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Kim Taehyung 

Sentivo gli anfibi stringersi ai miei piedi come dita che afferrano caviglie nude e fredde.
Avevo confuso il tempo che scorreva attraverso le stagioni, avevo sempre così freddo da sentirmi morto. Le tempie pulsavano quando iniziavo a sentire un po' di calore addosso perdendo quasi l'equilibrio, lasciando che tutto ciò attorno a me si sfocasse. C'erano volte in cui il tremore fragile delle mie nocche mi riportava alla realtà ricordandomi che l'inverno era arrivato ed era passato già un po' dalla morte di Hoseok. Ricordare l'estate faceva male, ma nonostante il freddo tra le strade di Seoul, c'era sempre qualche traccia che mi riportava a quei mesi così caldi da non credere che avesse fatto caldo soli pochi mesi prima. Le mani in tasca e il fiato pavoneggiare nell'aria mi accompagnavano mentre andavo a scuola. Sentivo il cappotto stringersi sempre di più alle mie spalle come se si stesse restringendo sul mio stesso corpo e i pantaloni scuri appesantirsi per il freddo invernale a cui dovevo ancora abituarmi. Avrei dovuto aggiornare la playlist del mio cellulare e invece ascoltavo le stesse canzoni ogni giorno, abituandomi alla monotonia di quelle melodie che si ripetevano senza un ordine nella mia testa. Dimenticando del perché mi costringessi ad ascoltarle ancora e ancora, mi ero abituato e, forse, un giorno, mi sarei stancato di ricordarmi i soliti testi delle canzoni. Namjoon canticchiava le nuove hit dei suoi cantanti preferiti e Yoongi imparava a memoria melodie nuove da suonare al pianoforte, io riascoltavo quella stessa playlist da mesi, i testi erano parte di me e non potevo liberarmene.
Le dita intrecciate agli auricolari ancora in tasca si freddavano tra il palmo e le piume d'oca che uscivano ogni tanto dal giubbotto pesante. Ogni tanto canticchiavo una di quelle canzoni sorprendendomi di quanto fossi incapace di memorizzare per bene un testo che non fosse nella mia lingua.
Quando nevicava mi piaceva voltarmi e vedere le impronte che lasciavo, dato il freddo che avevo costantemente in me, cercavo di trovare qualche certezza che mi facesse capire di essere ancora vivo. Le guance faticavano a scaldarsi così ogni tanto le picchiettavo, come se mi dessi dei piccoli schiaffi per svegliarmi, ma si mantenevano così fredde da far invidia al ghiaccio.
Mi sentivo più grande quando mi guardavo allo specchio e se leggevo dei nuovi romanzi ricordavo i numerosi libri a casa di Sully. Non avrei mai raggiunto quel numero di testi da leggere, ma ricordavo alcuni dei titoli di quei volumi che teneva tra le mensole piegate dal tempo e dal peso delle parole. Sfogliavo le pagine rendendomi conto di quanto più un romanzo fosse complesso più le pagine pesavano. A volte faticavo a seguire gli intrecci della storia e lo svolgersi della trama mi raggelava sempre di più facendomi diventare parte di una vita che non era la mia, ma in qualche modo dovevo dimenticarmi di quella che stavo vivendo, solo in quel modo sarei potuto andare avanti. Percepivo qualcosa cambiare, qualcosa che in silenzio mi stesse dicendo di preparami a qualcosa di così inaspettato da ricadere giù e dimenticarmi di respirare. Se sapevo cosa fosse?
No.
Se poi l'ho scoperto?
.
E il nome di Sully si ripeteva, non più a scuola ma nella mia mente e la sua pelle nuda ripercorreva quel poco che tenevo ancora in mente dei suoi baci e del suo respiro su di me come sospiri silenziosi al posto delle parole d'amore. Sentivo ogni tanto quella voce che cercava di rialzarmi su, facendomi dimenticare quel Taehyung che io stesso volevo allontanare da me. Mi guardavo allo specchio e mi chiedevo se Sully avesse apprezzato la figura che oggi vedo io. Ho lasciato che i capelli mi allungassero come avevo visto in alcune riviste in giro per caso comprate da mia madre. Al mattino vedevo il riflesso di un ragazzo che stava iniziando a crescere e vedevo linee più dure marcare il mio viso, forse non stavo crescendo, stavo solo perdendo ore di sonno e la stanchezza dipingeva un volto di me che si addiceva molto di più al mio aspetto fisico. Yoongi mi diceva di non riconoscermi più, Jimin faticava a guardarmi negli occhi e Namjoon si era dimenticato di me. In che modo stesse passando il tempo non lo sapevo nemmeno io, vedevo solo che il giorno e la notte si accavallavano come corpi sconnessi tra loro, un po' come i miei ricordi e il mio presente. Vivevo male ciò che avrei voluto mantenere vivo nella mia vita, ma Sully era andata via ed io l'avevo vista, quell'ultima volta, uscire via dalla scuola, dentro quella macchina dalla brina notturna ancora attaccata al parabrezza. Le avevo visto i capelli corvini stuzzicarle le spalle magre e gli occhi stanchi guardare la strada. Da una parte avrei tanto voluto che quel suo viso esausto si accorgesse di me sforzando un sorriso inaspettato, ma era andata via lasciando al posto suo una stanza vuota che profumava di lei e delle violette lasciate fuori dalla finestra. Ogni tanto osservo le mie mani chiedendomi se avevo sfiorato davvero quel corpo così gracile da potersi rompere con un solo sguardo. Se ricordavo il suo aspetto, pensavo di star creando un personaggio fuoriuscito dalla mia immaginazione. A volte la sua voce mi tornava in mente come una di quelle canzoni della mia playlist che ascoltavo ogni mattina e senza rendermene conto affogavo in quei ricordi che portavano il suo nome. Tra le tante cose che avrebbe potuto fare, doveva proprio andarsene? Se solo non fosse stata un ricordo legato alla mia vita. Quel suo essere che mi aveva ricondotto ai fili della vita di Hoseok e all'amore che avevo sempre desiderato. Sognavo ancora di intrecciare le mie dita alle sue e di avvertirne il tatto caldo, seguire le vene sottile e le ossa deboli. Tra le tante cose che poteva essere, doveva proprio essere quell'amore che sognavo ormai da tempo? Poteva essere o un ricordo o un amore e lei aveva scelto di essere solo ricordo da dimenticare e amore come essenza lasciata in sembianze di fantasia mai esistita. Fumo intenso era stato, respirato dalla mia stessa vita e rilasciato a pieni polmoni. Yoongi mi offriva delle sigarette che io mi limitavo ad accettare e una volta poggiato il filtro tra le labbra, non so perché, rivedevo l'immagine di Sully tra i ricordi di Hoseok e come se fossero una cosa sola, mi venivano in mente quei due volti fondersi del tutto rendendoli qualcosa di così inquietante e distante la mia realtà da lasciarmi senza fiato, come se di quelle sigarette ne avessi fumate a centinaia in un solo secondo. E ne ricordavo il profumo, come se ne esistesse una colonia, l'avvertivo nell'aria fredda di quell'inverno così gelido da freddare persino gli odori che invadevano le strade al mattino. Se solo i miei ricordi avessero potuto riprendere vita. Perché faceva così male ricordarla al mio fianco? Perché faceva ancora più male ricordarla andare via da me?
Avevo lasciato andare qualcuno che non avrebbe mai potuto riempire il vuoto che avverto tuttora nella mia vita. Ho lasciato andare quella parte di Hoseok ancora in vita, è davvero la cosa giusta da fare? Mi chiedevo osservando il soffitto da solo, sperando in un domani con lei e il suo viso chiaro come la neve che occupava la città in quel periodo. Il Natale si avvicinava e lei si allontanava come i ricordi di un'estate che non sarebbe mai più ritornata.
Voliamo via insieme, avevo pensato più volte prima di chiudere gli occhi la notte, ma la voce di Hoseok cambiava ogni cosa e ricordavo quel ragazzo lanciarsi dal tetto di quell'edificio di cui non ricordavo nemmeno la struttura. "Hoseok" e il suo ricordo, come Sully, diventava neve che presto si sarebbe sciolta lasciandomi da solo, di nuovo. Se era il ricordo che avevo di loro, era l'unica cosa che avrei potuto trattenere. E gli anfibi facevano ancora male, mia madre mi ripeteva che era arrivato il momento di non usarli, faceva troppo freddo per quegli stivaletti in pelle e così sottili da coprire tanto quanto dei calzini di lana, "dammeli" mi diceva inseguendomi per casa. Mettevo delle Adidas scivolando tra i marciapiedi e il ghiaccio quasi invisibile che si creava tra le strade mattutine. Il mio equilibrio era peggiorato da quando i miei capelli erano allungati, forse stavo anche allungando e senza rendermene conto la anche la mia postura era cambiata del tutto. Come camminavo agli occhi degli altri? Mi chiesi entrando a scuola. Il portone dell'ingresso sembrava diventare più grande ogni mattina e il suono della campanella più forte con il passare delle ore in quell'aula fredda nonostante i numerosi studenti al suo interno. Mi ero abituato al trascorrere del tempo lì, osservando le nuche dei miei compagni di classe, le avrei riconosciute anche tra tanti, e dopo quell'anno le avrei potute dimenticare una ad una ma era il mio modo di entrare in contatto con qualcosa che gli altri avrebbero trovato strano da fare. Con le dita sul banco, osservavo con la certezza di dimenticare ogni singolo dettaglio di quella strana aula priva di disegni o cartelloni che la personalizzassero, come la tana per uno scarafaggio, quella era la nostra classe.
La campanella suonava, io uscivo dalla classe insieme agli altri, mi voltavo e il suo ufficio continuava ad essere vuoto.
Sully era quel corridoio vuoto all'uscita di tutti gli studenti di quella scuola.
Hoseok era il suono sordo delle voci degli alunni felici di uscire, rimasto tra le pareti di quell'edificio.
Quei due erano il ricordo di una scuola fantasma che abita ancora la mia mente.
Erano il ricordo che non avrei mai più potuto rivivere.






















































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Credit photo by @mrdimezzato on Instagram

飛び去る- Tobi SaruDove le storie prendono vita. Scoprilo ora