la luna ci porterà fortuna

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"Si Fabrizio voglio uscire con te"
Il romano sorrise e poi lo sguardo cadde sui polsi del riccio...e provò solo orrore a quella vista. Non era così, non più.
Ermal se ne accorse:"Piantala di fissarli-disse-non ne voglio parlare. Tu sei diverso, lo vedo nei tuoi occhi..."
"Si ma..."
"Zitto. Portami via"
Uscirono da quel locale intorno all'una di notte. Camminavano fianco a fianco senza dirsi nulla. I due anni trascorsi lontani avevano avuto un loro peso. Ermal pensava ancora al figli di Fabrizio, avrebbero accettato un padre così? No, lui non lo credeva. Fabrizio credeva di non piacere più al riccio, ma voleva provarci lo stesso. Doveva sapere.
Giunsero davanti al Duomo, che si stagliava imponente in quel cielo nero rischiarato da una luna che sembrava gettare un fascio luminoso solamente su loro due.
Fabrizio si girò e gli prese una mano. Ermal gli sorrise e gliela strinse con forza. Capirono in quell'istante che entrambi si amavano ancora, più forte di prima.
Il romano fece un passo in avanti e mise una mano sulla guancia del barese, che chiuse gli occhi beandosi di quel contatto così leggero e non li riaprì nemmeno quando l'altro sigillò le sue labbra con un bacio.
Quelle labbra carnose e sottili si appartenevano, le due anime sembravano intrecciarsi in modo indissolubile per l'eternità.
Fabrizio leccò il labbro inferiore di Ermal, chiedendogli il permesso per la sua lingua, che stava facendo salti mortali per riuscire ad entrare nella bocca dell'altro.
Sorrise interiormente quando il riccio aprì le labbra leggermente e permise a Fabrizio di entrare. Iniziarono a baciarsi intensamente, incuranti della gente che intorno a loro rallentava il passo fissando quella manifestazione di affetto a cui a Milano nessuno era abituato.
Qualcuno scattò anche una foto quando le braccia di Fabrizio circondarono la vita dell'altro, poi i due si staccarono a risero al pensiero dello spettacolino che avevano creato.
Fabrizio fissò Ermal intensamente negli occhi, la sua mano era appoggiata alla guancia del riccio e tracciava piccole linee a accarezzava quella pelle candida.
Ermal ruppe il silenzio:"Fabrizio, non che io non voglia, ma non è che potremmo andare a casa? Sai...il secondo atto vorrei vederlo solo io..."
Il romano comprese l'allusione dopo alcuni secondi, sorridendo e baciando dolcemente l'altro. Gli prese la mano e corsero a casa. Quella casa.
Ermal varcò la soglia e vide che nulla era cambiato. Lo stesso divano nero, i mobili della cucina bianchi e le pareti di un colore pastello. La domanda gli sorse spontanea, complice la coscienza che non gli dava tregua.
"Ma tu e Giada?"
"Non vivevamo insieme e se dovevamo vederci usavamo il suo appartamento. Tu saresti tornato ne ero certo, anche se non sapevo quando, e mi sembrava ingiusto che io ti sfrattassi di casa. Questa è casa tua dopotutto."
"Fabri è casa nostra. Non è più solo mia da due anni ormai. E la cosa non mi dispiace- disse avanzando verso di lui e mettendogli le mani sulla nuca-ma credo che sia troppo innocente adesso...si deve rimediare."
Lo baciò con passione, lasciando l'altro con lo stupore negli occhi, poi ricambiarono entrambi rispondendo a quella passione con una dose ancora maggiore. Ermal cercava la cerniera della giacca di Fabrizio, non trovandola si staccò a malincuore da quelle labbra così perfette.
"Che hai Ermal?"
"Dove hai la cerniera di questa cosa?"
"Qui stupido-disse il romano ridendo e mettendo la mano del riccio sul fianco-è strano come cappotto, ma..."
"Se non fosse strano non sarebbe tuo."rispose ridendo. Glielo slacciò e lo gettò sul divano, tornando alla sua bocca.
Fabrizio tolse il chiodo di pelle nera ad Ermal (ringraziando Dio non l'aveva allacciato, altrimenti sarebbe stato un bel problema).
Si baciarono ancora e ancora e ancora, erano in astinenza e dovevano recuperare il tempo perduto.
Ermal tolse la maglia a Fabrizio e passò la sua lingua sul collo del romano, che gemette debolemente, ma Ermal era certo che alla fine avrebbe urlato con tutto il fiato che aveva in corpo.
Il riccio lo prese per mano e lo portò in quella che era stata la loro vecchia stanza, spingendolo senza troppe delicatezze sul letto e mettendosi a cavalcioni su di lui.
La sua bocca passava dalle labbra alle spalle dell'altro, mentre con le dita tormentava i capezzoli del romano, facendolo ansimare rumorosamente.
Le sue mani scendettero sulla cintura, che venne slacciata insime al bottone del pantaloni e tolti lentamente, rivelando un'erezione che era diventata impossibile da nascondere.
Fabrizio, però, non voleva che il riccio comandasse, quindi capovolse le posizioni, togliendo all'altro la maglia e i jeans, poi si sdraiò sull'altro allargandogli le gambe, iniziando a strofinare il suo membro contro i boxer dell'altro.
La stanza era immersa nel buio e gli unici suoni erano le loro urla di piacere che rieccheggiavano in quelle quattro mura.
Fabrizio tolse i boxer ad Ermal, fiondandosi sul suo membro come se da esso dipendesse la sua vita e lo prese in bocca leccandolo per tutta la lunghezza e lasciando dei segni rossi che difficilmente sarebbero andati via molto presto.
Ermal non opponeva resistenza. Stringeva il lenzuolo sotto di sé con tutta la forza che aveva in corpo, tentando di controllare le grida.
Il romano se ne accorse:"Non ti trattenere, io voglio sentirti."
Scandì quell'"io" quasi rimarcando una proprietà, ma all'altro non dette fastidio: voleva essere solo suo.
Liberò il labbro inferiore dai suoi denti e non oppose alcun limite al piacere quando Fabrizio passò sui suoi testicoli gonfi e tremanti al limite del godere e li leccò guardandolo negli occhi.
Ermal non capì più nulla.
Si tirò su sedendosi sul bordo del letto e tolse l'indumento intimo dell'altro, che lo fissava sbalordito e implorante di desiderio.
Fissandolo in quei pozzi bui, prese il suo membro in mano e iniziò a compiere dei movimenti decisi trascinando verso il basso la pelle che ricopriva la punta, che baciò ripetutamente, ma senza mettere la lingua. Voleva farlo soffrire un poco prima di appagarlo.
Il romano lo fece sdraiare nuovamente e prese le gambe sulle sue spalle, entrando con una spinta secca provocando un lamento nel riccio.
Si ritrasse e tornò a baciarlo. Non voleva farlo soffrire, quindi prese a prepararlo.
Portò le dita della sua mano destra alla bocca del riccio dicendo sensualmente:"Apri da bravo,mi serve il tuo aiuto"
"Perché?"
"Fallo e basta"
Ermal accolse le dita nella sua bocca, le bagnò abbondantemente e Fabrizio le tolse, avvicinandole all'orifizio dell'altro.
Ne introdusse una per metà, quando l'altro si irrigidì: il romano capì che in due anni non aveva mai avuto un rapporto con un altro uomo. Da una parte pensò che in America gli uomini avessero le fette di salame sugli occhi per lasciare da solo uno come Ermal; dall'altra si sentì in colpa, perché questo significava che gli avrebbe fatto male, molto male.
Quando il riccio si fu abituato alla presenza, introdusse il dito per intero e poi subito un altro, mentre piano piano il dolore di Ermal diventava piacere.
Fabrizio non resistette più, sostituì alle dita il suo membro, spingendolo delicatamente in quell'anfratto che mai avrebbe voluto abbandonare.
Il calore del riccio avvolse il pene del romano. Entrambi iniziarono a gemere in preda alla passione.
Ermal fece affondare ancora di più Fabrizio con un colpo di anca, mentre quest'ultimo spinse ancora più a fondo, arrivando a colpire la prostata del riccio.
Questo urlò con quanto fiato aveva in corpo:"Fabri...mmhh...ti voglio sentire...mmhh...ancora più forte."
Il romano uscì dal barese e lo fece voltare, spingendosi ancora una volta in modo deciso dentro Ermal, colpendo la prostata con convinzione più volte, intanto nell'aria i loro gemiti risuonavano come una dolce melodia.
Ermal si dovette aggrappare al materasso per non cadere sul letto a causa delle forti spinte del compagno, mentre Fabrizio teneva saldamente l'altro per i fianchi.
Vennero contemporaneamente, Ermal sul letto e Fabrizio dentro il giovane, ma non uscì subito: si volle beate di quella magnifica sensazione di calore e protezione che nessun'altro riusciva a dargli.
Era grato di averlo accanto a sé nella sua vita e doveva dimostrarlo.
Si chinò sul collo del barese e prese a baciarlo profondamente, lasciando il posto ad un livido rosso acceso.
Fortunatamente si era ricordato dell'evento del sabato, così aveva fatto il succhiotto poco sopra la scapola, in modo che una camicia potesse coprirlo.
A malincuore uscì da Ermal, suscitando disapprovazione da parte del giovane, e si rintanò sotto il lenzuolo, seguito dell'altro che si accoccolò sul petto del romano, baciandolo delicatamente.
Si addormentarono così e ringraziarono il telefono di Ermal il giorno dopo, che squillò a mezzogiorno, ricordando ad entrambi il treno programmato per il pomeriggio.
Ermal, controvoglia, si alzò dal letto e rispose al telefono, mentre dall'altra parte Rinald era impaziente di sapere come era andata la serata e, soprattutto, se avesse o meno rivisto Fabrizio.
"Pronto?"disse Ermal ancora assonnato.
"Ciao principe, dormito bene?"
"Rinald ciao... si si...molto bene."
"Come è andata ieri sera?"
Ermal temporeggiò, ma non perché non sapesse come rispondere al fratello, quando per Fabrizio,che si era appena svegliato e si era alzato dal letto distendendo braccia e gambe, rivelando gli addominali ben scolpiti e il suo membro. Su quest'ultimo Ermal fissò lo sguardo mimando un "lo voglio ancora" con le labbra, seguite da una leccata lasciva, che provocò l'effetto sperato: Fabrizio sorrideva imbarazzato alla reazione delle sue parti basse.
"Terra chiama Ermal... ci sei?"
"Si scusa...ehm...non ho sentito bene puoi ripetere?"
"Come è andata ieri sera?"
"Tutto bene"
"L'hai rivisto?"
"Chi?"
"Il Papa... viene su da Roma per te...Fabrizio imbeccille!"
"Ah...si"
Il romano si era sdraiato nuovamente ed aveva scostato il lenzuolo, prendendo in mano il pene di Ermal.
Quando il barese se ne accorse sillabò un "non osare", ma il romano, sorridendo, iniziò a compiere dei gesti netti e, con sua grande soddisfazione, sentì il membro del riccio indurirsi.
"Avete parlato?"chiese Rinald.
"S-i" disse Ermal trattenendo un gemito e constatando che alla mano Fabrizio aveva sostituito la bocca.
"Bene dai, mi racconterai domani tutto. Adesso scappo che Agata mi reclama"
*Sia lodata quella bambina*pensò Ermal con una mano stretta sui capelli di Fabrizio.
"Ok...ciao"Ermal riattaccò e tolse Fabrizio dal suo membro, che era al limite.
"Sei un bastardo."
"Che colpa ne ho io? Mi hai provocato..."
"Porta a termine il lavoro allora."
"Ti amo Ermal" sussurrò prima di continuare l'attività interrotta.
"Ti...amo...mmhh...anche...io...FABBBBRIZIO"urlò mentre riversava la sua passione nella bocca del compagno.
Fabrizio lo guardò bieco a causa del soprannome, ma non ci pensò più di tanto.
Fece sdraiare Ermal ed entrò in lui, spingendo con più forza della sera precedente.
"Fabrì...mi... manca...il... respiro"
"Vuoi che rallenti?"chiese baciandolo.
"No...toglimelo...del...tutto."
Spinse ancora più forte e si riversò nel riccio, mentre questo ebbe il suo secondo orgasmo sull'addome dell'altro.
Tornarono sotto il lenzuolo e impostarono una sveglia per le due e mezza del pomeriggio. La stazione non era molto lontana, quindi potevano dormire ancora per alcune ore.
Al suono della sveglia si alzarono e si cambiarono. Presero le valigie che erano già state posizionate all'ingresso e si avviarono verso il treno che li avrebbe riportati a Roma e al loro passato.

Il ballo in mascheraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora