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"Sarei voluto andare sulla luna, ma ho sbagliato pianeta"
"Che intendi Hoseok?"
"Sono sbarcato su Venere senza nemmeno rendermene conto".





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Sully Vega

"E quando un ricordo ti assale? Come fai a cacciarlo via?" mi aveva chiesto Jimin nascondendo le mani tra le lunghe maniche della felpa color petrolio. "Dipende, a volte ci assalgono ricordi che vorremmo cacciare via, ma ritornano perché devono essere affrontati", la mia risposta parve spaventarlo. "Qual è questo ricordo, Jimin?"
"È il ritornello di una canzone che ho paura di ascoltare"
"E perché ne hai paura?"
"Perché mi riporta in mente tante cose"
"Ascolta quella canzone e affronta i ricordi che ti fa venire in mente. Una volta affrontati, non ti tormenterà più nulla"
"Davvero?", mi sorrise appena come se li avessi mostrato la via della libertà.
"Davvero" risposi.
Era uscito dal mio ufficio e ogni volta che usciva da quella porta sembrava rimpicciolirsi sempre di più, così tanto da vederlo scomparire in un fumo di ricordi. Non lasciava mai l'impronta del suo corpo sul divanetto. A parlare con me era un fantasma dalle sembianze di un ragazzo carino ma spaventato dalla sua stessa ombra. Ad ogni parola la sua voce tremava, sembrava che ad ogni vocale nascondesse le paure più profonde. Respirava con gli occhi e sentiva da essi, confondeva l'insicurezza per la morte e il tatto per il freddo, non c'era nulla che seguisse un filo logico in quella mente e in quel corpo, ma avevo capito il perché quel ragazzino fosse entrato nella vita di Hoseok. Jimin era da proteggere e Hoseok era il suo scudo, e adesso quel ragazzino si era ritrovato senza alcuna corazza. Se tremava era perché a tenergli le mani non c'era più lui.
Mi faceva sempre tante di quelle domande da temere di sbagliare a dargli risposta. Una volta mi chiese se mi fossi mai innamorata.
"Lei ha mai avuto un fidanzato?", parola dopo parola avevo avuto l'impressione che mi avesse bisbigliato qualcosa.
"Perché questa domanda Jimin?"
"Perché mi risponde con un altra domanda, dottoressa?". Lui non era riuscito a chiamarmi Sully, lui non era mai riuscito a guardarmi negli occhi quando mi poneva una domanda.
Lui era spaventato da me mentre io ero sempre stata una bugiarda.

"No Jimin, non ho mai avuto un fidanzato"
"E perché?"
"Perché è difficile amare ed essere amati"
"Perché è difficile?"
"Tu hai mai amato qualcuno?"
"No"
"Allora non puoi capire".


Mi aveva accarezzato in un giorno di pioggia e le sue dita tremanti furono in contrasto con le mie guance ardenti. I suoi occhi grandi mi sfioravano timidi come se fosse la prima volta che mi incontravano. Le nostre mani non si erano ancora sfiorate e i nostri fiati non si erano intrecciati, ma i miei polpastrelli erano desiderosi delle sue ciocche tra le dita e del ricordo delle sue labbra tra le mie. Come le ginocchia, anche il cuore mi tremava perdendo ad intermittenza qualche battito, se pensavo a lui qualcosa palpitava tra i polpastrelli e i palmi delle mie mani. Quel giorno pioveva e le gocce tamburellavano sull'ombrello rotto che stentavo a trattenere mentre la sua mano cercava conforto tra le mie guance rosse. 

飛び去る- Tobi SaruDove le storie prendono vita. Scoprilo ora