14.

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Arrivò Nairobi che delicatamente coprì Mosca con una coperta, mentre mi passa accanto mi ammicca e sorride compiaciuta; io alzo gli occhi al cielo.
"Riposati adesso" sussurra Denver guardando il padre.
Io, Denver, Helsinki e Berlino portiamo Mosca in una stanza libera per appoggiarlo su un divano; nemmeno il tempo di assicurarsi che stesse bene che Berlino interviene: "Ora lasciamolo riposare. Tu va a finire di pulire il bagno" disse guardando Denver.
"Denver, vuoi una mano?" chiedo osservando il ragazzo. Mi immagino il cadavere di quella donna a terra, nel bagno, e il sangue ovunque. Io gradirei che qualcuno mi aiutasse.
"Non ce n'è bisogno" rispose Denver freddo, uscendo. Ci resto un po' male, e io che volevo solo essere gentile. Sbuffo e lo guardo mentre esce, subito dopo se ne va anche Helsinki.
"Ci sei rimasta male? Il tuo principe ti ha abbandonato?" chiede Berlino, prendendomi in giro.
"Cambiando argomento" dico ignorando la sua domanda e uscendo dalla stanza "Cosa è preso a Tokyo che ha sparato alle telecamere e ha dato di matto?"
"Doveva proteggere il suo amato Rio" ridacchia.
"Che gli hai fatto?" chiedo inarcando le sopracciglia e incrociando le braccia al petto.
"È colpa sua. La polizia ha la foto del muro dei cellulari per colpa sua." dice, serio "Gli ho solo dato una lezione".
Io ringhio qualcosa "Non commento" dissi un po' acida e un po' accondiscendente.

Ripenso a Monica, immagino Denver che gli spara. Sono sola e penso a Denver. Forse sono veramente sola, per la prima volta, da quando tutto è cominciato. Seduta a terra in uno squallido bagno che rifletto. Penso che a Denver abbia tremato la mano, mentre Monica lo guardava con i suoi occhioni pieni di lacrime. O forse lui l'ha fatta voltare per non essere costretto a guardarla. Nella mia mente c'è il rumore dello sparo che l'avrà uccisa e Denver mi fa pena, quasi tenerezza.
Decido di andare a controllare Mosca, così per distrarmi e per fare qualcosa di utile. Mi rimetto in piedi e scuoto la testa per scacciare via i brutti pensieri. Cammino e arrivo nella stanza dove si trova Mosca; lo guardo, sdraiato inerme su quel divano. Pallido in viso e con gli occhi chiusi.
Passa del tempo, fisso fuori dalla finestra, finché Mosca non si sveglia. Molto lentamente, tirandosi su piano.
"Come stai?" chiedo onestamente interessata.
"Sono stato meglio" rispose e si accarezza la nuca "Mi fa male la testa" commenta a voce bassa.
Io scrollo le spalle "Mi dispiace per quello che ha fatto Denver... Ha dovuto" dico semplicemente.
"Non ha dovuto. Berlino glielo ha ordinato."
"Lo so... Lo so, Mosca" faccio cenno di sì con la testa.
"E tu gli vai dietro come un cane. Sei una ragazza sveglia. Perché lo fai?" mi guarda negli occhi e ricambio lo sguardo.
Cerco le parole, ma non le trovo o forse non trovo quelle che non lascino fraintendere nulla.
"Io so qual è il mio posto. Gli altri sanno quale è il loro?" domando retorica "Io so che non comando e mi adatto" spiego.
Mosca mi guarda e annuisce, senza aggiungere altro.
"Se hai bisogno di qualcosa chiamami" e subito dopo esco chiudendomi la porta alle spalle.
Esce subito dopo di me, non lo guardo e camminò dritta per dritta. Prendo la maschera e me la metto, siamo quasi dove si trovano gli ostaggi.
Mosca mi supera, è senza maschera, cammina come richiamato da qualcosa verso il portone.
"Mosca! Mosca!" lo chiama urlando Helsinki.
"MOSCA!" imbraccia il fucile, ma non glielo punta. L'uomo per nulla intimorito continua la camminata.
"Mosca!" grido e mi avvicino per fermarlo, cerco di tenerlo per il polso.
Vuole aprire il portone.
"NON APRIRE IL PORTONE!" intimo prendendo la pistola e puntandogliela contro.
Non mi fila e con le armi puntate contro preme il pulsante rosso.
Le porte si aprono lentamente e l'ingresso è illuminato dalla luce del sole.
"Mosca!" urlo di nuovo.
Tokyo fa inginocchiare a terra gli ostaggi.
"CAZZO, MOSCA FERMO!" sta per uscire dal portone, quando Denver lo spinge a terra e gli cade accanto. Gli fa dare le spalle alla polizia così che non lo vedano in faccia.
Tengo la pistola puntata fuori, non so verso chi, ma sono pronta.
Si parlano, padre e figlio, per alcuni secondi.
"Non respiro..." mormorò Mosca, dopo che il portone si chiuse.
Denver addolcisce lo sguardo "Andiamo su, così puoi respirare un po' di aria fresca".
Non credo sia un'ottima idea, ma Denver non è stupido.
Decidono di salire sul tetto, con gli ostaggi e tutti mascherati.

Entro nell'ufficio di Berlino. Tempo di chiudere la porta che mi ritrovo Tokyo che mi punta un fucile. Rio che lo punta a Berlino, il telefono che squilla e Nairobi seduta su una poltrona davanti a Berlino.
Io alzo le mani, come per presa in giro, e sorrido scrollando le spalle.
Berlino spiega al professore perché Denver e Mosca sono sul tetto e Tokyo mi fa cenno di sedermi a suo dire per tenermi d'occhio meglio.
La telefonata finisce.
"Prima di tutto: ciao Roma" Berlino mi saluta e alza gli occhi al cielo.
Perchè tutto quello che fa suona come una gigantesca presa per il culo?
Io ricambio il saluto con la mano, quasi timidamente.
"Se non sapete pensare a mente fredda potete scordarvi i milioni, Acapulco e il giardino pieno di bambini perché state per rovinare tutto" aggiunge freddo, guardando Tokyo e Rio. "C'è soltanto una cosa da fare: essere professionali".
Quanto posso essere d'accordo!
C'è qualche secondo di silenzio.
"Questa non ti sembra professionale?" chiede Nairobi, sventolando una banconota da 50. Tutti ci voltiamo verso di lei.
"Oh è bella" rispose Berlino.
"No, non è bella, ma è una banconota migliore di quelle che trovi in banca" continua Nairobi "E non si può nemmeno rintracciare. È un'opera d'arte. E vuoi sapere perché?"
"Illuminami Nairobi" risponde Berlino.
"Perché è fatta come si deve" scandisce bene le parole "Io sì che sono professionale, ma come reagisco se tuo padre va nel panico durante un lavoro. Vuoi essere un ladro prima di essere un figlio? Eh Berlino? Prima di essere un umano? Per una merda come te può darsi di sì, ma io non lo so" accartoccia la banconota e gliela lancia.
Mi ribolle il sangue. Cazzo, Nairobi. Controllati.

Ho tutto sotto controllo.

Domanda del giorno:
Come vi immaginate il passato di Roma? E il futuro?

ROMA|| La casa di cartaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora