30. Strani odori e fumi sospetti

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Martedì 09 Gennaio, ore 8:17. Hogwarts.

Le lezioni sono ricominciate da a stento due giorni, ed io già sono in ritardo per la prima ora di Pozioni della settimana. Adesso, in un universo parallelo distante anni luce dalla realtà, starei comodamente appisolata con la faccia dietro ad un calderone, godendomi l'ebbrezza della voce soporifera di Lumacorno, in completa tranquillità emotiva e spirituale. Perché magari, in un universo parallelo, non mi sarei ritrovata ad avere una migliore amica schizzata che, invece di svegliarmi come tutte le persone normali, si piazza a due centimetri dalla mia faccia, condividendo con la sottoscritta il suo alito non esattamente fresco di rosa, post luna piena.

«Rose» urla infatti la cosiddetta migliore amica, affaticata e stanca per la corsa giù da una delle rampe di scale, ignorando volutamente il mio sguardo omicida. Mi stupisce che dopo sedici anni di convivenza non abbia ancora capito che non deve rivolgermi la parola di prima mattina, soprattutto se con l'intenzione di toccare determinati argomenti. «Ascolta, non c'è niente di male se ti pia-»

Ora il mio sguardo assatanato deve averla spaventata. Probabilmente la cravatta slacciata e la bacchetta incastrata nella crocchia disordinata di capelli, devono contribuire a rendermi spaventosa «Dominique, lo affrontiamo non parlandone, ricordi?»

La sera prima.

«Dom avevi ragione» sono le parole che butto fuori tutto d'un fiato, e che mai avevo pensato di dire ad alta voce, spalancando la porta della nostra camera. La maniglia è solida e fredda sotto le mie dita, inaspettatamente rende tutto più reale, perché io sono davvero qui, e sto per rivelare alla mia migliore amica qualcosa che mi cambierà la vita.

Lei, impassibile, alza gli occhi dallo specchio, affatto turbata dall'urlo disumano carico di ansia, agitazione e paura che ha appena lasciato le mie labbra «Spiegati meglio Rose, ho ragione su un sacco di cose, non posso ricordarle tutte»

Certo, ovvio. Chiederei troppo se mi aspettassi che Dom mi rendesse tutto più facile, magari sorridendomi o facendomi cenno di accomodarmi — dove, poi, visto che i letti sono così pieni di vestiti che fatico a vedere il piumone sotto — improvvisamente mi ricordo che questa è anche la mia stanza e che, di conseguenza, non ho bisogno che qualcuno mi inviti a sedere, così scavalco gli svariati ostacoli che campeggiano sul pavimento e mi lancio a peso morto su quella piccola parte di materasso ancora integra.

«Tu sai chi» bisbiglio, fissando il suo riflesso nello specchio con intensità.

«Voldemort? È morto Rose, lo sai»

Lo fa apposta, naturalmente. Agito un piede velocemente, decisa a sputare fuori ogni cosa, perché magari dirlo a qualcuno mi farà capire quanto in realtà sia assurdo «Avevi ragione sul fatto che mi piace... lui»

«Scorpius» puntualizza con un sorrisino eloquente ad incurvarle le labbra.

«Non dire quel nome»

«E come dovrei chiamarlo?» alza gli occhi al cielo, perché è evidente che il mio è un comportamento infantile.

«Potresti non chiamarlo» propongo speranzosa, sporgendo il viso verso di lei per farle capire quanto sono ridotta male. Il mio cervello è andato, riproduce a ripetizione tutte le scene intime che ci sono state tra me e l'individuo, presto impazzirò.

Per fortuna Cupido mi odia Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora