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Cosa c'è di vero nelle parole?
E nei ricordi?
E nella verità in sé?
Cosa è che esiste?
E che cosa è che non esiste?
E chi sei tu, se non una realtà vista da occhi che sognano e basta.

Lo splendoreti lasciava in silenzio

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Lo splendore
ti lasciava in silenzio.
Tra le pareti
di una casa vuota,
ti sentivo urlare,
ma tu non mi vedevi.
Io, poi,
ho finto di non sentire.





Kim Taehyung

Il contrasto che si ottiene mischiando del succo di limone con la menta. È un gusto forte, quasi indecifrabile, ma è buono, è rinfrescante e una volta assaggiato, quel sapore diventa indimenticabile e lo desideri quando l'acqua non riesce a dissetarti come vorresti. I contrasti fanno danzare le papille gustative e nella nostra ignoranza di sapori, ci convinciamo che alcuni siano buoni. Nonostante siano gusti incompresi quelli a essere indimenticabili, li assaggiamo una volta e ci basta. Non sentiamo più la necessità di riprovare quel gusto, c'è bastato una volta e ricordando male il sapore ci convinciamo di conoscerlo. Forse avrò provato limone e pompelmo e ricordo di aver bevuto tutto il frullato perché aveva iniziato a piacermi, ma se dovessi berlo di nuovo, preferirei della Coca-cola. Siamo bravi in poche cose, ma quando ci convinciamo in qualcosa, è difficile cambiare idea, che sia un frullato o una persona. Ti abitui a vederla da lontano e ti basta così, la osservi e ti poni qualche domanda su di essa e poco importa se non hai risposte. L'alone di mistero che li lasci addosso non fa ancora male agli occhi e in fondo, forse, è sempre meglio lasciare le cose così.
Poi, un giorno come tanti, che sia primavera, estate, autunno o inverno poco importa, ti ritrovi a prendere il frullato ai frutti esotici che desideravi dapprima dell'inizio di quella giornata e l'alone di mistero, le domande prive di risposte e la figura guardata sempre da lontano si avvicina a te. Sa il tuo nome, che classe frequenti, gli amici con cui trascorri la maggior parte del tuo tempo... e tu, di lui, sai solo il nome.
"Taehyung, giusto?"
"Oh, ciao"
"Il professor Lee mi ha detto di rivolgerti a te per la squadra di basket. Ci sono ancora posti disponibili?". Non avevo mai sentito la sua voce, eppure mi sembrava un suono famigliare. Da vicino avevo notato gli occhi grandi e scuri, da lontano sembravano essere più sottili. Era strano averlo a pochi centimetri di distanza. Nonostante fosse più piccolo di me, era più alto dalle spalle poco più ampie delle mie e i palmi delle mani erano grandi tanto quanto il mio volto.
"Abbiamo bisogni di giocatori in più, qualcuno da tenere in panchina. I campionati si avvicinano e oltre i membri della squadra in campo, non c'è nessun altro"
"Se avete bisogno, io vorrei entrare nella squadra di basket", mi sorrise e mostrò gli incisivi che timidamente si poggiarono sulle labbra sottili.
"Domani pomeriggio avremo l'allenamento nel retro della scuola, se vuoi raggiungerci, inizi ad allenarti con noi". Non se lo fece ripetere due volte e con un cenno con il capo accettò.
Quella distanza che avevo sempre avvertito tra me e Jungkook pensavo si fosse ridotta, invece era diventato irraggiungibile. Avevo capito perché preferivo mantenere quelle domande prive di risposte e la sua voce un ricordo privo di realtà. Le cose erano cambiate dal momento in cui gli avevo rivolto la parola. Aveva un carisma che io non possedevo e che non sarei mai stato capace di avere, la sua timidezza lo addolciva e la sua ombra oscurava me. All'inizio eravamo sette, poi io divenni quello dimenticato, quello che mancava spesso, quello indesiderato. Avevo fatto dieci passi indietro e avevo ceduto il mio posto a Jungkook. Faceva più male sapere che nessuno si fosse accorto della mia assenza che cedere il mio posto a qualcuno che sole poche parole fa era un perfetto sconosciuto. Era bravo in campo ed era più veloce di me, ma non aveva tecnica, non aveva elasticità, poca coordinazione e rallentava l'intera squadra. Ero in panchina, guardavo la partita come se fossi una comune persone tra gli spalti, con la differenza di indossare la divisa ufficiale. La prima partita del campionato stava andando molto male ed io, seduto e invisibile, non avrei di certo cambiato cosa stava accadendo. Quella partita fu persa e quando fu segnato l'ultimo punto dalla squadra avversaria, si sentì un urlo gettato dal centro del campo, era Jungkook, inginocchiato a terra con le ginocchia rosse e le vene del collo pronte ad esplodere. L'attenzione era ricaduta su di lei che una volta alzato si diresse verso di me, mi gettò addosso uno sguardo spento, morto, come se stesse osservando un suo sosia. "E' colpa tua!" e mi diede un pugno in pieno petto. Sentii un dolore invadermi l'addorme e il respiro bloccarsi per pochi istanti, poggiai le mani a terra e quando iniziai a vedere sfocato mi accasciai a terra. A stento riuscivo a vedere le scarpe di Jungkook più vicine al mio viso che al pavimento stesso. "E' solo colpa tua. Sei perfetto. Sei bravo e veloce. Eri un capitano eccellente, vero? Ti sbagli, non è vero! Io sono meglio di te. Sono più veloce e più forte. Sono più atletico e bravo. Non sei bravo a nulla. È solo colpa tua, pezzo di merda!", stava per darmi un calcio sull'addome, ma gli altri ragazzi della squadra lo bloccarono e mentre lui si dimenava tra le braccia di Yoongi e Hoseok, io tentavo di alzarmi ma dovettero aiutarmi, quel pugno non mi aveva fatto capire più nulla. "Ehi, Taehyung!", alzai appena il capo e Jungkook mi sputò in volto. Non dissi nulla, non riuscivo a capire che cosa stava succedendo e perché Jungkook si stesse comportando in quel modo.

"Parlavano di te come se fossi qualcosa di importante, una colonna portante. Dicevano che se non ci fossi stato tu, nessuno di voi sarebbe ancora amico dell'altro. Devo crederci? Oppure sono le tipiche frasi fatte che si fanno tra amici? Se siete tali?". Ero seduto nella panchina dell'ingresso della palestra e a pochi centimetri da me, Jungkook con il borsone tra i piedi. Non sapevo cosa dire, era come se quel ragazzino mi spaventasse più dei bulli quotidiani a scuola.
"Perché hai detto che è colpa mia?", riuscii a chiedere.
"Davvero? Solo questo? Ma tu sei tutto fuori" si alzò dalla panchina e si mise di fronte a me, "non hai nulla che io non ho, ricordalo". Andò via, lasciandomi solo in quel campetto deserto e silenzioso. Nonostante fosse una vista inquietante, era quello di cui avevo di bisogno e prima di rientrare a casa rimasi lì, per un po'.
Strisciavo quasi i piedi sull'asfalto mentre facevo la strada per tornare a casa. Tra i gradini dell'ingresso vedevo diverse figure ad aspettarmi, pensavo di star immaginando tutto e invece erano tutti lì, i miei amici. Hoseok si alzò e mi venne incontro abbracciandomi. "Noi ci siamo. Nessuno di noi aveva capito che ti eri allontanato per Jungkook..."
"Pensavamo ci fosse altro e che ce ne avresti parlato al più presto" concluse Namjoon aggiungendosi all'abbraccio e anche tutti gli altri. Mi erano mancati, quei cinque mi erano mancati come il sapore indimenticabile del limone con la menta. Era strano rivedere il salone di casa mia pieno di loro e delle loro voci. Mia madre al piano di sopra a salutare loro dalla scala e a rimettersi a letto. A guardare i film horror e a commentare costantemente qualsiasi tipo di scena. Stavo male perché non avevo avuto loro in quei giorni trascorso da solo. Le cose cambiano e me ne sarei dovuto convincere pochi anni dopo, ma non avevo fretta, volevo solo godermi quegli attimi di pura, innocente ed ingenua adolescenza. Fumavo sigarette e bevevo della birra scadente con del soju preso dal frigo in cantina e la compagnia dava gusto a tutto, non c'era nulla che potesse farmi male, ma dovevo aspettarmi di cadere in un buco nero.
Ero piccolo, se fossi caduto allora mi sarei dato la spinta da me, poi sono cresciuto senza volerlo e mi sono tagliato le gambe da solo.

Il giorno seguente Jungkook entrò nella mia aula durante la pausa pranzo e fece un breve inchino chiedendomi scusa e senza guardarmi una sola volta negli occhi, parlò.
"Quando mi sono trasferito in questa scuola, eri l'unico ragazzo con cui mi sarei voluto confrontare. Ti vedevo circondato da amici, bravo nel campo da basket e sempre disponibile. Sei lo stereotipo di amico che ognuno di noi vorrebbe nella propria vita, un tempo anche io ero così. M'impegnavo per gli altri e cercavo di rendere tutto ciò che era attorno a me perfetto. Ma ho poi capito che avevo solo sprecato il mio tempo con le persone di allora e qui volevo ricominciare, però c'eri tu e di certo non è stato semplice superarti, ma ho sbagliato. Ho sbagliato nel pensare di essere superiore a te o migliore di te, non lo sono e i tuoi amici, saranno tuoi per sempre, anche volendo, non sono stato in grado di sostituirti. Ti chiedo scusa", alzò il capo e vidi il ragazzino che un tempo osservavo tra i corridoi della scuola. Non era cambiato nulla, avevamo fatto noi in modo che le cose cambiassero, ma erano solo pensieri. Ai miei occhi io ero rimasto Taehyung e lo stesso i miei amici, Jungkook era un mondo da scoprire, ma non voleva dire che non poteva diventare una nuova persona importante nella mia vita. "Abbiamo sbagliato entrambi. Senza nemmeno saperlo, ti ho messo sotto la mia ombra, quando in realtà avrei voluto fare la tua conoscenza molto prima", mi alzai dalla sedia e lo abbracciai accettando le sue scuse e avvertendo quel dispiacere che lo aveva portato a scusarsi con me.
Gli allenamenti insieme, le false pizze italiane nei pomeriggi di pioggia e il soju caldo dentro gli zaini della scuola erano ancora più buoni con una persona in più e se quella persona era Jungkook, le sigarette avevano il sapore della menta e la birra un retrogusto di lime. Tutto era perfetto, troppo perfetto, poi Hoseok è morto e Jungkook è scomparso.












Ti ho lasciato
accarezzare mani
non mie.
Hai dimenticato
chi io fossi.
Ho dimenticato
chi fossi io.

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飛び去る- Tobi SaruDove le storie prendono vita. Scoprilo ora