9. Che cosa stai cercando di fare?

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Utilizzare il computer portatile di Stiles non appena potessi era diventata una vera e propria abitudine. Vivevo a Beacon Hills da meno di un mese, e cioè da pochissimo tempo, eppure di abitudini ne avevo prese già tante, forse pure troppe. E non è detto che tutte fossero buone abitudini.

Posai lo sguardo sul Mac grigio, mordendomi le labbra nell’attesa. Era sabato pomeriggio, e quel giorno non mi ero presentata a scuola, proprio come aveva fatto Stiles. Quando Stephen aveva proposto ad entrambi, inaspettatamente, di restare a casa per quel giorno, quasi non ci avevo creduto.

Eravamo stati ad una festa, non a fare i lavori forzati. Poco importava che fossimo comunque stanchi: né io né tantomeno Stiles reputavamo il tutto come una buona scusa per fare la prima assenza dell’anno. E il fatto che lo sceriffo non si fosse arrabbiato nemmeno un po’ con suo figlio, nonostante il fatto che questi fosse rientrato all’alba, senza nessuno che gli tenesse compagnia?

Se si fosse trattato di mia madre, sarei finita in punizione a vita. Ora, non volevo insinuare che Stephen non fosse un buon padre o cose così. Non volevo credere che avesse deciso di evitare una giusta punizione a Stiles semplicemente perché si preoccupasse poco per lui. C’era qualcosa sotto: qualcosa di più grande, che aveva spinto il signor Stilinski a lasciare a casa anche me.

Qualcosa che avrei scoperto, giacché ero lì senza far nulla. E sì, non avrei dovuto accettare di saltare scuola, ma… be’, era già la seconda volta che Stephen mi proponeva una cosa del genere. La carne è debole! Soprattutto quella di una sedicenne che vuole evitare le ore di educazione fisica come la peste.

«Dio sia lodato!», esclamai poi, distraendomi all’istante dal filo dei pensieri che mi riempivano la mente, non appena rividi il viso di mia sorella attraverso il pc.

Ci eravamo videochiamate via Skype e stavamo cercando di chiacchierare tranquillamente, ma c’era qualcosa che non andava nella linea internet, molto probabilmente, perché il collegamento era disturbato e molto spesso c’eravamo dovute interrompere perché le immagini sparivano e le voci arrivavano tutte spezzettate.

«Sempre sia lodato», mi diede ragione Cassandra, ironicamente, alzando gli occhi al cielo mentre la guardavo muoversi agitata di fronte al pc.

«Cos’è che stavamo dicendo?», domandai, cercando di ‘‘ripristinare l’ordine’’.

Prima che venissimo interrotte per la ventimilionesima volta, mia sorella mi stava raccontando qualcosa di interessante, solo che non riuscivo più a ricordare cosa. Nel silenzio della camera di Stiles mi ero distratta troppo per poter ancora prestare attenzione ai gossip che Cassandra come al solito aveva iniziato a snocciolare nelle mie orecchie.

«Uhm…», mormorò mia sorella, passandosi un dito sottile sul mento. «Ah, sì! Stavo quasi per dimenticarmene. Questo è il regalo che James mi ha fatto per il mio ventottesimo compleanno. Non è un amore?».

Osservai con occhi critici la maxi bag di Minnie Mouse che Cassandra mi stava mostrando piena d’orgoglio, avvicinandola alla webcam per poi allontanarla subito dopo e voltarla in tutte le direzioni e angolazioni immaginabili. Sbuffai.

«Il tuo compleanno è tra tre mesi, Cass. Perché ho un cognato così stupido?», chiesi, più a me che a lei.

Davvero: perché fare regali con così tanto anticipo? Sì, okay, mia sorella era una rompipalle di prima categoria, e molto probabilmente James – meglio conosciuto da tutti come Jamie – le aveva comprato quella borsa solo per calmarla un po’… ma comunque il tutto non mi convinceva.

«E io perché ho una sorella così tonta?», ribatté Cassandra velocemente.

Posò la borsa da un lato e ritornò a guardarmi intensamente attraverso la webcam. Poi alzò gli occhi al cielo, lasciandosi andare a quello che aveva tutta l’aria di essere un sospiro di rassegnazione.

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