai qui?"
"Vediamo...dopo che tu mi hai mollato sono venuta qui a Milano da una mia amica e studio qui."
"Ma hai sedici anni!"
"E allora?"
"I tuoi si fidano così tanto a lasciarti stare da sola in una città tanto grande?"
"Mica sono come tua mamma che non si fida..."
"Ma smettila. Piuttosto dove stai come appartamento?"
"Davanti a te, perché?"
"Così so dove devo suonare. Addio."
Non voleva vedere la sua ex per nulla al mondo e se la ritrovava come vicina di casa. Perfetto.
Che altro poteva succedere?
In quel momento squillò il telefono.
"Pronto?"
"Ermal sono Fabrizio."
"Chi ti ha dato il mio numero?"
"Rinald"
*Lo ammazzo*
"Ermal ci sei?"
"Si si, ma perché mi hai chiamato? Non ti è bastata la discussione di prima?"
"Ti rivoglio con me."
"PIANTALA DI SPARARE CAVOLATE"disse urlando e scandendo lettera per lettera.
"Sono sincero,per favore...almeno per un caffè, poi se non mi vorrai più me ne andrò per sempre."
Forse accettare avrebbe potuto essere l'unica soluzione per allontanarlo per sempre dalla sua vita. Dopotutto un'ora in un bar poteva anche concedersela no? Dopodiché addio per sempre caro pescatore.
"Duomo. Sabato mattina alle 9."
"Aspè...sei a Milano?"
"No a Palermo guarda" rispose ridendo.
"Va bene ci sarò. Oggi è giovedì non fare cavolate fino a sabato."
"Ciao."
Chiuse il cellulare e crollò sul divano ripetendosi come un mantra:"Sei un cretino." Si addormentò così,con il cuore che faceva capovolte e il cervello che voleva uscire da quel corpo.
Lo svegliò il suono del campanello. Guardò distrattamente il telefonino e si accorse delle tre chiamante perse da parte della madre, dei messaggi di Rinald e di Mary ancora senza risposta, della batteria quasi scarica e dell'ora: le due di notte.
Barcollando andò verso la porta e la aprì. In quell'istante due braccia calde e muscolose lo strinsero a sé impedendogli di respirare.
"Ermal scusa scusa ti prego. So che dovevo aspettare sabato,ma non ce la facevo più a starti lontano."
"Fabrizio adesso ti stacchi da me, così posso respirare, ti siedi sul divano e ti asciughi quelle lacrime perché non voglio macchie. Intesi?"
*Da dove è uscito questo Ermal aggressivo?*pensò Fabrizio dirigendosi verso il divano.
"Allora ricapitolando un attimo-riprese Ermal- tu sei venuto a Milano alle due di notte per vedermi?"
"Si"
"Come ci sei arrivato?"
"Con la macchina. Ho la pa..."
"Zitto. Mi devi dire solo lo stretto indispensabile altrimenti finisci giù dalla finestra che sta alle tue spalle e ti avverto che siamo al terzo piano. Capito?"
"Si"
"Chi ti ha detto dove ero?"
"Stavo aiutando tua madre con la spesa e..."
"LO STRETTO INDISPENSABILE."
"Foglietto sul frigorifero di tua madre. C'era scritto tutto."
"Volevi farmi una sorpresa?"
"Si"
"Chi lo sapeva?"
"Mary."
"Altri?"
"No"
"Tua sorella lo ha detto a Rinald, che lo ha detto a mia mamma e mi hanno intasato il telefono. Ora chiami Mary e le dici che sei arrivato."
"Già lo sa."
"Bene allora qualcosa giusta la sai fare."
"Erm..."
"Basta. C'è la camera degli ospiti se hai sonno. Ne riparliamo più tardi, sono stanco."
Ermal se ne andò in camera sua e Fabrizio in quella degli ospiti, ma nessuno riuscì a chiedere occhio.
Fu il riccio a cedere per primo:"Va al diavolo pescatore."disse con un sorriso sulle labbra e il cuore in gola.
Si precipitò in corridoio e bussò nella porta dell'altra camera.
Fabrizio non tardò ad aprirgli.
"Allora questo non cambia che io e te dobbiamo ancora parlare, ma mi sei mancato..."
Fabrizio lo trascinò nella stanza e chiuse la porta.
Lo prese in braccio e iniziò a baciarlo dolcemente appoggiandolo alla parete, era delicato come una rosa, una rosa che non va sciupata ne strappata dal suo luogo naturale.
Gli leccò il labbro inferiore, come se volesse chiedergli il permesso di violare quel sacro paradiso che è la sua bocca.
Il riccio gemette piano e acconsentì. Le due lingue danzarono un ballo proibito, mente nei pantaloni di entrambi un ben noto rigonfiamento andava formandosi divenendo sempre più prominente.
Fabrizio iniziò a strusciarsi sull'altro, che nel frattempo aveva portato le sue mani sotto la maglietta del romano, togliendogliela e gettandola sul pavimento.
Si spostarono sul letto, dove Fabrizio tolse la maglia ad Ermal iniziando a baciarlo su ogni centimetro di pelle sino all'elastico dei pantaloni, che vennero tolti insieme ai suoi. Si guardarono: in boxer erano uno spettacolo della natura.
Ripresero a baciarsi con più passione, lasciando lividi violacei sui loro corpi, mentre le mani scostavano gli ultimi indumenti rivelando i corpi nudi.
Ermal accarezzò il sedere di Fabrizio, mentre lui stringeva sicuro il membro del riccio pompando con forza sempre maggiore, facendolo gemere e venire copiosamente sulla mano.
Prese le gambe del riccio sulle sue spalle, ma l'altro disse:"Non vuoi che mi giri?"
"Voglio vederti godere davanti a me."
Introdusse un dito nell'intimità dell'altro, causandogli un urlo misto fra dolore e piacere, portando l'altro a fermarsi.
"Continua ti prego"
"Per te qualsiasi cosa"
"Ti amo"
"Sei il senso di ogni cosa che c'è"
Entrò in lui con una spinta secca, ormai la voglia di possederlo era troppa e Ermal era al limite. Voleva farlo venire con le sue spinte.
E fu così.
Dopo quattro spinte ben assestate alla prostata, il riccio ebbe il suo secondo orgasmo, mentre l'altro continuò a muoversi lentamente in lui, venendo alcuni minuti dopo, insieme all'altro, i cui capelli erano fissati alla fronte mandida di sudore e il viso portava i segni dei tre orgasmi consecutivi.
Entrambi avevano una consapevolezza: non ne avrebbero mai avuto abbastanza.
Si addormentarono abbracciati quando le prime luci dell'alba iniziavano a filtrare nelle persiane chiuse.
Chi li avrebbe visti da fuori li avrebbe scambiati per due angeli, così pacifici tra loro in quel candido abbraccio, non sapendo i demoni che portavano dentro.
Uno di loro si palesò verso le dieci, svegliandoli di soprassalto:"Ermal aprì la porta sono Silvia!"
Il campanello iniziò a suonare.
"Chi è questa?"
"Fabrizio posso spiegare tutto."
"Sarà meglio per te."
"Non le aprire se ne andrà. Adesso ascoltami."
"D'accordo."
"Allora..."

Spazio autrice
Scusate il ritardo, ma avevo l'esame di teoria della patente da preparare 🙈

Il ballo in mascheraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora