[Ragazzi, scusate, ma Wattpad mi sta dando problemi. Se vedete questo capitolo assicuratevi di aver già letto il 16 (episodio 6) che si trova subito dopo questo. Non so perché, ma Wattpad me li ha messi così e non me lo fa spostare]
Lei ormai mi ha visto in viso. Sono preoccupata.
Cazzo, se Berlino lo scopre sono morta. MORTA.
La donna mi osserva a metà fra lo spavento e la sorpresa, mentre io abbasso lo sguardo nuovamente sulla sua gamba.
Sembra che la stessero operando, ma c'è sangue ovunque e la ferita è ridotta molto male. Mi si ferma il fiato in gola.
Sia Nairobi che Denver abbassano le armi e la ragazza si avvicina.
"Mosca! Stai facendo una carneficina!" urla guardando prima la ferita e poi l'uomo con il bisturi in mano.
Nairobi si inginocchia e togli il bisturi dalle mani di Mosca cominciando a cercare di sistemare la ferita e estrarre il proiettile.
Monica mi guarda "Tu... Tu... Sei una di loro?" domanda a voce bassa.
Io annuisco "Non devi dirlo a nessuno" dico seria, guardandola negli occhi "Ma a nessuno".
Lei degludisce rumorosamente e fa sì con la testa.
Io sospiro e guardo Denver "Se Berlino lo scopre io sono morta." pronuncio le parole scandendole bene.
"Non lo scoprirà" rispose lui, calmo, per poi scrollare le spalle.
"E se lo scoprisse... Cosa fai?! Fingi di aver ucciso anche me?!" inarco le sopracciglia.
Lui ride con la sua risata buffa e io sbuffo divertita.
"Potrei, no?" chiede retorico.
"Qualcuno ha un'idea migliore?" domando a nessuno di preciso.
"Non ti succederà nulla" mi consolò dandomi una pacca sulla spalla per poi tornare a concentrarsi di nuovo su Nairobi che opera Monica."Berlino!" cammino per i corridoi quasi saltellando e provocando un forte rumore con gli stivali che sbattevano contro il pavimento.
"Berlino!" alzo un po' la voce e inizio ad aprire le porte di tutti gli uffici.
"Scusa, Nairobi" dico mettendo le mani avanti, quando spalanco una porta e ci trovo lei che lavora "Non è che hai visto Berlino?" chiedo inarcando le sopracciglia.
"No, ma ehi! Acqua in bocca!" si raccomanda.
"Certo, sorella! Non sono un infame io!" richiudo la porta.
"BERLINO!" varco l'ennesima soglia e me lo ritrovo davanti "Ehi!" sorrido instantaneamente "Ti sto cercando da ore" spiego.
"Che cosa vuoi?" chiede e richiude lo porta alle mie spalle, dopo che sono entrata.
Io gli avvolgo le braccia dietro al collo e saltello "No, niente. Sono di buon umore oggi!".
O almeno lo ero prima di rendermi conto che ti sto praticamente mentendo.
"E come mai?" mi prende le braccia e se le toglie di dosso.
"Non saprei".
E invece non posso dirtelo, mi dispiace.
Mi guarda e si siede dietro la scrivania "Vuoi raccontarmi di tuo figlio o no?".
Degludisco e faccio un passo indietro "C-come scusa?".
"Mi hai sentito" si guarda intorno.
Prendo la sedia e mi siedo accanto a lui "Cosa vuoi sapere?".
"Hai un figlio?" mi domanda immediatamente.
Io aspetto un attimo per rispondere e gli poggiò la mano sulla sua.
"N-no" affermo e mi rendo conto di aver balbettato.
"Te lo hanno tolto?" sposta la mano e mette la sua sopra la mia.
"Me lo hanno fatto avere a forza e..." sospiro "Io non ci sono riuscita" singhiozzo e gli stringo la mano.
"Non riuscivo a vedermi tutti i giorni e pensare che nella mia pancia c'era quel bambino. Io non volevo ucciderlo, ma non potevo tenerlo. Non volevo..." spiego a voce bassissima "Io non lo volevo rimanere incinta, ma ucciderlo è..." mi accarezza la mano.
"Perché hai avuto quel bambino?".
"È stata colpa sua. Io stavo... È stato uno stupro" mormorò.
La sua espressione cambia; mi guarda con gli occhi sbarrati e le labbra schiuse.
"Chi cazzo è stato?! PERCHÉ?!" alza un po' la voce e mi stringe la mano.
"Era il mio ragazzo... Ci stavamo frequentando... Andava bene, sembrava un uomo okay" risposi.
"UOMO?! TU QUELLA MERDA LO CHIAMI UOMO?!" alza ancora di più la voce.
"Abbassa la voce" dico biascicando.
"È un pezzo di merda e spero che sia stato sbattuto in carcere fino alla fine dei suoi giorni" continua e mi accarezza la guancia con il pollice.
"In realtà non è successo" gli dico guardandolo negli occhi.
"Non sono per nulla sorpreso" scrolla le spalle "Quanto tempo fa è successo?"
Io mi guardo intorno come per ricordare "Sono passati anni".
Lui si avvicina un po' lentamente e io seguo lo stesso movimento con la testa. Con molta calma le nostre labbra di ritrovano vicine, a poca distanza tra loro.
"No! Non hai capito niente!" mi allontano di scatto quasi sobbalzando.
Mi guarda confuso, senza dire nulla.
"Niente relazioni personali, niente relazioni personali e poi... POI?!" finisco a quasi gridare "Poi provi a baciarmi e..." gli accarezzò le labbra con l'indice.
"Non penso di aver sbagliato nulla" rispose con un sorrisetto compiaciuto.
"Sai qual è il punto? Che hai sta faccia da schiaffi e sei bellissimo" dico guardandolo "Ma scordatelo!" scrollo le spalle e faccio per uscire dalla stanza.
"Aspetta- devo dirti una cosa" mi fermo di scatto e ritorno subito indietro, senza nemmeno pensarci.
"Cosa?"
"Io..." si interrompe "FANCULO. TE LO DICO. Ho una malattia".
Mi avvicino e gli accarezzò i capelli alzandomi sulle punte dei piedi.
"Non ti interessa nemmeno sapere il nome, ma... Quanto?" chiedo seria.
"Qualche anno" risponde semplicemente.
Degludisco "Mi... Mi dispiace" mi si inumidiscono gli occhi.
Lui mi guarda e alza le spalle "Non fare altre domande. Te ne parlerò poi."
Io faccio scivolare giù la mano e gli sfiorò la guancia "Mi dispiace" ripeto nuovamente per poi uscire dalla stanza e chiudermi la porta alle spalle.Ho tutto sotto controllo.
DOMANDA DEL GIORNO:
Pareri sul passato di Roma?ANGOLO AUTRICE
Scusate se questi capitolo fa schifo. Sono a pezzi. Scusate.
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ROMA|| La casa di carta
FanficLa zecca di stato di Madrid. Un gruppo di criminali estremamente diversi tra loro, ma costretti ad appianare le loro divergenze. Sessantasette ostaggi. Un capo dell'operazione ironico e geniale che controlla il tutto. Ma se i criminali fossero stati...