Ben's plane

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BEN

Arrivare in università quel giorno, mi costò una fatica enorme. Erano ormai cinque anni che passavo quel 16 giugno chiuso dentro casa, con la solo compagnia di una bottiglia di birra sul comodino affianco al letto. C'era stato Ryan per un po' a consolarmi e a cercare di distrarmi, ma poi se n'era andato anche lui, lasciandomi da solo ad affrontare l'anniversario della morte di mio padre, quella morte di cui mi sentivo colpevole ogni giorno, ogni dannatissimo momento.
La macchina che si andò a schiantare contro un tir la guidavo io, quindi la responsabilità della sua morte non era di nessun altro. Avevo visto mio padre agonizzante accanto a me, bloccato in quell'ammasso di ferraglia che non gli permetteva di uscire, non che ne fosse in grado, comunque.
Io alla fine me l'ero cavata con un'operazione al ginocchio, qualche costola fratturata ed un trauma cranico. Niente di paragonabile alla vita spezzata di mio padre.
Per questo entrare nell'atrio dell'università mi risultò così difficile, come anche mi era risultato difficile il solo alzarmi, quella mattina.
Feci le mie lezioni in modo totalmente distaccato, recitando a memoria quello che ormai avevo imparato, senza il solito entusiasmo che quel lavoro mi dava. Avevo solo voglia di tornare a casa, stare da solo e bere fino ad addormentarmi per svegliarmi il giorno dopo, quando avrei ripreso in mano la mia vita decentemente.
Non c'era nessuno in quella città con cui condividere il mio dolore, la mia angoscia, non c'era nessuno che si avvicinasse ad un amico sincero. Tutti i rapporti che avevo instaurato, erano basati su una conoscenza più o meno approfondita, ma niente di più.
Uscii nel giardino sul retro dell'università, godendomi i raggi del sole che mi scaldavano il viso. Raggiunsi una panchina e decisi di sedermi, accendendo l'ennesima sigaretta di quella giornata. Chiusi gli occhi ed inspirai il fumo facendolo uscire dalle narici, e solo quando puntai lo sguardo nuovamente sulla distesa verde di fronte a me, vidi l'unica persona che mi faceva piacere incontrare.
"Mario..."lo chiamai, alzando un po' il tono di voce per farmi notare.
Lui alzò lo sguardo dal suo inseparabile telefono e puntò gli occhi nei miei avvicinandosi, per poi "Ciao... come stai?" domandare, sedendosi al mio fianco.
"Bene... diciamo..." risposi, cercando di mascherare il più possibile la mia espressione sofferente.
"Sicuro? Hai una faccia..." continuò invece lui, scrutandomi più insistentemente.
Mario si era accorto subito che qualcosa non andava, aveva capito che c'era qualcosa di strano vedendomi solamente per due minuti, quindi perché non potevo raccontargli tutto? Perché dovevo tenermi tutto dentro e affrontare da solo quel momento?
Mario era una persona sensibile, questo lo avevo capito fin da subito, quindi probabilmente era per quello che aveva notato qualcosa di strano in me. Era anche un attento osservatore, una persona che faceva caso ad ogni minimo particolare, che immagazzinava quante più informazioni possibili.
Decisi che potevo provarci, potevo tentare di raccontargli quello che era successo, Mario mi avrebbe ascoltato sicuramente, ne ero convinto.
"Ok... hai ragione. E' una giornata strana per me" dissi infatti, spegnendo la sigaretta con la punta della scarpa.
"Come mai? Sempre se posso sapere..." domandò Mario, interessato.
Mi feci forza ed iniziai a spiegare "Oggi è il quinto anniversario della morte di mio padre, è sempre una giornata triste per me, visto che il responsabile della sua morte sono io" per poi "Che significa? Che stai dicendo, Ben?" essere interrotto da lui.
La sua faccia si era trasformata dal preoccupato allo sconvolto nel giro di tre secondi esatti. Probabilmente non mi ero espresso benissimo visto che la mia frase era stata più che fraintendibile, per questo mi sbrigai a continuare "La macchina che si è schiantata contro un tir, la guidavo io. Avevo litigato con il mio ragazzo e mio padre mi aveva offerto di tornare per qualche giorno a casa con lui. Ma io quel camion non l'ho visto, Mario... quindi la colpa è solamente mia."
Lo vidi abbassare la testa e poggiare la mano sulla mia, che tenevo ferma sopra al ginocchio, stringendola appena, prima di "Mi dispiace" sentirlo sussurrare, probabilmente imbarazzato dal livello delle mie confidenze.
Quel contatto, quel piccolo tocco assolutamente improvviso, mi fece capire quanto Mario potesse essere sul serio la persona giusta per me. Era la prima volta che osava tanto, la prima volta che mi sfiorava, anche se quasi sicuramente, il suo gesto era stato solo un modo per confortarmi. Ma alla fine non mi importava, l'aveva fatto comunque, aveva stretto leggermente la mia mano per poi ritirarla pochi attimi dopo.
"Non pensavo fosse una cosa così seria, sul serio Ben, mi dispiace... scusa, non dovevo chiedere" affermò lui, tornando a guardare l'erba sotto i suoi piedi.
Mario pensava di essersi intromesso, pensava di aver scavalcato il limite della nostra poca confidenza, ma si sbagliava.
"Mario, ho scelto io di raccontartelo, non devi scusarti di nulla, anzi, grazie per avermi ascoltato" iniziai, per poi "Avevo bisogno di parlarne con qualcuno. In questa città mi sento tremendamente solo. Mi sono trasferito solo perché ho trovato il mio ragazzo a letto con un altro, riesci a crederci?" concludere, sorridendo leggermente.
"Oh... non pensavo... sì, insomma, non avevo capito che fossi gay, cioè non ne ero sicuro... e mi dispiace, per il tuo ragazzo, intendo" rispose lui, abbastanza stupito.
Possibile che non avesse capito sul serio? Possibile che non si fosse accorto di avere davanti una persona interessata a lui?
"Sei serio? Non lo avevi capito?" domandai infatti, per avere conferma.
Notai le guance di Mario colorarsi leggermente di un rosso tenue, segno evidente del suo disagio, e poi "Sì, poi insomma... non è che ci siamo frequentati così tanto, quindi..." lo sentii dire, mentre si tormentava le mani.
Mario poteva essere la persona più spavalda e sicura di sé del mondo, ma a volte assomigliava anche ad un cucciolo totalmente indifeso, bisognoso solo di tanto affetto, quell'affetto che sicuramente Claudio gli riservava giorno e notte.
"Allora credo che dovremmo rimediare... Mario, sei una bella persona e mi piacerebbe sul serio fare qualche uscita con te. Non sono un uomo di tante parole e non sono per niente socievole o almeno non mi ritengo in grado di poter stabilire un rapporto di amicizia così facilmente, ma so che con te ne varrebbe la pena" spiegai, decidendo di essere il più onesto possibile.
Tutto ciò che avevo fatto con lui fino a quel momento, era risultato del tutto fallimentare, quindi l'unica alternativa che ritenevo più appropriata era quella di instaurare prima un'amicizia sincera. Non che poi avessi intenzione di farla rimanere tale, anche perché Mario era tremendamente attraente e prima o poi si sarebbe reso conto della mia attrazione nei suoi confronti, quindi era impossibile tirarla tanto per le lunghe. Ma come inizio, poteva essere meglio così.
"Sono venuto qui da solo quindi per me è un po' difficile. Mi serviva cambiare aria e l'ho fatto, solo... te l'ho detto, la tua compagnia mi piace" conclusi il discorso, fiero delle mie parole.
"Oh... grazie... mi fa piacere. E per quanto possa valere, mi dispiace anche per tuo padre" rispose Mario, abbozzando un sorriso, continuando poi "E non devi pensare che sia stata colpa tua. E' stato solo un'incidente, poteva capitare a chiunque. Immagino sia stato uno schifo, ma devi smettere di addossarti tutta la colpa, l'hai fatto fin troppo."
La dolcezza con cui pronunciò quelle parole, mi fece scoppiare il cuore di gioia. Forse ero davvero riuscito ad entrare finalmente in confidenza con lui, forse ero davvero riuscito a prendermi un po' della sua fiducia. Il mio racconto l'aveva sicuramente scosso, ma era servito a sentirlo più vicino. Capii in quel momento, di aver aperto una porticina all'interno del cuore di Mario.
Le cose sarebbero solo potute migliorare col tempo e con la conoscenza e forse il mio desiderio di averlo accanto si sarebbe potuto avverare.
"Sei la prima persona a cui lo racconto, ma sono felice di averlo fatto... avevo capito fin dall'inizio quanto potessi essere sensibile" replicai, sfregando le mie mani.
Mario sorrise di nuovo, e "Spero solo che parlarne con qualcuno ti abbia aiutato a stare meglio. E per qualunque cosa, sono qui... ti aiuterò ad ambientarti e a fare nuove amicizie, te lo prometto. Verona non è poi così male" affermò, alzandosi dalla panchina, accarezzandosi le cosce per sistemare le pieghe sui suoi pantaloni.
"Adesso devo andare, Claudio lavora quindi tocca a me preparare la cena. Ci sentiamo magari, ok?" continuò a dire lui, aspettando una mia risposta che non tardò ad arrivare "Certo... e grazie ancora, Mario."
Lo guardai mentre s'incamminava verso l'uscita, ammirando quel corpo che desideravo ardentemente. Il suo menzionare Claudio, non mi aveva nemmeno dato così tanto fastidio perché alla fine ero stato rapito dalle sue parole, dalla sua promessa di sentirci presto.
Quella conversazione con Mario, aveva distolto la mia attenzione da mio padre, ed era stato grazie a lui che la mia mente si era liberata. Magari in futuro, sarebbe stato proprio lui accanto a me a consolarmi, a tranquillizzarmi e non come amico, ma come compagno.
Quella giornata aveva avuto di nuovo un senso dopo quei lunghissimi cinque anni.


MARIO

Quando tornai a casa, la trovai vuota proprio come mi aspettavo. Claudio non sarebbe tornato prima di un paio d'ore, quindi avevo tutto il tempo per preparare la cena e per farmi una doccia rilassante. Ne sentivo decisamente il bisogno, il discorso con Ben mi aveva messo una strana ansia addosso.
Avevo ascoltato in silenzio quella storia tremenda e solo quel pomeriggio avevo compreso il perché di tanti suoi comportamenti. Quando era uscito con me e con i miei amici si era estraniato del tutto, rivolgendo l'attenzione solo a me, e questo probabilmente era successo perché mi considerava una bella persona, proprio come aveva detto poche ore prima. Dovevo avergli fatto una buona impressione fin da subito e di conseguenza aveva cercato di coinvolgermi in qualche uscita.
Essendo una persona piuttosto riservata, aveva avuto difficoltà ad amalgamarsi anche col gruppo, quindi stava a me cercare di farlo sentire a proprio agio.
Ben da quel poco che mi aveva raccontato, aveva sofferto parecchio nella sua vita. Vivere col costante senso di colpa per tutti quegli anni non doveva essere stato facile, in più, il motivo che l'aveva portato a Verona era stato assolutamente terribile. Aveva trovato il suo ragazzo a letto con un altro, e nemmeno quello doveva essere stato facile da superare. Il tradimento doveva essere sempre orribile e la sua decisione di cambiare città era stata più che lecita.
Il mio, era un gruppo di amici perfetto per passare serate spensierate e divertenti, e Ben col passare del tempo si sarebbe trovato bene di sicuro. Magari uscendo di più, frequentando qualche locale, avrebbe trovato anche qualcuno di carino con cui poter ricominciare da zero.
L'unico problema, sarebbe stato dirlo ad Claudio. Ben non gli era piaciuto fin dall'inizio, e fargli cambiare idea sarebbe stato difficile, ma alla fine avrebbe capito nonostante la gelosia che provava nei suoi confronti. Una gelosia che non aveva ragione di esistere perché io ero innamorato di lui, tremendamente ed incondizionatamente innamorato di lui. Sorrisi a quel pensiero, perché ogni volta che me ne rendevo conto, sentivo il mio stomaco stringersi in una morsa. Claudio era il ragazzo con cui condividevo la casa, con cui condividevo il mio letto, con cui condividevo le mie paure e le mie speranze e con cui condividevo una parte del mio cuore che ormai gli apparteneva di diritto.
Per questo non riuscivo a capire il motivo della sua gelosia. Non si accorgeva di come lo guardavo in ogni momento? Non si accorgeva del sorriso che mi nasceva spontaneo appena lo vedevo? Non si accorgeva dei battiti accelerati del mio cuore quando mi sfiorava?
Erano cose talmente evidenti che non potevano essergli passate inosservate.
Decisi di andare a fare una doccia, godendomi il getto caldo dell'acqua che mi scorreva addosso, rilassandomi dopo quella giornata pesante. Non vedevo l'ora che Claudio tornasse visto che ero riuscito a parlargli soltanto qualche minuto in quella giornata, così come nelle precedenti, prima che ognuno di noi due si allontanasse da casa per i propri impegni.
"Mario... sono tornato" sentii gridare dal salotto, pochi secondi dopo aver fatto quei pensieri.
Sorrisi ancora, pensando che qualcuno avesse esaudito i miei desideri, e mi affrettai a rispondergli "Arrivo... esco dalla doccia."
Fermai il getto dell'acqua, uscii dal boxe doccia, avvolsi un asciugamano intorno alla vita, dopo essermi asciugato con l'accappatoio e poi lo raggiunsi trovandolo in cucina.
"Ciao" dissi, avvicinandomi e lasciandogli un bacio a fior di labbra.
"Mmm... ciao" mugugnò lui, tirandomi dai fianchi per approfondire quel bacio che io avevo solo accennato.
"Ti sono mancato?" domandai, quando lo sentii accarezzarmi il torace nudo, esplorandolo con dedizione.
"Da morire... non ci siamo visti per niente" confermò Claudio, sporgendosi per baciarmi nuovamente.
Insinuò fin da subito la lingua nella mia bocca, lambendo ogni parte del mio palato, stuzzicando i miei denti fino a quando lo sentii armeggiare col nodo stretto al mio fianco che teneva legato l'asciugamano.
"Ho preparato la cena..." cercai di dire, quando mi lasciò le labbra, facendomi riprendere aria.
"Dopo..." rispose semplicemente, attirandomi verso di lui, mentre si andava a sedere sul tavolo della cucina.
Mi portò tra le sue gambe e quell'incastro tra i nostri corpi mi fece comprendere benissimo le sue intenzioni. Non aveva nessuna voglia di cenare, voleva solamente fare l'amore con me dopo una giornata intera in cui eravamo stati lontani e dove l'unica cosa che ci eravamo concessi era stata un continuo scambio di messaggi.
Sentii l'asciugamano scivolare giù e cadere a terra ai miei piedi, mostrandomi a lui in tutta la mia nudità. Claudio si tolse la maglia, sfilò le scarpe ad una ad una aiutandosi con le punta e poi passò a sbottonarsi i pantaloni. Lo aiutai e glieli feci scendere lungo le cosce, prendendo ad accarezzargli tutta la pelle che man mano veniva scoperta. Li sfilai insieme ai suoi calzini e m'inginocchiai di fronte a lui. Iniziai a baciargli una caviglia, passando poi al polpaccio dove mi soffermai maggiormente per poi continuare verso la sua coscia dove affondai i denti e presi a succhiare e a leccare quella parte, lasciandogli un livido scuro proprio vicino alla fine dei suoi boxer.
Quando alzai lo sguardo, vidi Claudio con la testa buttata all'indietro mentre con le dita afferrava il bordo del tavolo sul quale era seduto, così "Vuoi farlo qui? Sul tavolo della nostra cucina?" chiesi.
"Sì... tanto non riuscirei nemmeno ad arrivare in camera nostra. Ho desiderato questo momento per tutto il giorno" rispose lui, ansimando.
"Quindi è per questo che sei entrato dentro casa in quel modo? Perché mi volevi?" domandai, mordendogli il lobo dell'orecchio fino ad arrossarlo.
Claudio percorse con le sue dita tutta la lunghezza della mia schiena, afferrando poi una natica per mano, stringendole con fare possessivo.
Sussultai a quella stretta e mi resi conto che forse ero pronto per donarmi a lui, forse volevo che entrasse dentro di me, riempiendomi. Ma non sarebbe successo, o almeno non quella volta. Farmi scopare sul tavolo della cucina quando era parecchio tempo che nessuno mi violava in quel modo, non rientrava nelle mie prerogative. Doveva accadere in modo speciale, con tutta la calma e la lentezza del mondo, non con la foga che invece stavamo usando. Per questo decisi che la prossima volta, avrei fatto capire ad Claudio le mie intenzioni, che lo avrebbero lasciato di sicuro senza parole.
"Sì... ti voglio da morire, Mario" affermò lui, distogliendomi dai miei pensieri.
Afferrai i suoi boxer e li sfilai, scoprendo la sua erezione ormai indurita. La strinsi nel pugno, muovendo il polso lentamente, spargendo sulla sua lunghezza il liquido preseminale che stava rilasciandolo, per agevolare i miei movimenti.
"Entra... ti prego. Ne ho bisogno..." sussurrò Claudio, scansando la mia mano dal suo membro, aprendo le gambe ancora di più.
Claudio sembrava volere tutto e subito, e chi ero io per dirgli di no? Come avrei potuto rifiutarlo, quando si stava offrendo in quel modo?
La mia parte razionale però prese il sopravvento, e "Cla... devo prepararti, ti farò male sennò..." spiegai, vedendolo completamente perso nel desiderio.
C'era qualcosa di diverso in lui, era come se ribollisse qualcosa all'interno del suo corpo che lo accendeva come mai prima.
"Perché vai di fretta?" domandai infatti, non capendo il suo comportamento.
Claudio scese dal tavolo, mi diede le spalle e ci si spalmò nuovamente sopra col torace stavolta, afferrando i bordi in legno per sostenersi, prima di "Perché sono quattro fottuti giorni che non facciamo l'amore, sono quattro fottuti giorni che non mi tocchi, sono quattro fottuti giorni che ci vediamo pochissimo visto gli orari diversi che abbiamo... sto impazzendo, lo capisci? Ho bisogno di fare l'amore con te, Mario... mi sei mancato da impazzire" dire, divaricando le gambe, offrendomi una visuale del suo sedere.
Quello di Claudio, era il bisogno carnale di sentirmi, era il bisogno di avermi solo per sé dopo giorni infiniti, era il bisogno di sentirsi ancora stretto tra le mie braccia. Con quella nuova consapevolezza, non aspettai oltre e portai due dita nella mia bocca, inumidendole con la mia stessa saliva.
Adesso l'esigenza di Claudio di fare l'amore con me, era anche la mia, così come era anche la mia, la voglia che avevo di lui.
Portai l'indice nella sua apertura, spingendolo subito fino in fondo, mentre Claudio inarcava la schiena per andargli incontro. Arricciai il dito giusto per stuzzicarlo un po' prima di inserire anche il medio ed iniziare a sforbiciare, lasciandolo a corto di fiato. I suoi gemiti mi arrivarono dritti nelle orecchie, e quella era la musica più bella che potessi ascoltare.
Claudio era completamente addossato sul tavolo, mentre spingeva il suo sedere all'infuori per prendere tutto ciò che gli stavo dando con solo due dita dentro di lui. Ci misi poco a trovare la sua prostata e a stuzzicarla, colpendolo più volte mentre continuava a ripetere "Di più... di più..."
Inserii un terzo dito solo per il gusto di vederlo ansimare maggiormente e non per il reale bisogno. Ormai il suo corpo si era abituato ad avermi dentro di lui e tutta quella preparazione era inutile. Claudio era pronto, lo sapevo benissimo, le sue pareti erano larghe abbastanza per permettermi di spingermi in lui, ma vederlo così voglioso, così ansioso, era fantastico.
"Mario... togli quelle dita, sono pronto da una vita... smettila di giocare" m'informò lui, rendendosi conto da solo di essere stato preparato a sufficienza.
Arricciai le dita un'ultima volta sfiorando di nuovo il suo punto, solo per capriccio, giusto per fargli sapere che in quella situazione ero io ad avere il reale controllo.
Afferrai la mia erezione allineandola all'entrata di Claudio che gemette solo a sentire quel piccolo tocco impercettibile. Circondai il suo ventre con un braccio, toccai con il mio piede il suo, divaricandogli maggiormente le gambe, e "Sei pronto?" chiesi, al limite della sopportazione.
Il momento che precedeva l'atto vero e proprio, era sempre difficile da superare. Ogni volta, combattevo con la voglia irrefrenabile di entrargli dentro senza neppure avvisarlo, ma quello non sarebbe stato di certo il comportamento di un fidanzato amorevole. Per questo mi ritrovavo a domandargli se per lui andasse bene, se fosse pronto ad accogliermi, se fosse sicuro. Claudio era sempre il mio primo pensiero, anche durante il sesso.
"Sì..." lo sentii sussurrare appena, mentre me lo portavo più vicino.
La sua schiena era tremendamente inarcata in avanti e non mi trattenni dall'accarezzargli vertebra per vertebra con la punta delle dita, prima di spingermi in lui.
Claudio sussultò e buttò fuori quanta più aria possibile, così "Tutto ok?" domandai ancora, fermo per metà dentro la sua carne.
"Sì e smettila di chiedermelo... non sono fatto di vetro, Mario... dovresti saperlo bene" rispose lui, con uno strano ghigno sulla faccia.
Sapevo perfettamente che alludeva a quelle volte in cui ero stato un po' brutale, mai oltre i limiti, ma comunque meno premuroso del solito. Ed anche in quei casi, Claudio non si era mai tirato indietro, anzi, era riuscito a venire senza che neppure lo toccassi.
Quando mi decisi a dare la spinta decisiva per affondare completamente dentro al suo corpo, sospirai finalmente soddisfatto. Iniziai con delle stoccate lente e profonde, per permettere ad Claudio di abituarsi a quell'intrusione nel suo corpo, ma quando lo vidi agganciare una mano alla sua erezione mentre gemeva senza alcuna intenzione di trattenersi, iniziai a scivolare dentro e fuori dal suo corpo con un ritmo più cadenzato, scivolando fuori fino alla punta del mio membro per poi rientrare e ruotare i fianchi alla ricerca del suo punto più sensibile. Mi accorsi di averlo trovato nel momento esatto in cui Claudio si spinse maggiormente contro la mia erezione, cercando di inglobarla quanto più possibile.
Sentii il suo corpo tremare contro il mio e quando abbassai lo sguardo, lo vidi riversarsi nella sua mano, venendo in un modo incontrollato. Mi spinsi dentro di lui ancora per poco e poi venni anch'io, cavalcando l'orgasmo che avevo cercato di trattenere.
Uscii dal corpo di Claudio non prima di avergli depositato una serie di baci lungo la sua schiena sudata, per poi "Adesso devo farmi un'altra doccia ed è solo colpa tua e della tua voglia di fare sesso, Sona" dire, prendendolo in giro.
Mi abbassai a recuperare l'asciugamano che era finito a terra mentre Claudio si alzava da quel tavolo, spettatore del nostro momento di fuoco.
"Non dovresti lamentarti, sai? Credo sia stata una delle scopate più intense della mia vita..." mi rispose lui, circondandomi i fianchi con le braccia, lasciandomi un bacio sulle labbra.
"Hai un linguaggio davvero volgare" lo presi in giro, affondando la testa nel suo collo e iniziando a mordere quella pelle così invitante per essere inviolata.
"Basta... vado sul serio a farmi una doccia" dissi ancora, staccandomi dal suo collo solo dopo avergli lasciato l'ennesimo marchio all'altezza del pomo d'Adamo.
"Potrei venire con te..." propose Claudio, prendendomi per mano, incamminandosi già verso il bagno.
"No... tu resti qui... so come finirebbe se entrassi con me dentro quel bagno, quindi no... ho fame, ed ho tutta l'intenzione di mangiare tra poco..." risposi, allontanandomi definitivamente, mentre lui rideva di gusto.
Entrai in bagno per la seconda volta in poche ore, ma prima di azionare il getto dell'acqua calda, sentii Claudio urlare "Mario... ti è arrivato un messaggio."
"Leggilo tu, tanto sicuramente sarà mia madre" affermai, entrando nel boxe, facendomi scivolare l'acqua addosso.


CLAUDIO

"Non smetterò mai di ringraziarti per essermi stato vicino, questo pomeriggio. Per me è stato importante, Mario... è bastato che tu mi guardassi negli occhi per farmi stare meglio e penso che nessun altro sarebbe stato in grado di risollevarmi il morale come hai fatto tu. Esci con me domani sera? Potremmo andare in qualche locale a bere qualcosa... Xx"
Quando lessi quel messaggio, raggelai all'istante.
Per quale cazzo di motivo Ben aveva preso a mandargli messaggi? Per quale cazzo di motivo parlava di quel pomeriggio come un avvenimento così importante? Ma soprattutto, per quale cazzo di motivo invitava il mio ragazzo ad uscire con lui?
Tutti i dubbi e le paure che avevo deciso di mettere da parte, tornarono prepotenti e più forti di prima. La gelosia che provavo, si trasformò immediatamente in un senso di possessività che non riusciva a farmi ragionare lucidamente. Mario avrebbe dovuto spiegarmi parecchie cose, per questo afferrai i boxer da terra e li indossai per poi fare la stessa cosa con i pantaloni.
Mario entrò in cucina solo dopo qualche minuto, con addosso la solita tuta che usava per casa e "Che voleva mia madre?" domandò, riferendosi al messaggio.
"Non era tua madre" risposi, cercando di trattenermi dall'iniziare ad urlargli contro.
"E chi?" chiese ancora, con tutta la tranquillità del mondo, quella tranquillità che invece a me mancò del tutto quando gli dissi "Era Ben. Ti ringrazia per il pomeriggio fantastico che gli hai fatto passare e ti ha invitato ad uscire con lui domani sera" sputando fuori quelle parole con una quantità di risentimento inaudita.
Mario sbarrò gli occhi sorpreso e si avvicinò toccandomi un fianco con le dita, ma non appena sentii il suo tocco sulla pelle, scansai la sua mano in modo deciso, mettendo una discreta distanza tra i nostri corpi. Se pensava di risolvere tutto con delle stupide carezze, si sbagliava di grosso stavolta.
"E sei arrabbiato?" sussurrò lui, abbassando la testa mentre si mordeva il labbro inferiore.
"Non ce n'è motivo Claudio, lo sai..." continuò poi, mentre cercava di nuovo di avvicinarsi a me.
Dopo quelle parole, non potei far altro che esplodere "Invece sì, cazzo. Ho sempre avuto ragione, fin dall'inizio, e quel dannato messaggio ne è la prova."
Mario scosse la testa parandomisi davanti, per poi "No, invece... hai frainteso tutto, te lo giuro Cla... posso spiegarti ogni cosa" dire, stringendomi un gomito.
"E allora fallo. Spiegami perché ti ha mandato un messaggio del genere" risposi, sottraendomi nuovamente a quel contatto che invece lui continuava a cercare.
Non dovevo farmi annebbiare il cervello dalle sue carezze, dovevo restare lucido per capire fino in fondo cosa fosse successe quel pomeriggio.
"Ho incontrato Ben all'università e siccome lo vedevo un po' giù, gli ho chiesto se avesse qualcosa che non andava... lui ha iniziato a spiegarmi i suoi problemi ed io l'ho semplicemente ascoltato, tutto qui..." spiegò, iniziando a torturarsi le mani come faceva sempre quando era nervoso.
Lo guardai negli occhi per tutto il tempo, e capii che quello che mi stava dicendo non era una bugia, ma c'era comunque qualcosa che non riuscivo a capire. Le parole che Ben aveva usato in quel messaggio, erano state forti.
Aveva parlato del modo in cui Mario lo aveva guardato, del modo in cui l'aveva consolato, come potevo restare calmo? E se Mario avesse iniziato a provare qualcosa per quell'uomo? Se si fosse avvicinato a lui mentre io non c'ero?
"Leggi quel messaggio, leggi come parla di te... non ci riesco, ok? C'ho provato a tenere a freno i pensieri nella mia testa, ma non ci riesco... e non credo di esserne più nemmeno capace" dissi, dirigendomi verso la nostra camera da letto.
Mario mi seguì, e "Che significa? Che stai cercando di dirmi?" domandò, col tono di voce tremante, afferrandomi un polso per far sì che lo guardassi negli occhi.
"Significa che non voglio più leggere una cosa del genere, non voglio più nemmeno sentir parlare di lui..." affermai, convinto delle mie parole.
"Claudio, ascoltami, per favore..." continuò a supplicarmi, prendendomi le mani e facendomi sedere ai piedi del letto, mentre lui rimase in piedi di fronte a me, per poi "Non te ne ho parlato perché per me non è stato niente di così importante. Ben è una brava persona e ha solo bisogno che qualcuno lo aiuti ad ambientarsi e non devi vederci niente di male in questo... sai che non lo guarderei mai in quel modo, nel modo in cui ho sempre guardato te... è davvero un malinteso, devi credermi..." confessare, sospirando rumorosamente.
"Cos'è? Sta cercando un amichetto del cuore con cui condividere le sue giornate prima di portarti a letto?" sputai fuori, restando colpito io stesso dal tono rabbioso con cui l'avevo aggredito.
"Perché hai questo chiodo fisso nella testa? Perché pensi che non possa essere mio amico? Perché credi che voglia scoparmi a tutti i costi?" urlò lui a quel punto, esasperato quanto me.
"Perché mi è bastato guardarlo una volta per capire che gli piaci Mario, e quel messaggio ha solo confermato tutti i miei sospetti... leggilo... leggi cosa ti scrive il tuo amico" ribattei, urlando quanto lui.
Lo vidi uscire dalla stanza per poi tornare qualche secondo dopo col suo telefono in mano. Si mise seduto ai piedi del letto e prese a leggere.
Aggrottò la fronte, prima di "Ok... magari ha usato parole un po' forti, su questo posso darti ragione... e non se non vuoi fidarti di lui lo capisco, ma dovresti fidarti di me, Claudio..." ammettere, alzandosi nuovamente dopo aver buttato il suo telefono sul letto sfatto.
Mario mi stava chiedendo fiducia, ma io ero disposto a concedergliela di nuovo?
