CAPITOLO 9
Appena entrati notai mio padre seduto sul divano. Mi feci depositare accanto a lui.
“Può andare Simon” disse duro mio padre, non gli andava giù che l’avevo fatto rimanere.
"Dove sei stata?"Chiese poi
"In infermeria" lo guardai preoccupata della reazione, poi decisi di chiedergli una domanda che mi tormentava.
"Chi erano?"
Sbuffò e si grattò il mento "non si sa ancora con precisione. Si pensa delle popolazioni ribelli del pianeta di Venere”
"Ribelli?" "Già sembra assurdo ma è meglio pensare a popolazioni ribelli più che a qualcuno dei reali che a commissionato un attentato"
"È possibile che la famiglia di Sam abbia architettato questo?" Chiesi sbalordita "si è una ipotesi".
Incominciò a parlare delle varie ipotesi e della soluzione che avrebbe apportato al governo, mio padre stava continuando a parlare ma io non l'ascoltavo più mi era tornato in mente la persona che avevo ucciso senza neanche esitare e ora avevo un senso di panico che mi pesava sul petto, continuavo a ripetermi che avrebbe ucciso Raziel e che quindi molto probabilmente era la cosa migliore da fare ma ora a posteriori sembrava la scelta peggiore.
Avrei potuto fare milioni di altre cose come farlo svenire, accecarlo oppure semplicemente farlo alzare e andarsene, il tutto con un facile pensiero e invece era morto, per colpa mia e chissà quanti..."quanti dei ribelli sono morti?" Chiesi in imbarazzo, "la maggior parte" disse turbato.
Sapevo che stavamo pensando entrambi a cosa li avesse portati a esporsi così tanto, per cosa o chi?
Fui accompagnata nella mia camera e notai che effettivamente sulla mia scrivania c'era un pugnale Nexus.
Simon mi stava osservando era dietro di me e mi stava sorreggendo.
Aveva il manico con delle decorazioni e con incastonati dei rubini.
La presi in mano non pesava molto.
Lo spostai tra le mani esaminandolo, lo scaraventai contro la porta e prima che si conficcasse nel legno di noce si blocco e torno verso di me.
Lo afferrai e sorrisi.
I rari pugnali Nexus avevano l'abilità di connettersi con chi li possedeva e di tornare indietro nelle loro mani.
Passai un dito sulla lama era affilata e aveva delle minuscule scritte orate.
Non timeas vitam, arrideas fati
Era Latino e voleva dire •non temere la vita, sorridi alla morte•.
Strinsi l'unica arma che avrebbe potuto uccidere un umbra, spezzando il legame tra padrone e animale.La preside Macgregor stava discutendo con i mei genitori.
La sentivo anche se non ero lì... avrei tanto voluto rimanere nascosta ma non era giusto. Lo sapevo e poi stavano parlando di me.
" Buongiorno, va tutto bene?" Chiesi un po' esitante " Certo tesoro" mi rispose mia madre guardandomi con un sorriso tirato, " prepara le valige ti porto a casa" mi disse mio padre con tono autoritario rivolgendosi sia a me che alla Direttrice che era impallidita e continuava ad annuire.
Non avrei ceduto così in fretta. Non come aveva fatto la direttrice.
" perché?" Chiesi con tutta la calma che avevo, risultando inutile "Alimede non sei stupida, non farmi arrabbiare" mi guardò con sguardo truce cosa che faceva pure Moon.
Era quello il tono che odiavo, quello che usava spesso quando ero piccola e che mi faceva venire i brividi.
Quante volte avevo discusso con mio padre e quante volte ero finita in lacrime, in camera mia al buio come punizione.
Per il rumore spuntarono all'inizio delle scale, alle spalle dei miei genitori, Daisy e Gwen che mi guardavano con aria interrogativa; non mi mossi e fissai mio padre " no, mi spiace ma io rimango qui!" Suonò strano pure alle mie orecchie.
So esattamente che se un anno fa mi avessero fatto una proposta del genere avrei abbandonato tutto e li avrei seguiti immediatamente, ma quest’anno c'era qualcosa di diverso che me lo impediva.
Perché in fondo mi piaceva, ammettei a me stessa, mi piaceva proprio litigare con le Figage perché erano divertenti...mi piaceva la scuola, lo studio, le mie amiche, le giornate tutte uguali, le chiacchierate la sera tutt’e insieme “non credo tu abbia capito non hai scelta" disse mio padre pacato; non volevo fare l’autoritaria ne tirare fuori la questione che ora la regina ero io.
" Aly, cara è per il tuo bene hai visto cosa è successo? Pensa a Raziel?" Disse mia mamma cercando di farmi ragionare spostai lo sguardo verso la bellissima donna, aveva lo sguardo carico di amore... non si vedeva spesso.
Peccato che loro pensassero solo a me... si preoccupavano solo di me mentre dovevano occuparsi anche degli altri, e poi chi ero io per giudicare? Chi ero io per scappare a palazzo e stare al sicuro? Io che ero la causa della morte di un uomo e del disastro? Avrei potuto fare di più ormai lo ripetevo come un mantra.
Avrei dovuto fare di più.
“Mamma non pensi alle mie amiche? E alla persone che ho ucciso io?" Dissi e nello stesso istante mi salirono le lacrime agli occhi.
Rividi l'uomo che si accasciava, il suo viso rilassato dalla morte.
Merda non ora! Non poteva venirmi in mente proprio ora! Mi avrebbe fatto crollare.
Vidi il volto di tutti passare dallo stupore alla comprensione e infine alla paura.
Paura. Avevano paura di me? O per me?
Era già successo con Gwen quando non controllavo i miei poteri.
Ero un pericolo per loro, era colpa mia se si erano ferite. Era colpa mia.
Urlai e mi svegliai di soprassalto.
"Alimede stai bene?" Chiese Simon che oramai passava tutta la notte su una poltroncina a tenermi d'occhio.
Come se potessi scappare mentre dormivo... forse avrei potuto.
"Ho fatto un incubo" dissi sfregandomi una mano sulla fronte umida di sudore.
Solitamente quando avevo gli incubi Eos dato che lo aveva visto sapeva aiutarmi, mi tranquillizzava.
Ora invece non sapevo manco dove fosse.
Sbuffai quella situazione mi sfiancava.
"Che sogno?" Chiese con cautela alzandosi e vendesi a sedersi accanto a me. "Iniziava bene...” iniziava bene? Ah si Alimede? Mi morsi il labbro inferiore “non iniziava bene” Dissi e lo vedi alzare un sopracciglio, okay ora mi stava prendendo ufficialmente per pazza “i miei genitori volevano portarmi via...io mi ricordavo dell'uomo...era colpa mia se le mie amiche si erano fatte male" farfugliai di fretta “le ho messe in pericolo io, avrei dovuto aiutarle si sarebbero salvate delle persone invece le abbiamo attaccate come se niente fosse manco fossimo macchine da guerra... “ Dissi cercando di prendere fiato perché sembrava che l’aria non volesse entrare nei miei polmoni
“calma era solo un sogno e non è colpa tua di nulla" lui mi stava guardando con uno sguardo dolce e preoccupato. Se non fosse stato la mia guardia mi sarei lanciata contro di lui e avrei tanto voluto appoggiare la testa contro il suo petto, riaddormentarmi con il suo battito sulla guancia e invece annuii e basta.
Mi appoggiai sul cuscino.
Passai la lingua sulle labbra secche; guardai la mia gamba fra poco sarebbe guarita grazie alle medicine sperimentali; sarei guarita entro domani.
Sospirai e Simon andò a riposizionarsi sul poltroncina.
Non riuscivo a prendere sonno. C'era quella figura che compariva ogni volta che cercavo di chiudere gli occhi.
Mi ricordai il giorno prima dell’incoronazione di Adeline che non riuscivo a dormire. Sembravano passati secoli e invece erano solo poche settimane.
Respira, Alimede respira.
Guardai verso la mia guardia che si era addormentata.
Buttai via la coperta e cercando di fare il più piano possibile mi alzai: la gamba stava già guarendo, riuscivo ad appoggiarla e mi appoggiai ad una sola stampella.
Aprii la porta con delicatezza e scesi le scale.
Il salone era deserto non c’erano luci l’unica fonte di illuminazione era la luna che splendeva alta nel cielo.
Il caminetto era spento e dato che io indossavo solo una leggera camicia da notte di seta che copriva a malapena le cosce sentivo dei brividi che percorrevano il mio intero corpo.
Posai la stampella sui gradini e proseguii senza: zoppicavo ma la cosa era sopportabile.
Camminai verso la cucina e la oltrepassai andando verso la serra.
Li faceva davvero freddo, mi rannicchiai su una sedia e accesi l’about-jour che illuminava giusto la scrivania.
Tirai fuori un foglio e una biro blu.
Volevo scrivere una lettera a mia sorella.
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The queen
RomantizmI suoi occhi azzurri avevano le pupille dilatate dall'eccitazione. Si diresse con calma verso il tavolo, io trattenni il fiato, consapevole solo in quel momento di quanto mi importasse e che avrebbe potuto benissimo non scegliermi. C'erano milioni d...