TOKYO'S POV
Eravamo tutti quanti riuniti, nella solita aula, dove il Professore ci faceva attingere dalla sua conoscenza, plasmando, lentamente, quello che sarebbe stato il colpo più grande della storia.
Ma partiamo dal principio: io sono Tokyo, ma prima di questa storia non mi chiamavo così. Innumerevoli crimini sporcano la mia fedina penale, ma non credevo di star andando incontro alla morte, con una semplice telefonata.
Parlai al telefono con mia madre, una brava donna che non avevo più occasione di vedere da quando i miei crimini avevano iniziato ad ammucchiarsi.
Mi chiese di vederci al mercato per parlare, parlare solamente, come prima di tutto questo.
Accettati senza riflettere troppo a lungo e dopo aver chiuso la telefonata mi diressi, camminando lungo il marciapiede, verso il mercato.Una macchina mi affiancò, un'auto dal rosso spento, in cui sedeva un uomo con una folta barba castana, come gli occhi e i capelli, e degli occhiali poggiati sul naso.
Si sporse dal finestrino del passeggero e mi disse che aveva bisogno di un'informazione, il che comportava dover parlare con lui.
La mia testa e insieme ogni cellula del mio corpo pensò che fosse un poliziotto così, senza degnarlo di troppe attenzioni, continuai a camminare.
Si affiancò nuovamente a me, mi lanciò uno sguardo e accennò un sorriso.
Fece riferimento ad alcune frasi, frasi che avevo detto nella conversazione avuta pochi attimi prima con mia madre.Salii in auto, guardandolo diffidente e impugnai saldamente la mia poistola puntandogliela contro.
Lo minacciai, gli urlai di ammettere che era poliziotto anche mentre lui tentava di convincermi che la mia stessa madre stava per farmi uccidere. Mi mostrò delle foto. Sgranai gli occhi, vedendole, vedendo l'unico membro della mia famiglia in combutta contro di me.Approfittando del mio momento di apparente calma mi illustrò il suo piano, nonché il motivo per cui mi cercava.
Disse che avrei dovuto chiamarlo il Professore e che il suo piano era quello di realizzare la rapina più ambiziosa mai fatta. Ma che non sarei stata sola.Conobbi a breve quelli che sarebbero diventati i miei compagni nei cinque mesi successivi in cui ci saremmo allenati e preparati.
Inizialmente c'erano solo tre regole da rispettare.
Nessun nome.
Nessuna domanda personale.
Nessuna relazione personale.
Così decidemmo di utilizzare dei nomi in codice, di darci nomi di città.Io divenni Tokyo.
Poi c'era Berlino, ricercato, con innumerevoli crimini alle spalle e chissà quale mente imprevedibile.
Mosca e Denver, padre e figlio: il primo ladro di professione e il secondo esperto in risse da bar e non occasionali percosse che crearono molti danni a chi le ricevette.
Río, il mio punto debole, un perfetto hacker, ma un bambino per qualsiasi altra cosa.
Oslo ed Helsinki i soldati del gruppo ed infine Nairobi, un'apparente pazza, ma in fondo fa morire dal ridere.
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ROMA|| La casa di carta
FanfictionLa zecca di stato di Madrid. Un gruppo di criminali estremamente diversi tra loro, ma costretti ad appianare le loro divergenze. Sessantasette ostaggi. Un capo dell'operazione ironico e geniale che controlla il tutto. Ma se i criminali fossero stati...