Considerando che l'Apocalisse aveva spazzato via mezzo mondo, Las Vegas era come un bacucco che si finge morto mentre la Mietitrice passa a riscuotere anime. I casinò erano ancora in piedi. I vetri delle finestre e dell'ingresso erano andati, ma per il resto se la cavavano alla grande. A parte qualche ammaccatura superficiale. La piramide e la Sfinge del Luxor Hotel avevano l'aria di due pensionati che aspettano di esalare l'ultimo respiro. La Sfinge aveva uno strato di sabbia che la faceva somigliare alla sua gemella egiziana. La brutta copia. La Torre Eiffel dell'Hotel Paris era decapitata come un re francese. La Statua della Libertà del New York Hotel aveva una mano di meno, quella che reggeva la fiaccola. Passarono accanto a un negozio dei pegni. Ripper lo riconobbe per via dei tre pallini dorati sull'insegna scolorita.
«Frena un secondo, questo lo conosco», disse allungando il collo verso il parabrezza per sbirciare meglio. «È il negozio di quei quattro, il cervellone pelato, i due primati e il bacucco vestito come Al Capone.»
«È inutile che ti dica che non so di che stai parlando», fece Manny.
«Ci avevano fatto una roba in tv. Una specie di reality show.»
«Buio totale. L'unica cosa che guardavo alla tv erano i documentari e il Tonight Show, ma solo quando l'ospite di turno era il Presidente degli Stati Uniti o Johnny Depp.»
«Chi sei, la figlia segreta di Einstein?»
«Perché?»
«E me lo chiedi?»
Pete aprì gli occhi. Si asciugò un filo di bava e guardò fuori. Le gigantesche sagome degli edifici lo lasciarono di stucco.
«Dove siamo?» chiese.
«A Las Vegas», disse Manny.
Pete si guardò intorno con tanto d'occhi. «Ѐ enorme.»
«Avresti dovuto vederla con tutte quelle cazzo di luci», fece Ripper.
«Ci sei mai stato?» chiese Manny.
«So che è difficile, ma potresti fingere di avere davanti due ragazzini e moderare il linguaggio?» fece Manny.
Sentirono bussare. Manny e Pete si voltarono. Ripper buttò un occhio allo specchietto retrovisore.
«La bella addormentata si è svegliata», disse il gigante, e abbassò il finestrino.
«Dove siamo?» chiese Gary.
«A Las Vegas», rispose Ripper.
«Las Vegas? E che diavolo ci facciamo a Las Vegas?»
«Mi sentivo fortunato.»
Gary sbuffò e diede le spalle all'abitacolo. Poggiò la schiena contro il vetro e si guardò attorno.
«E adesso?» chiese Manny. «Come ci arriviamo alle montagne rocciose?»
«Prendiamo la I-15 e continuiamo verso sud finché non troviamo uno snodo», rispose Ripper.
«Manny, ho fame», disse Pete.
Manny guardò Ripper. «Magari possiamo fare una sosta», disse. «Pochi minuti. Il tempo di mettere qualcosa sotto i denti.»
«Uno spuntino me lo farei», disse Ripper. «E anche un pisolino non ci starebbe male.»
Cercò un posto adatto. Trovò un'officina. L'insegna era una chiave inglese incrociata con un cacciavite e una scritta sotto. L'ingresso era spalancato. Ripper lo infilò e si ritrovò in un parcheggio. C'erano diverse carcasse di auto e un Chopper. Quando i fari lo illuminarono il gigante vide che aveva le gomme a terra. Il telaio era opaco e arrugginito.
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La Compagnia degli Spiantati
Ciencia FicciónLa Grande Radio ha messo il mondo in ginocchio. Succhiasangue, demoni e Guardiani scorrazzano per il pianeta e una coltre di nubi nere come un buco di culo copre il cielo. Ripper si arrabatta come può, ma non ha vita facile. Una mano gliela dà Gary...