Capitolo 9: Prigionieri

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Il profumo di lei invase ben presto l'abitacolo. Viktor inalò a pieni polmoni, la sua pelle odorava di cannella. Non riusciva a spiegarselo ma c'era qualcosa in quella ragazza che lo destabilizzava. Non riusciva a concentrarsi sulla strada perché la sua testa era nel caos. Si era chiesto più volte perché non avesse punito questa impertinente per come lo aveva trattato davanti ai suoi soldati e perché non avesse ucciso Byron e gli altri due uomini. Se li stava portando praticamente a casa. Quando le aveva toccato la mano per allontanarlo dal professore, Viktor aveva sentito delle piccole scariche. C'era in lei qualcosa di diverso dalle altre ragazze della sua età. 

"Non hai ancora risposto alla mia domanda. Come ti chiami?" le chiese squadrandola dalla testa ai piedi. Le braccia conserte e sul viso ancora quel broncio. "Che ti importa?" Era davvero incredibile, stava mettendo a dura prova la sua pazienza. Viktor le prese il mento con due dita, la fece voltare verso di lui. La ragazza ebbe un leggero fremito e lui lo avvertì. Strinse appena e la costrinse a guardarlo. Viktor sentiva i suoi occhi pizzicare e, ne era certo, stavano diventando rossi. Gli accadeva sempre quando era arrabbiato. Lei perse il suo modo di sfida e quasi sussurrò il suo nome. "Bene Maya, penso che diventeremo molto amici". 

Per Maya il viaggio verso il castello del Principe fu estenuante. Lei non si era mai allontanata dal Bunker, passeggiava per il bosco attorno al laboratorio ma nulla di più. Stare tante ore ferma dentro una macchina la stava uccidendo. Era molto stanca e ben presto si addormentò.

Arrivarono a notte fonda a Rora. Il castello di Viktor le mise i brividi. Era enorme e circondato da un fiume. Le torri erano altissime ed il grande portone di ferro terminava con delle sbarre appuntite. Fuggire da lì era impossibile. I sei uomini fecero scendere il professore, Spencer e Freddie strattonandoli con prepotenza. Maya scese dalla macchina di Viktor e corse ad abbracciare suo nonno. Viktor provò un senso di rabbia, non sapeva il perché ma quel gesto l'aveva fatto innervosire. Sua, doveva essere solo sua. Lei sorrise a Freddie e Spencer e lui strinse talmente tanto forte il pugno che le sue unghie si conficcarono nella pelle. La prese per un braccio ed ordinò ai suoi soldati di portare dentro i tre prigionieri.

"Rinchiudeteli nelle celle del sotterraneo" ordinò rivolto ai suoi. "Tu invece verrai con me, nella mia stanza"

La camera di Viktor era davvero particolare. Il blu era il colore predominante: le tende di damasco molto pesanti, il copriletto e persino delle poltroncine ai lati del letto. Grandi lampadari di cristallo illuminavo l'enorme stanza. Era così diversa dalla sua, senza finestre, il letto, una semplice coperta grigia ed un piccolo armadio anch'esso grigio che però lei aveva decorato con dei colori vivaci per rendere l'ambiente più accogliente. In fin dei conti era pur sempre un laboratorio sotterraneo. Freddie quando era piccola aveva stampato ed attaccato al muro delle immagini per bambini per farla sembrare una cameretta. Rimase per un secondo immobile, poi lui la spinse sul letto, aprì un cassetto e tirò fuori una maglietta bianca. "Fatti una doccia e cambiati" disse allungandole l'indumento. "Non ci penso nemmeno" replicò lei con stizza. "Benissimo allora ti aiuto io". Viktor la strattonò e la portò in bagno, aprì il rubinetto e le strappò il vestito rosa, mostrando il reggiseno bianco. Maya si ribellò alla sua presa. Era meglio non sfidarlo, non era in condizioni tali di opporsi alla sua forza. "D'accordo faccio da me, non sono una bambina". Obbedì e prese il soffice asciugamano sistemato sul lavabo. "Sbrigati, ti aspetto a letto" accostò la porta e le diede un'ultima occhiata. 

L'acqua calda le distese i nervi, come se la paura che aveva provato fino a quel momento stesse scivolando via. Si lavò i lunghi capelli e li tamponò con un asciugamano. "Bastardo" pensò Maya mentre si agganciava il reggiseno "ha lasciato la maglia sul letto apposta". Entrò nella stanza, Viktor non abbassò neanche per un momento lo sguardo da lei. Era sdraiato sul letto, le braccia dietro la testa e le gambe accavallate. Maya si infilò la maglia. Per fortuna era molto grande per lei. Le arrivava fino alle cosce e le maniche fino all'avambraccio. "Dentro" ordinò lui alzando il lenzuolo di seta. Non se lo fece ripetere due volte, tirò su fino al collo il delicato tessuto come se in qualche modo potesse creare una barriera. Era divertente, così indifesa, minuta e bellissima.  Lei si voltò dal lato opposto del letto ed i capelli si sparpagliarono sul cuscino e di nuovo il profumo di cannella invase la stanza. Due calde lacrime le solcarono il viso, era in trappola non poteva fuggire, lui era troppo veloce e troppo forte. Forse era meglio provare ad assecondarlo, in fin dei conti avrebbe potuto far torturare suo nonno, Spencer e Freddie. Si addormentò con questi pensieri. 

Qualcosa di pesante la stava schiacciando, aprì gli occhi ed un tiepido raggio di sole le scaldò il viso. Viktor era dietro di lei, con il suo braccio le cingeva la vita. Provò ad alzarsi ma non ci riuscì. "Buongiorno ragazzina" la sua voce era roca e sensuale, gli occhi color ghiaccio puntati su di lei come un faro nella notte. Avrebbe voluto spingerlo giù dal letto ma ripensò al nonno. "Buongiorno. Avrei fame, posso mettere qualcosa sotto i denti?" si obbligò a rispondere con un tono quanto più cortese possibile. "Se me lo chiedi così dolcemente gattina, ti accontento". Si stirò e si alzò dal letto, fece il girò e le allungò la mano per aiutarla ad uscire dal letto. "Non vorrai che scenda così conciata" controbatté lei visibilmente intimidita. "Perché? Questa è la mia camicia preferita". Si stava prendendo gioco di lei ed era inutile continuare quella sterile discussione. Inoltre suo nonno non aveva dormito in un morbido letto come lei,  ma in chissà quale umida cella.

La tavola era imbandita come non mai. Maya pensò che quel ben di dio poteva bastare a sfamare dieci persone. Lui le scansò la sedia e si mise di fronte a lei. "Viktor, io vorrei vedere mio nonno. Per favore. Ti supplico" chiese cercando di scegliere le parole giuste.

"Va bene gattina, dopo colazione andremo insieme nelle segrete del castello"

Angolo autrice:  Il Castello di Bran, residenza di Vlad III (più noto come Conte Dracula) presenta scalinate anguste e tenebrosi passaggi sotterranei, che la rendono una fortezza  inespugnabile.

PROGETTO MAYADove le storie prendono vita. Scoprilo ora