9. Ormai è fatta

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La tensione nella stanza è palpabile, detesto quando succede. Dagon mi fissa con compassione come se si aspettasse che io scoppi a piangere da un momento all'altro, quando in realtà l'unica cosa che voglio è che la finisca di guardarmi in quel modo. La gamba di Al non smette di muoversi, chiaro segno della sua prontezza ad esaudire ogni mio desiderio perché oggi è quel giorno dell'anno. E durante quel giorno dell'anno il mio migliore amico si butterebbe giù dalla torre di astronomia, se glielo chiedessi, pur di farmi felice. Devo stare attento a quello che esce dalla mia bocca perché quando ho espresso ad alta voce la mia voglia di ricevere una Nimbus 2020, lui è tornato in camera proprio con una Nimbus 2020 con tanto di fiocchetto. Perciò me ne sto zitto a fissare il mio libro di Quidditch attraverso i secoli, sperando nell'irreale possibilità che smettano tutti di guardarmi.

-Ho comprato un rospo, sapete- la voce di Kieran spezza il silenzio e per una manciata di secondi posso respirare senza i loro occhi puntati addosso. -L'ho chiamato Excalibur, ma voi potete chiamarlo semplicemente Ex-

Nessuno fiata, sembra persino che Dagon abbia smesso di respirare. Forse credono che il rumore possa spingermi ad un livello di depressione tale che mi porterebbe a suicidarmi. Apprezzo quello che fanno, starmi vicino e tutto il resto, ma ho bisogno di chiasso, confusione, di fare e sentire qualcosa che mi permetta di liberare la mente, qualcosa che mi faccia dimenticare che giorno è oggi.

-Bel nome- è come se percepissi il rimbombo della mia stessa voce, sento il cuore che mi batte nel petto, il respiro accelerato di Albus e l'acqua del Lago Nero che sbatte contro le finestre. Le guance di Dagon iniziano a colorarsi di rosso, chiaro segno che si, ha effettivamente smesso di respirare.

-Già-

-Dagon- Il mio migliore amico si sporge in avanti e sussurra -prendi aria, forza-

Sono passati due anni, due anni nei quali sono successe un sacco di cose, a volte vorrei prendere il mio gufo e scriverle una lettera, come facevo ogni volta che avevo qualcosa da raccontale: la Coppa delle Case vinta da Serpeverde, i risultati della partita di Quidditch e il mio Eccellente in Trasfigurazione, ad esempio. Non lo faccio perché sarebbe stupido e non otterrei nessuna risposta.

Vivo alla Tana adesso, con i Weasley e con i Potter. Le scriverei se mia madre non fosse in un luogo in cui la posta non può arrivare. Papà ti ama ancora e si odia perché non ha potuto fare niente per impedire che te ne andassi. Io non posso starci in quella casa, troppo grande e silenziosa in cui la tua mancanza si sente sempre più forte ad ogni passo. Così me ne sono andato e papà me lo ha lasciato fare. Mi manda galeoni, regali e ogni volta che ci vediamo mi sorride, ma non è più lo stesso. Io non sono più lo stesso. Mi pento di tutte le volte in cui ho dato per scontato la tua presenza, di non esserti stato abbastanza vicino e di aver pensato che ci saresti stata sempre e che saresti stata tu a risolvere i mei problemi ogni volta che qualcosa non andava. Ora sono grande e me la cavo da solo, mi hai cresciuto bene, sai.

Ingoio il groppo in gola e mi alzo dal letto perché so che se resto qui dentro a non fare niente per altro tempo, impazzirò. C'è una legge non scritta forse, che obbliga Albus a seguirmi ovunque anche quando non dovrebbe. Probabilmente questo è quello che fanno gli amici: ti stanno accanto e lo ringrazierò sempre, per tutto. Perché mi ha aiutato ad andare avanti quando credevo che il mondo per me fosse finito, che non avesse più senso continuare a vivere. Perché è il migliore amico che potessi mai desiderare e perché mi capisce ed io capisco lui meglio di ogni altra persona sulla terra.

Uno sguardo, uno sguardo solo e lui ha capito. Torna seduto sul suo materasso e annuisce impercettibilmente.

C'è un posto in questo castello in cui la confusione e le risate sono all'ordine del giorno. È lì che sto andando e Al lo sa.

Per fortuna Cupido mi odia Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora