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Sully Vega

Mi ero disabituata ai sorrisi da tempo ormai.
Aveva un'aria cupa e spenta, quello sguardo morto era rivolto al nulla oppure stavo vedendo il solo riflesso dei miei occhi.
Il suono dei miei stessi passi mi sembrò distante, lontano...un suono sconosciuto, quasi nuovo. La sua voce un bisbiglio impercettibile, come quel tatto ormai dimenticato.
La pioggia cadeva seguendo il ritmo incessante delle lancette degli orologi non più appesi alle pareti e le mie spalle iniziarono a sentire il peso di ogni singola goccia e poi il tintinnio delle chiavi quasi bloccò ogni cosa.
"Entra" dissi cercando di non separare per troppo tempo i labbri gli uni dagli altri. L'aria umida fuori e agghiacciante dentro casa mia. Avevo sonno, ma di fianco a me c'era un'altra persona che stava osservando ogni singolo spazio vuoto di casa mia. Avevo sonno e la sua figura mi distraeva, era una chiazza priva di forma in quell'ingresso spoglio.
Avevo sonno e pian piano sentivo formarsi un nodo alla gola, come se da un momento all'altro fosse pronto a strozzarmi.
Avevo sonno e volevo piangere, ma Taehyung era ancora lì e con quei suoi occhi piccoli stava invadendo casa mia.

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"Volevo solo farti una domanda..." rimasi in silenzio osservando le sue labbra schiuse e rosee. "Una come te, cosa ci trova in uno come me?". Un giorno all'altro sapevo che me l'avrebbe chiesto, ma non mi sono mai preparata una risposta con cui rispondere. Mi avvicinai a quelle labbra che sembravano essere più distanti di quanto solo i miei occhi potessero vedere, invece mi sporsi un poco e le sfiorai come mi ero abituata a fare. "Fai sempre così tante domande Hoseok", i suoi occhi erano incatenati ai miei, nemmeno una tempesta sarebbe stata in grado di distruggere quella forza che ci legava.
Quando il cielo creava delle sfumature dalle tonalità chiare come i petali dei fiori di ciliegio, si ripeteva il nostro incantesimo quotidiano. I suoi occhi colmi di gioia alla fermata dell'autobus e le sue mani sui miei seni come se sfiorasse dell'acqua creandone poi delle infinite increspature.

"Mi ami, ma non sono sveglio o intelligente. Ti sei avvicinata a me, ma di quei quadri di cui tu conosci ogni singola ragione e perché delle sfumature e dei colori, io non so nulla. Mi hai preso per mano nel mentre del mio silenzio perché incantato dalla tua voce mentre descrivevi quel libro dagli innumerevoli capitoli. Quella sera, al cinema, mi hai portato a vedere un film di Refn e mi delineavi ogni singola scena come se ad aver girato il film fossi stata tu. Le mensole della tua stanzetta si piegano per il peso dei libri, le mie sono vuote. Casa tua è piena di imitazioni di quadri di artisti famosi e spesso sconosciuti al mondo tranne che a te, volevo proprio chiedertelo da tempo... Ma chi cazzo è Doisneau? In ogni foto che c'è in camera tua porta quel nome. Io sto in silenzio e leggo infiniti nomi tra le rilegature dei libri e gli angoli nascosti dalle cornici dei quadri. Mi avevi detto che amavi Monet, e perché in casa tua non c'è nulla di lui? Ne' un libro ne' un'opera d'arte. Mi avevi promesso che un giorno mi avresti portato a vedere una mostra di Klimt e invece mi hai portato a vedere le fotografie di Jungman. Una volta mi raccontasti del perché esistono le fiabe ed io mi sono sentito un bambino voglioso di sapere, poi mi leggesti le vere storie dei fratelli Grimm e ti dissi di smettere per la cruda realtà di quelle favole. Sai il perché della spuma del mare e del rosa del cielo al tramonto, perché io? Perché io... non so nemmeno perché mi alzo la mattina. Perché io che non riesco a riconoscere il turchese dall'azzurro! Perché io? Io, che non sono capace di leggere un intero libro spaventato quasi di andare avanti e scoprire poi che la storia non mi piace. Io, che non so abbinare i colori quando mi vesto al mattino prima di mettere piede fuori casa. Sai i libri della saga di Harry Potter esposti in camera mia sulla mensola centrale della mia libreria? Non ho mai aperto nessuno di quei libri. Sai il libro che tengo sul mio comodino, in realtà è un manuale di informatica perché si è rotto il computer di mia mamma e non sono capace di aggiustarlo, ma so quanto le farebbe piacere averlo di nuovo funzionante. Perché proprio io, Sully? Tu profumi di ciliegie e conoscenza ed io di fango e misericordia. Una volta mi raccontasti la trama di un film, rendendolo per un breve attimo la fiaba più bella che potessi mai raccontarmi. Sully, una volta prendesti il mappa mondo indicandomi i luoghi dove vorresti rifugiarti e mentre i tuoi polpastrelli poggiavano sull'Africa e l'Australia e cercavo di distinguere l'Oceania dall'America Latina. Ti ho ingannata, se hai tuoi occhi sembravo un'artista davanti al quadro di Frida Kahlo, perdonami. Ti chiedo scusa se il mio sguardo ti ha fatto credere altro, ma a parte la bellezza di quel quadro, non mi ha affascinato altro. Il giorno in cui dicesti che le nuvole sembravano essere poggiate su di uno strato di vetro perché piatte nella parte sottostante, rimasi stupito. Avevi catturato un'immagine con poche parole, io non ne sarei mai stato capace. Il giorno in cui comprasti quel libro dalla copertina nera, mi dicesti che la solitudine di quella copertina ingannava il contenuto delle pagine e sul bus iniziasti a sfogliare quel romanzo di fretta, come se non ci fosse più tempo. La prima volta che facemmo l'amore, il tuo silenzio mi aveva preoccupato e invece mi sussurrasti che quella gioia non aveva alcun suono e rifacemmo l'amore in silenzio, scambiandoci quei baci dolci che solo tu mi avevi insegnato a ricevere e a dare. Tra le mie braccia sei preziosa, ma io, tra le tue, che cosa sono? Sono un fantoccio dall'aria ignara di ciò che succede intorno al mondo oppure do l'impressione di essermi disperso nell'ignoto? Quando afferri le miei mani e graffi la mia schiena, senti della carne viva o del fumo che presto o tardi svanirà tra l'aria e lo smog di Seul? Che cosa avverti? Quando baci le mie labbra, che sapore hanno? Le tue hanno infiniti sapori, ma le preferisco quando sono screpolate, se sento amare un po' più simili al sapore che do alla mia vita. Mi hai sempre detto che sono un libro aperto per te, ogni mia sfaccettatura riesci a tradurla in qualcosa a me intraducibile, sono così scontato? Sono scontato perché non sono profondo e tu mi ami perché non sono complesso, sono semplice da tastare. Non ho prospettiva, non ho profondità, non ho tridimensionalità... sono lo scarabocchio su di un foglio bianco appena abbozzato da un bambino delle elementari, con gli occhi più distanti del normale e le orecchie dimenticate, come le unghie delle mani. Non ho dettagli, non ho particolari, ho i contorni che mi trattengono e i colori che oltrepassano le linee del mio corpo. Stai con me perché sono come quei dipinti che hai nascosto sotto il letto, non ho valore. Non sono un'opera di Michelangelo, perdonami".
"Hoseok, i dipinti senza dettagli sono i più complessi. Non sarai un Michelangelo, ma il mio Robyn Denny".
E mentre la suoneria del mio cellulare oltrepassava la borsa gettata a terra, Hoseok mi baciava e sfiorava il mio corpo con gentilezza. Io studiavo le sue linee invisibili e il suo calore entrava con lentezza in me, diventando un'opera unica e sola.







Taehyung aveva le dita abbracciate alla tazza di tè calda e fissava la finestra alle mie spalle. I suoi occhi non avevano cambiato tonalità, scuri e neri si stavano mantenendo, sembrava che al loro interno ci fosse un fiore pronto ad appassire.
"Sully", mi chiamò e con le lacrime pronte a sfuggire fuori dalle sottili palpebre, mi guardò.
"Taehyung?"
"Sei tu Frida?".
















"Tu sei la mia Frida e ti amo come lei amava la sua arte",
mi aveva sussurrato Hoseok quella sera...
Sì, la sera prima di morire.










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Lettori🍀
Ho scritto questo capitolo due mesi fa, ho avuto il coraggio di cliccare pubblica.
Vi adoro.

Sputnik

飛び去る- Tobi SaruDove le storie prendono vita. Scoprilo ora