12.

3K 135 40
                                    

"Non penso che risponderò" Ho le mani che tremano come scosse da un forte vento, come fossero foglie alla deriva in un gelido inverno. Mi guardo intorno subito prima di fingere di cercare qualcosa nelle mie tasche, in modo da rendere meno visibile quello che sto provando e cercando di concentrarmi su qualcos'altro.
"Roma, rispondi" ha un tono così freddo che temo di potermi congelare da un momento all'altro, senza magari rendermene conto.
"Ho detto che non rispondo" continuo cercando di non far tremare la voce come le mie dita e camminando a passi svelti verso la porta d'uscita della stanza.
"È così che fai tu, no? Te ne vai quando le cose non vanno come credi?" capisco che mi sta volutamente provocando e cerco di rimanere impassibile, ma il sangue nelle mie vene si è trasformato in veleno e vuole uscire fuori sotto forma di parole.
"Io faccio come mi pare, okay?" ringhio facendo roteare gli occhi al cielo e lanciando a terra l'aereoplanino che stavo costruendo con la carta; subito dopo esco lasciando la porta alle mie spalle spalancata.

Mentre cammino furiosa per la struttura incontro Denver, inizialmente fingo di non averlo visto e continuo a camminare a testa bassa, ma la sua mano mi afferra il braccio, bloccandomi.
"Adesso nemmeno mi saluti?" inarca le sopracciglia e mi guarda negli occhi dall'alto della sua statura. Io sospiro e strattono via il braccio dalla sua presa.
"Scusa" disse a voce bassa e frustrata, nel frattempo mi guardo intorno "Ho bisogno di stare un po' lontana da Berlino, puoi portarmi dagli ostaggi?" chiedo, anche se in realtà sembra tutto un ordine.
"Però mi fai paura se usi questo tono" ironizza Denver, cominciando a camminare nella direzione da cui proveniva.
"Mi porti dagli ostaggi, per favore?" rimarco di più sulle ultime due parole e fingo un sorriso gentile, che non è per nulla nel mio repertorio di espressioni.
Lui si cala la maschera e comincia a camminare tenendomi stretto il polso, in modo da sembrare davvero l'una l'ostaggio dell'altro.
Arriviamo a destinazione e lui mi spinge bruscamente verso terra, in modo che io possa prendere posto. Mi siedo accanto a Monica e nemmeno la guardo, fingo di essere spaventata e inizio a fissare il pavimento.
Dopo poco giunge Arturo che si siede fra me e lei e comincia a parlare. Non riesco a sentire bene tutto il discorso senza attirare l'attenzione, per questo capto solo pochi concetti.
Sento che parlano del fatto che vogliono essere una famiglia e che Monica non abortirà e dopo lui le parla di un cellulare. Degludisco rumorosamente e resto attenta, ma comunque mi sfuggono alcuni concetti. Hanno parlato di un cellulare, ma non ho capito chi ne è in possesso. Nemmeno il tempo di riordinare le idee che arriva Berlino, cammina piano fra le file ed io mi alzo in piedi come tutti gli altri ostaggi.
"C'è sempre un eroe che crede di poter salvare tutti gli altri, che pensa che non avremmo scoperto che sta architettando un modo per mettersi in contatto con la polizia. Bravo!" e poi applaude "Congratulazioni! Uno di voi c'è riuscito. Ha scattato una foto qui dentro e l'ha mandata alla polizia" c'è qualche secondo di silenzio.
"A questo eroe io vorrei concedere la possibilità di fare un passo avanti così che ognuno di voi possa ringraziarlo e già che ci siamo di darmi il telefono".
Poi fa spogliare da Helsinki alcuni ostaggi, per cercare il colpevole possessore del cellulare. Ad un tratto Denver comincia a spogliare Monica, mentre Berlino spoglia Alison Parker.
"Berlino!" dice freddo Denver, poi inizia a portare Monica in un'altra stanza. Probabilmente in quella in cui teniamo le donne che stanno poco bene.
Rio si avvicina a Berlino e gli dice qualcosa, cerco di leggere il labiale a fatica 'So cosa è successo'.
Cazzo! Cazzo! Cazzo! Devo saperlo e uscire da qui.
Si allontanano e io fremo. Lo devo sapere e non posso fare finta di nulla mentre si allontanano per andare chissà dove.

Arrivano le medicine e quando gli ostaggi vengono spostati per non intralciare l'arrivo dei poliziotti che le consegnano io esco dalle file e scappo via. In un bagno. Aspetto che le acque si calmino, poi recupero la mia maschera e me la metto sul viso. Cammino fino ad arrivare vicino alla stanza dove teniamo le donne, resto nascosta dietro un muro e ascolto cercando di sbirciare il più possibile. Sento sia la voce di Monica, che quella di Denver e perfino Berlino.
"Le sto dando la pillola abortiva" dice Denver.
"E allora? Le serve una mano per metterla in bocca e bere un po' d'acqua?" risponde Berlino, cinico.
"L'aborto è una cosa privata, no? Decide la donna, ma non in mezzo ad altra gente" rispose il primo, serio. Berlino annuisce e dice di essere felice della gravidanza.
La donna fa per tornare in ufficio con le altre, quando il rumore di un telefono proviene dalla sua tuta. Per un momento il fiato di manca e vorrei uscire, ma mi trattengo. Mi affaccio di poco e osservo la scena, è tutto così grottesco. Berlino le prende il cellulare nelle mutande e io rabbrividisco. Resto zitta e me ne vado, correndo via.
Le lacrime ristagnano sui miei occhi, che si fanno rossi mentre i passi mi guidano altrove. Torno all'ingresso, dove trovo Tokyo e Nairobi in mezzo ad alcuni ostaggi. Sto zitta, i miei occhi ormai sono asciutti e posso fingere che tutto vada bene.
Tokyo si allontana. Non so dove va e non perdo tempo per saperlo, ma il panico si espande in me quando dei colpi di pistola fanno urlare gli ostaggi.
"TOKYO! TOKYO!" grida Nairobi, seguendola.
Io respiro a fatica, mi guardo intorno e degludisco rumorosamente.

Ho tutto sotto controllo.

Domanda del giorno:
Sta volta la scegliete voi. Fatemi una qualsiasi domanda sulla storia e io vi risponderò.

SPAZIO AUTRICE
Quindi... Quindi... Quindi...
La stagione 3 è fuori.
Se l'avete vista e avete letto la mia storia sicuramente avrete notato alcune similitudini. E niente! Io non ho parole! Bene!

COMUNQUE IO HO VISTO I PRIMI 3 EPISODI E STO AMANDO PALERMO! LO AMO!

ROMA|| La casa di cartaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora