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-Soffiava,
Il vento sfiorava
capelli di lana.

Mani di seta
Accarezzavano
la spuma delle onde.

Piangeva,
La pioggia cadeva,
piangendo rugiada.-


Al mese di Settembre

Al mese di Settembre

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"Una volta facevamo le promesse incrociando i mignoli"

"Adesso è meglio non farle più Taehyung, ormai sembrano essere bugie"






Sully Vega

Era una casa dalle pareti strette e pavimenti freddi e spogli. Non c'erano tappeti e sfregi, sembrava essere tutto liscio e nudo. Quella casa dava l'impressione di essere infreddolita, sentivo i denti battere e i brividi di freddo invaderla dal pomello della porta al più sottile strato di stoffa che ricopriva le finestre dai vetri così spessi da non riuscire a vedere l'esterno.
Mi aveva detto di accomodarmi e si era scusato per la casa, il suo viso stanco stonava con il bianco delle pareti e con il calore del tè fumante nella tazza di ceramica.
Il divano in pelle non aveva segni di corpi poggiati su di esso e le finestre immacolate illuminavano ben poco. Così scura nel primo giorno di pioggia di quell'autunno troppo lungo, sembravano essere passate tutte e quattro le stagioni ed essere ritornati per l'ennesima volta all'autunno sempre più ingiallito e lungo.
Il corridoio aveva uno strano odore e le pareti impolverate sussurravano solitudine.
"Vivo qui da due anni" mi aveva detto, eppure quella casa non aveva alcuna personalità, sembrava esser vissuta da nessuno. Nessun quadro, nessuna foto, nessun ricordo su cui sbirciare e far ricadere l'attenzione. "Questa è la mia stanza", mi aveva detto aprendo una porto parecchio rumorosa e un letto, un armadio e una scrivania vuota mi si presentò davanti. Tutto piatto, statico, immobile... Hoseok, vivevi davvero lì? Per due anni avevi riposato tra quelle lenzuola grigie, guardando quel soffitto su cui non avresti mai potuto sognare stelle. Hoseok, perché?

Le sue mani tremavano sempre sul mio corpo, come i suoi pensieri tra quelle pareti troppo lisce. I suoi capelli sfioravano appena la mia pelle e quando ne sentivo il tatto, lo sentivo sempre più distante. Hoseok era una fiammella di cui ne ammiravo solo l'ombra, la sua luce era nascosta ed io troppo cieca per vederla.
Quando le sue labbra mi cercavano, come se fossi al buio, a tentoni, cercavo di avvicinarmi a lui senza perdere l'equilibrio, ma più mi avvicinavo e più temevo di inciampare, poi... siamo rimasti soli.

In quella piccola casa viveva con un altro ragazzo poco più grande di lui che aveva finito le superiori già da un anno e lavorava da uno. Jin, il ragazzo dai capelli ben pettinati e dall'aria assente. Lui era legato ad Hoseok, forse era un legame fragile e debole, ma lui era scomparso quando Hoseok, finalmente, aveva urlato aiuto. La persona più vicina era lui e invece è fuggito. Ricordo il suo volto, aveva gli occhi spenti quando per la prima volta gli rivolsi lo sguardo. Il visino pallido e le gote stanche di alzarsi e sorridere.

Hoseok, fuggi.

Era davanti a me, le sue labbra tremavano lasciando cadere lacrime insicure. Avevo allungato più volte le mie mani verso di lui, ma tremante le ritiravo e soffrivo nel vederlo piangere. I miei baci non lasciavano alcuna consolazione e le mie carezze fredde non lo lasciavano sorridere, più stavo vicino a lui più il suo corpo diventava freddo. Lui era il fiore di cui mi sarei dovuta prendere cura e, invece, l'ho lasciato morire.

Un mese prima dalla scomparsa di Hoseok, Jin si era trasferito, ma lui lo sapeva, eccome se lo sapeva. Era scappato prima di dover vedere faccia a faccia la realtà.

"Lavora lì, non ti puoi sbagliare. Superi la collina e vedi il supermarket", mi aveva detto Yoongi, aveva i capelli sempre più chiari, ma il tono di voce era quello che aveva sempre immaginato.

Indossavo delle converse già fradice d'acqua e il ciuffo dei miei cappelli era attaccato alla fronte bagnata. Avevo camminato da sola, lasciando e sentendo lo zaino sulle spalle, sembrava avessi tenuto dei numerosi mattoni in cemento. Mi tremavano le ginocchia e non avevo la minima idea di come avrei potuto reagire nel rivedere quel viso addormentato. Dovevo trattenere le lacrime e avrei dovuto lesinare le parole. Ero arrabbiata e spaventata.

"Io non l'ho più visto da quando Hoseok è morto", era dispiaciuto, si capiva dal suo sguardo e dal tono stanco.
"Ti manca?"avevo chiesto.
"Sì" aveva risposto.

Il supermarket era lì, con le vetrine accese e la porta automatica chiusa. Vedevo un'ampia schiena e la nuca infreddolita di un giovane occupato a sistemare dei prodotti su degli scaffali vuoti. Feci un lungo sospiro e con le nocche infredodlite e le converse zuppe entrai. Si sentì il suono metallico della porta che si apriva e lo sguardo di lui che si voltava verso di me, disse un automatico "benvenuto". Non mi aveva visto nemmeno dritto negli occhi, come se temesse qualsiasi tipo di sguardo.
Lo ricordavo assente e lo avevo davanti spaesato, incapace, intimidito e intimorito, ma era lui. Davanti a me c'era davvero lui.
Il Jin che era scappato. Il Jin che aveva lasciato da solo Hoseok. Il Jin che non voleva più tornare indietro.

"Pensi che sia cambiato?"
"Ma chi, Jin?" e sentii Yoongi ridere. "Lui è sempre stato un codardo, no Sully, Jin è l'unica persona al mondo incapace di cambiare".
Yoongi aveva ragione.

"Jin?" e si voltò titubante, come se sentire il suo nome lo turbasse. "Ti ricodi di me?" chiesi avvicinandomi a lui. Mi guardò come si guarda una sconosciuta, poco dopo avermi squadrata annuì ritornando poi al suo lavoro. Mi avvicinai ancora di più e mi abbassai alla sua altezza mentre sistemava i prodotti sulla mensola. "Jin, sai perché sono qui?", visi il suo capo fare un cenno di negazione, ma non mi rivolse alcuno sguardo. "Jin" dissi per l'ennesima volta, ma non si voltò, non mi degnò di alcuno sguardo. I suoi occhi assenti e il suo viso pallido davano l'impressione di avere di fronte un cadavere capace di respirare. Lo richiamai più volte finché non li diedi uno schiaffo sulla spalla per attirare l'attenzione, ma continuò a sistemare quei dannati prodotti.
"JIN!" urlai, quella volta li saltai al collo, facendo cadere a terra qualche prodotto di troppo. "Perché sei andato via? VERME!", ero sopra il suo busto e lui inerme sotto di me. Scoppiai a piangere al primo schiaffo che li arrivò dritto in faccia. E poi c'è ne fu un terzo e poi un quarto... "Parla cazzo, parla!", sentivo il rumore persistente del mio palmo che si scontrava con quel viso ormai rosso. Anche i suoi occhi stavano iniziando a velarsi di un sottile strato di lacrime e lo so, non erano lacrime di dolore quelle.
"Dimmi perché sei andato via! Hai lasciato Hoseok da solo e ora, ora vuoi sapere una cosa?" lui mi bloccò le mani, e con le lacrime ormai sul viso, mi lasciò parlarle:

"Hoseok è morto!"

Ero così stanca di dire quella frase. Ero così stanca di ricordare a me stessa che lui fosse morto.
"Lo so. Lo so che è morto. So di essere scappato, so tutto. Ma che cosa avrei potuto fare per fermarlo?", finalmente sentii quella voce che avevo dimenticato. Mi alzai da lui e con le ginocchia tremanti sperai di rimanere impiedi.

"Restare" dissi con la voce strozzata.

"Sembra strano, ma in realtà è buono e mi vuole bene. Usciamo spesso insieme e mi da tanti consigli utili. Sarà anche una persona di poche parole, ma quando parla, Jin sa sempre cosa dire. È mio amico, lo so. È un rapporto strano quello nostro, ma si può definire amicizia", aveva una luce splendida negli occhi mentre lo diceva, ma Hoseok lo era sempre stato;
ingenuo.


Le converse erano sempre inzuppate, ma le nocche non tremavano più per il freddo, vibravano a ritmo della mia paura.




















"Aiutami Sully"
"Hoseok, come posso davvero aiutarti?"
"Amami"

飛び去る- Tobi SaruDove le storie prendono vita. Scoprilo ora