20. Quel momento imbarazzante

9K 524 487
                                    

Quando avevo nove anni, mia madre mi ha beccata mentre tentavo di infilare un preservativo a una melanzana. Fino a venti minuti fa, credevo che quello fosse stato il momento più imbarazzante della mia vita. Ma poi Albus ha deciso di fare la sua apparizione, proprio quando io, Rose Weasley, ero impegnata a ficcare la lingua in gola al suo migliore amico, e devo dire, che non credevo la mia pelle potesse raggiungere una sfumatura di rosso così accesso.

Percorriamo il passaggio segreto per tornare al castello, in religioso silenzio. Non mi azzardo neanche per sbaglio a sollevare lo sguardo dai miei piedi.

Al, d'altro canto, nonostante la maglietta indossata al rovescio, sembra completamente a suo agio. Il sorrisetto sornione che ha stampato in faccia, non significa nulla di buono, ne sono sicura.

Ha i capelli scuri scompigliati, decisamente troppo arruffati e fuori posto per i suoi soliti standard. Non che mi interessi particolarmente, chiariamoci, ma se non penso a qualcosa che non siano le mani, le labbra o il sorriso di Scorpius, credo che impazzirò.

Lui mi ha baciata, ed è stato fottutamente magnifico.

***

Flashback: Domenica 8 Novembre, ore 11:34, mattina.

-Ehi Dominique!- Ben Trues, mi raggiunge tenendo sotto braccio la sua copia di: Divinazione, l'arte dei Veggenti. Ha i capelli castano chiaro pettinati all'indietro e la cravatta annodata perfettamente sopra il maglione giallo. Sventola una mano in aria e mi sorride cordiale, mi costringo a ricambiare con un leggero cenno del capo, per non fare la figura della maleducata. -Cosa ci fai qui in corridoio?- domanda, squadrandomi.

I suoi occhi si soffermano sulle mie gambe scoperte e sulla camicia non completamente chiusa, fin troppo.

Tossico per riportare la sua attenzione sulla mia faccia -Potrei chiederti la stessa cosa, Ben- calco il suo nome, sperando che capisca di non essere il benvenuto. Ma è il capitano di Quidditch di Tassorosso, perciò è così pieno di sé che dubito lo comprenda.

D'altro canto, se dopo aver rifiutato le sue avance per ben cinque volte di seguito, me lo ritrovo ancora davanti, non mi aspetto che il suo unico neurone fuso riesca ad arrivare alla conclusione che io, non voglio avere niente a che fare con lui.

-Sto andando in infermeria-

-Bene,- esclamo inespressiva -allora le nostre strade si dividono qui, addio-

-No aspetta,- sento le sue dita che mi afferrano un polso, con uno strattone me lo scrollo di dosso e lo fulmino -ti accompagno-

-Non ce n'è bisogno, vado da sola-

Lo sorpasso e non mi guardo più indietro, affrettandomi a svoltare l'angolo. I miei sforzi si rivelano inutili, visto che un secondo dopo mi affianca in silenzio e cammina al mio fianco.

Inizio ad avere paura quando lui si piega verso di me e mi scosta una ciocca di capelli dal viso. Non è affatto un bel gesto, lo trovo invadente e fastidioso. Mi pento di non aver portato la bacchetta con me o di non essere riuscita a trattenere la fame fino all'ora di pranzo.

-Hai degli occhi stupendi- c'è del viscido nel suo tono pacato. Rabbrividisco incapace di muovermi e cerco di non far trapelare altro che non sia fastidio, quando lo esorto ad andarsene.

-Ti ho già ripetuto troppe volte che non sono interessata a te, Ben. Quindi non sprecare fiato per complimenti banali che non voglio-

Indietreggio di un passo, riuscendo a liberarmi del suo braccio avvinghiato ad un fianco.

Per fortuna Cupido mi odia Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora