CAPITOLO 13
Cercavo di prestare attenzione alla lezione di letteratura ma era un vera e propria impresa.
La testa era pesante e gli occhi non avevano nessuna intenzione di rimanere aperti.
Il mal di testa era un martello che pulsava ritmicamente e non mi dava tregua.
Appena finita l’ora decisi di fare una breve tappa al bagno.
Al vedere il mio riflesso nello specchio quasi mi spaventai.
Abbozzai un sorriso:ero davvero in condizioni penose; sembravo una zombie, gli occhi erano cerchiati di viola e la mia faccia non era sicuramente delle più riposate.
Se ci fosse stata Vicky mi avrebbe subito detto che le occhiaie mi facevano risaltare il colore degli occhi o avrebbe estratto dalla borsa un correttore ma dato che non c’era mi dovevo accontentare della mia faccia.
Uscii dal bagno trascinandomi fino alla caffetteria dove ordinai l’ennesimo caffè della giornata.
Sbuffai, mancavano ancora due ore di storia dove avrebbe probabilmente fatto domande per vedere se stavamo studiando per l’esame e poi avevo allenamento.
Chiusi gli occhi e appoggiai la testa al tavolo.
Erano le dodici e un quarto, fra esattamente mezz’ora iniziava la pausa pranzo.
Avrei potuto schiacciare un pisolino e magari saltare l’ora di storia dato che non avevo aperto il libro dall’inizio dell’anno.
Mi alzai e salutai Annie e poi con le guardie al seguito mi diressi verso la casa.
“Tutto bene signorina?” Chiese Benjamin preoccupato “certo sono solo stanca” Dissi sbadigliando, lui annuì convinto.
Aprii la porta e corsi di sopra, Raziel mi attendeva con gli occhi preoccupati [sto bene... raz davvero ho solo bisogno di dormire] Dissi massaggiandomi la testa.
Andai in bagno a cambiarmi e a prendere due aspirine per il dolore.
Appena tornai in camera lanciai una rapida occhiata a Simon seduto sulla solita poltroncina e mi rannicchiai sotto le coperte.
Chiusi gli occhi, era una sensazione divina sdraiarsi e lasciare che la mente vagasse libera.Quando mi svegliai ero più stanca del solito e quel breve pisolino mi aveva lasciata scombussolata e di malumore.
Guardai il mio orologio e notai che segnava le 4 di pomeriggio.
Merda!
Altro che breve pisolino! Ero addirittura in ritardo per l'allenamento, alzai gli occhi al cielo, avevo perso tutto il pomeriggio.
Scalciai in fretta le coperte facendo sobbalzare sia la mia guardia sia Raziel e poi mi cambiai in fretta e furia.
La testa pulsava ancora e inoltre avevo un dolore che mi trapassava interamente.
[non è che ti stai ammalando?] mi Chiese mentre cercavo di infilare i pantaloni della tenuta.
[no sto benone] annunciai scuotendo il capo, non stavo benissimo però non potevo dire di star male: ne avevo passate di peggio e poi non avevo dormito molto negli ultimi giorni quindi accusai quello.Corsi verso la palestra e mi vidi specchiata nelle vetrate, feci un sorriso e il mio riflesso mi imitò, avevo addosso una normalissima tuta da combattimento nera: dei pantaloni aderenti e un giubbotto fatti con materiali apposta a respingere eventuali armi, sotto avevo una leggera canottiera, i capelli erano stati legati da Daisy con due trecce bianche che partivano dalla testa.
Spostai la pesante porta ed entrai mi voltai intenta a raggiungere le rastrelliere con i pugnali ma mi bloccai.
Gwen era intenta a lanciare coltelli, il viso concentrato e le gocce di sudore che le scorrevano sulle spalle nude.
Era anche lei in tenuta aveva lasciato il giubbotto per terra sopra gli stivali che si era tolta.
Si voltò a guardarmi e notai passare qualcosa sul suo volto: dolcezza, risentimento, non avevo mai capito come lei facesse a leggere le persone.
Mi avvicinai con cautela dato che teneva ancora sollevato un coltello. "Me ne vado se vuoi" disse abbattuta, rimasi colpita e per un istante non fiatai "no, ehm... rimani pure" lei annuí e tornò a scagliare oggetti che ricadevano sempre per terra non colpendo il bersaglio desiderato.
Sorrisi, lei con i pugnali non era mai stata brava lei adorava le spade, era imbattibile con tutte le lame lunghe.
Io ero l'esatto contrario, non sapevo neanche da che parte prendere con le spade e varie catane; anche se ultimamente con le ore di allenamento extra stavo migliorando.
La guardai e con un rapido movimento andai a recuperare le armi a terra del bersaglio.
Ne porsi una a lei e gli altri li tenni in mano lanciandoli in aria e recuperandoli.
Mi stava guardando con aria confusa, ne avevo basta di tenergli il muso.
"Lancia" dissi semplicemente e lei sembrò ancora più smarrita ma poi si voltò verso la parete di fronte e si mise in posizione: piedi leggermente divaricati per mantenere la stabilità, braccio sinistro alzato con il coltello sopra la testa.
Si vedevano tutti i muscoli tendersi, dopo un breve momento di esitazione scaraventò il pugnale che si schiantò contro il basso del bersaglio.
Si incupì e fissò il pugnale, la luce sfarfalló, sentii l'aria caricarsi di elettricità, le presi un braccio "ehi tutto okay?" Chiesi e poi mollai la presa soffocando un urlo, mi aveva dato una scarica "aho" dissi agitando la mano "scusa... non volevo" disse massaggiandosi un braccio, "si tranquilla non avrei dovuto".
"Riprova" dissi dolcemente "non vedi che non ci riesco" sbottó lei adirata "svuota la mente, concentrati solo sul coltello e sul bersaglio" suggerii io.
Sbuffò, si rimise in posizione e scoppió a ridere.
Io la guardai sconcertata, preoccupata dalla sua reazione e alzai le sopracciglia come avevo visto fare da lei tante volte.
"Scusa scusa ora mi concentro" farfugliò e poi si rimise in posizione e stavolta il coltello colpí il bersaglio leggermente in basso ma almeno si conficcò nella parete.
"Si può sempre migliorare" dissi per incoraggiarla e lei mi guardò con aria torva; alzai le mani come se mi stesse puntando una pistola alla nuca, "va reginetta fammi vedere" disse porgendomi il coltello che era andata a raccogliere.
Sospirai e mi sistemai in una posizione comoda e chiusi gli occhi: non avevo bisogno di guardare dove fosse il bersaglio.
Era stato il primo insegnamento fatto dal mio mentore quando ero piccola, mentre mia sorelle studiava per diventare regina io imperavo a combattere.
Non serviva guardare il bersaglio soprattutto se era un manichino che non si sarebbe mosso ma era necessario isolarsi in modo da non farsi influenzare, liberare la mente da pensieri che ti avrebbero distratto e la tua mano avrebbe scagliato il pugnale esattamente dove l'avresti desiderato.
All'inizio ero stata molto scettica ma poi avevo notato che prediligevo molto l'uso dei pugnali nei combattimenti.
Così in quel momento non mi concentrai neanche e il coltello era penetrato nel pesante strato di plastica che fungeva da manichino, era conficcato esattamente dove un uomo avrebbe avuto il cuore.
"Bel lancio" disse lei grattandosi una spalla "anni di esperienza" dissi scuotendo la testa; "tu sei un abile spadaccina io no" affermai convinta, la vidi sorridere e si fiondò a prendere due spade lunghe con una lama appuntita come un bisturi.
Me ne passò una che io colsi al volo.
"Vacci piano Zorro" dissi ridendo e lei sorrise "certo nonnetta".
In quel momento mi sembrava di essere tornate a qualche settimana prima quando non avevamo litigato, quando andava tutto bene, quando non avevo paura di dire qualcosa, quando mi fidavo di lei ciecamente.
Una vocina nella mia testa mi disse che non era cambiato nulla ma io sapevo che... in fondo qualcosa era cambiato e io lo sapevo e pure lei, la domanda era eravamo in grado di tornare amiche nonostante fossimo cambiate?
Sembrava così spensierata e felice, mi ripromisi che se mi avesse chiesto scusa si, l'avrei perdonata.
Sorrisi. Ero davvero contenta come se sullo sfondo ci fosse "happy ending" di Mika e noi fossimo in un film.
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The queen
RomanceI suoi occhi azzurri avevano le pupille dilatate dall'eccitazione. Si diresse con calma verso il tavolo, io trattenni il fiato, consapevole solo in quel momento di quanto mi importasse e che avrebbe potuto benissimo non scegliermi. C'erano milioni d...