Mi ero sentito tradito e mi aveva fatto male. Non si era minimamente preoccupato di raccontarmi di quel pomeriggio e il perché ancora non riuscivo a capirlo.
"Claudio... non ti fidi di me, è così? E' per questo che te la sei presa così tanto... il problema non è Ben... tu non hai fiducia in me... Cristo..." lo sentii mormorare mentre si passava le mani sul viso.
Quando alzò la testa, vidi il suo volto distrutto. Quella che gli si leggeva in faccia era pura e semplice delusione.
Per questo decisi che si meritava di sapere la verità "Come faccio a fidarmi se tu non mi parli di quello che ti succede? Dovevi dirmelo Mario, proprio perché sei a conoscenza di quello che provo quando si tratta di te e quell'uomo."
Afferrai la prima maglia che mi capitò tra le mani dall'armadio, girando le spalle a Mario. Era come se mi sentissi incapace di guardarlo negli occhi. Dopo quello che gli avevo detto, il muro che si era innalzato tra di noi, riuscivo a percepirlo benissimo. Lo sentivo distante da me come mai prima, ed era una sensazione terribile, una tremenda scoperta che non avrei mai voluto fare in vita mia.
"Io ti ho visto nel nostro salotto con Francesco attaccato al cavallo dei tuoi pantaloni, eppure l'ho superato perché so che per te lui è soltanto un amico. Perché tu non ci riesci? Non vuoi nemmeno provarci, Claudio..." domandò lui, ritirando fuori quella storia, inaspettatamente.
Mi sentii punto sul vivo, quel brutto episodio era stato relegato nella mia testa e non avevo avuto più né la voglia né tanto meno il coraggio per pensarci di nuovo. Eppure lui aveva tirato fuori quella storia sapendo di farmi male, così "A quanto pare non l'hai superato invece... se hai deciso di tirare in mezzo quella cazzata, significa che non sei riuscito a fartela scivolare addosso" ribattei, sulla difensiva.
"No invece... io l'ho fatto solo per farti capire che mi sono fidato di te quando tu mi hai detto che Francesco era solo un amico... ed è quello che dovresti fare tu quando si parla di Ben" spiegò lui, col viso sempre più tirato.
Trovai la forza di guardarlo negli occhi e fu lo sbaglio più grande che potessi fare. Il blu che li contraddistingueva era sparito ed aveva lasciato spazio solamente a delle lacrime mal trattenute. I suoi occhi erano acquosi e leggermente arrossati, pronti per esplodere in un pianto liberatorio che però non arrivò.
"Guardami, Claudio... ti ho detto che sono innamorato di te, non ho mai preso in considerazione l'idea di andarmene via da Verona perché era te che non volevo lasciare, ho tradito Yuri un'infinità di volte solo perché si trattava di te e sai benissimo che non avrei fatto niente del genere per nessun altro perché il tradimento è una cosa che mi ha sempre fatto schifo, eppure sono arrivato a tradire Yuri perché era te che volevo... come fai a non fidarti? Come fai a non credermi? Spiegamelo, perché sul serio, io non lo capisco..." disse invece, parandomisi di fronte a pochi centimetri dal viso.
Abbassai la testa mordendomi il labbro inferiore, incapace di rispondere in modo sensato, e poi "Adesso... non riesco a capire più niente, ok? Non... forse dovrei semplicemente andarmene per un po'" riuscii a dire, sentendomi a corto d'aria.
Osservai Mario scattare allarmato, mentre "Che cazzo significa che devi andartene? Che cazzo vuol dire? Mi stai lasciando? Mi stai davvero lasciando per una stronzata del genere? Stai mandando tutto all'aria per una puttanata senza nessun senso?" si affrettava a domandare, mettendosi davanti alla porta della camera, senza neppure rendersene conto.
Quello era stato un movimento incontrollato del suo corpo, per impedirmi di uscire da quella casa. Ormai andarmene però era diventata una necessità secondaria, perché le parole e il panico sul volto di Mario mi avevano sconvolto.
Era sul serio arrivato al punto di credere che volessi lasciarlo? Ero stato io a creargli sulla faccia quell'espressione terrorizzata?
Cazzo... lasciarlo era l'ultima cosa che volevo al mondo. Avevo solamente bisogno di un po' di tempo per conto mio per riflettere su quanto era accaduto, nient'altro. Non volevo di certo distruggere l'amore che provavo per un litigio che seppur più che motivato, rimaneva comunque tale. Per questo sentii il bisogno di avvicinarmi a lui per la prima volta dopo quei minuti infiniti che mi erano sembrati ore.
Poggia le mani sulle sue spalle e gli accarezzai le braccia in modo meccanico mentre lo vedevo rilassarsi sotto il mio tocco, e "Non ti voglio lasciare, Mario" affermai, convintissimo delle mie parole.
Mario era quell'amore che non avevo mai provato in vita mia, era quella luce che riscaldava e risplendeva tutte le mie giornate, era quella fiamma che ardeva incessantemente dentro il mio corpo e non lo avrei abbandonato neanche per sogno.
"Meno male... anche perché non te lo avrei permesso. Sarei stato capace di buttare via la nostra chiave di casa, costringendoti a rimanere qui dentro con me, lo sai" rispose lui, col viso molto più rilassato.
Aveva anche accennato un sorriso e si era fatto avanti lasciandomi un bacio all'angolo della bocca che non evitai per non sconvolgerlo ulteriormente.
Probabilmente aveva preso quella mia frase come una resa, come una pace quantomeno provvisoria, ma "Vorrei andarmene comunque, però..." ribattei, lasciandolo nuovamente senza fiato.
Sentivo il bisogno di parlare e di sfogarmi con qualcuno che non fosse lui solo per il piacere di trovare una persona che vedesse le cose come me. Pensai subito a Francesco. Anche lui aveva avuto le mie stesse sensazioni riguardo Ben, anche lui era consapevole del suo interesse nei confronti del mio ragazzo, e parlarne con lui mi avrebbe fatto solo che bene.
Mario si allontanò dalla porta strisciando i piedi verso il letto, sedendosi nuovamente nel punto esatto che poco prima aveva abbandonato, sospirò e poi iniziò a parlare "Mi hai detto che non mi stai lasciando ma a me sembra l'esatto contrario. Ventiquattro ore... prenditi queste fottute ventiquattro ore ma poi torna da me, Claudio... ti bastano, vero? Per favore dimmi che sono abbastanza perché so già che rischierò d'impazzire quando mi addormenterò da solo stasera... dimmi che domani a quest'ora sarai di nuovo qui... per favore Claudio, ti sto supplicando di tornare qui."
Mario aveva parlato cercando di controllare il suo tono di voce ma il tremolio alla fine del suo discorso l'avevo sentito distintamente. Mi stava concedendo ventiquattro ore, non un minuto di più. E sapevo perfettamente che avrei rispettato quella sua richiesta. Il giorno dopo mi sarei presentato di nuovo dentro casa nostra e avrei cercato di sistemare tutto quanto, con una tranquillità che in quel momento non mi apparteneva.
"Tornerò domani, non preoccuparti... tornerò sempre da te, Mario" sospirai, avvicinandomi per lasciargli un bacio sulla fronte.
Girai le spalle e m'incamminai verso la porta ma percepii i passi di Mario dietro di me e "Aspetta... aspetta... puoi dirmi almeno dove stai andando? Dove dormirai, Claudio?" lo sentii chiedere, col respiro affannato.
Si stava preoccupando di me nonostante tutto, si stava assicurando che avessi un posto dove stare anche se c'eravamo urlati addosso fino a poco tempo prima.
"Vado solo da Francesco, non preoccuparti" lo tranquillizzai, poggiando la mano sulla maniglia della porta.
"Rimani da lui anche stanotte?" domandò, con la voce sempre più tremante.
"Sì..." confermai, girandomi per osservare tutte le espressioni del suo viso.
Mario restò in silenzio e pensai di avere il via libera per uscire avendo risposto a tutte le sue domande, ma "Claudio... solo... non dormire con lui, per favore.. quella è una cosa solo nostra, quindi... non dormirci insieme, ti prego" sussurrò, abbassando la testa per quella sua richiesta.
Mario sapeva che ero suo, glielo avevo ripetuto centinaia di volte, eppure aveva paura che condividessi dei momenti d'intimità anche con qualcun altro, quindi come faceva a non capirmi? Quella che provava lui, era esattamente la mia stessa paura.
Quel messaggio che Ben gli aveva mandato, mi aveva fatto capire che avevano condiviso qualcosa di importante insieme, quel giorno, ed era per quel motivo che me l'ero presa così tanto. Non sopportavo l'idea di sapere che Mario e Ben avessero abbattuto i muri della semplice conoscenza per instaurare le basi di quella che poteva essere un'amicizia. C'ero sempre stato solo io per lui, così come lui c'era sempre stato per me. Tutto quello che intorno, l'avevamo costruito mantenendo un distacco che ci era sembrato naturale.
"Non voglio dormire con nessun altro che non sia tu..." mi ritrovai quindi a dirgli, puntando i miei occhi nei suoi.
La sincerità con cui parlai, lasciò Mario molto più tranquillo.
L'idea di passare una notte lontano da lui, dal suo odore, dal suo corpo caldo contro il mio, non mi sembrava più così brillante come all'inizio. Eppure sapevo che ci avrebbe fatto bene, o almeno, tentavo di convincermene.
Quando abbandonai casa nostra, il peso sullo stomaco che avevo sentito durante tutto il nostro litigio, mi sembrò ancora più difficile da sopportare e il motivo lo sapevo benissimo: in quelle ventiquattro ore, Mario mi sarebbe mancato come l'aria.

***

Scusatemi per l'immenso ritardo ragazze ma questo non è stato un periodo facile per me. 

Sono stata un po' giù perchè la mia storia "Welcome to my life" non riesce ad ottenere le visualizzazioni che aveva precedente nel mio vecchio account e la cosa mi deprime parecchio... Quindi sono tornata perchè mi avete inviato un sacco di messaggi e non potevo farvi aspettare ancora! 

Ad ogni modo, ditemi che ne pensate del capitolo e... se vi va, passate a dare un occhiata alla ff Welcome to my life, è un larry e so che ad alcune di voi potrebbe piacere. 

Grazie mille sul serio e un bacione a tutte! 

Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: Jul 18, 2018 ⏰

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