CAPITOLO 18.

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Il tempo trascorse velocemente e in modo del tutto confuso in quel vortice temporale che trasportò Navir, Rao, Aria ed Akram sull'isola. Non appena i loro piedi toccarono il suolo verdeggiante, capirono che quello era un mondo a parte rispetto ad Ilang e le terre vicine. Se, in quei luoghi, la parola d'ordine era DISTRUZIONE , su quell'isola ogni cosa era rigogliosa e piena di vita.
"Siamo molto distanti da Ilang?" Chiese Akram curioso. 
"Si, abbastanza". Rao era leggermente affaticato a causa della pesantezza degli anni e aveva un leggero fiatone che non gli permetteva di scandire bene le parole.

"Sei stato tu a proteggere questo posto?" Navir si guardava intorno senza posare gli occhi sul suo interlocutore ma focalizzando la sua attenzione sulle verdi colline e i favillanti fiumi in piena. Ogni area di quell'isola dava un senso di benessere e, per pochi istanti, Navir si sentì sollevata dal peso che portava sulle spalle.
"L'ho protetto con la magia; da quanto Tradamar è stato ucciso, fino ad oggi, il mio incantesimo ha retto più del dovuto. Ora dobbiamo svegliare il grande mago, altrimenti questa terra somiglierà tutta ad Ilang." Rao era affranto, esausto per il trambusto del viaggio e visibilmente assetato. Percosse pochi passi fino ad arrivare al ruscello vicino; l'acqua trasparente zampillava felice in quel suo piccolo letto e tutti i ragazzi ne approfittarono per dissetarsi. 
Si alzò a fatica dalla posizione in cui era, emettendo qualche gemito di sofferenza. 
"Forza! La casa è laggiù". Con l'indice della mano destra, indicò una casupola graziosa con il tetto di paglia ed un piccolo comignolo che sbucava tra il giallognolo caratteristico di quel prodotto. Era tutto molto rustico; le mura dell'abitacolo erano fatte con delle pietre grosse ma posizionate in modo ordinato e geometrico, la porta era di legno ma sembrava, a prima vista, robusta e pesante. Si incamminarono lungo il vialetto che conduceva direttamente alla casa di Tradamar e pochi metri dopo si ritrovarono davanti alla porta che confermava le loro aspettative. Rao diede tre colpi e disse una delle sue solite frasi incomprensibili. La porta si aprì accompagnata da un leggero cigolio, quasi volesse dare il benvenuto ai suoi ospiti.
 Quando i tre giovani varcarono la soglia, si trovarono davanti uno spettacolo di magia in piena regola. Il corpo di Tradamar era posto al centro della sala su una lettiga improvvisata, protetto nello stesso modo con cui era stata protetta Oyà, e tutto intorno vorticavano utensili, adibiti alla cura del mago. Una brocca volteggiava sulla testa di Tradamar, versando acqua a tempi regolari e una scopa spazzava il pavimento come se fosse al corrente del loro arrivo. 
Sul lato destro della casa, si trovava una cucina rustica e il tavolo era imbandito con pietanze di ogni tipo. Si vedevano pentole, piatti e mestoli vari che vorticavano per aria intenti a cucinare e servire il pasto. Il camino, posto oltre il corpo dell'uomo, si accese all'improvviso. La sua fiamma vigorosa ondeggiava tra le pietre usurate della struttura. Akram, Aria e Navir si guardarono e scoppiarono in risatine divertite. Rao, si limitò a sorridere. 
"Direi che è meglio mangiare; a stomaco pieno si lavora meglio secondo me. Accomodatevi." 
Con la solita mano destra, fece cenno ai giovani di sedersi intorno alla tavola imbandita. Le sedie si spostarono da sole, invitando gli ospiti a poggiare i loro deretani su di esse. I piatti, che già erano posti difronte ai loro musi, si riempirono di pietanze. Il menù prevedeva: cosce di pollo in quantità aromatizzate con le spezie dell'isola, patate bollite con contorno di pomodoro e, per una più facile digestione, vino rosso. Erano tutti prodotti agricoli e Navir pensò che su quell'isola fosse facile procurarsi il cibo; poi si ricordò che Rao e Tradamar erano due maghi e forse, per tale ragione, erano più avvantaggiati. 
"Qui è tutto fantastico." Disse Aria con il tono di voce di una bambina eccitata. 
"mmmh, si. Quoto Aria." Akram non sapeva se mangiare o parlare, quindi fece entrambe le cose; parlava con la bocca piena e sputacchiava pezzi di pollo ovunque. Per fortuna dei commensali, disse solo poche parole. Navir, dal canto suo, rideva ma il suo cuore era ancora ad Ilang con la zia. 
Una volta finito di abbuffarsi, la tavola si sparecchiò da sola e i ragazzi si sedettero nel divano posto difronte al camino. Era umile ma confortevole. 
Rao si sedette accanto a Navir e le porse una piccola ampolla di vetro. 
"Devi mettere qui qualche goccia del tuo sangue; io penserò al resto."
Navir sapeva che quel momento sarebbe arrivato e, nonostante il fare esitante, prese la boccetta tra le mani. 
Rao le porse uno spillo molto appuntito. "Devi pungerti un dito" spiegò "dopodiché, versi le gocce di sangue lì dentro. Preferisci che lo faccia io?"
Navir, che da sempre ha avuto un cattivo rapporto con gli aghi ed in generale con le cose appuntite, declinò l'offerta. Prese lo spillo e si punse l'indice della mano sinistra. Aveva posizionato l'ampolla tra le ginocchia strette e, quando vide che il sangue fuoriusciva, infilò il dito in essa. Il collo dell'ampolla era abbastanza largo da permettere tale operazione, considerando anche che le dita di Navir erano alquanto esili. Bastarono tre gocce e Rao le fece segnale di fermarsi. 
Prese la boccetta e si alzò dal divano, dirigendosi verso il corpo del mago. Con entrambe le mani rimosse la protezione, prese l'ampolla e versò quelle poche gocce sulle labbra di Tradamar che immediatamente assunsero la colorazione tipica del sangue, passando dal bianco al rosso vivo. Navir, Aria e Akram rimasero seduti sul divano, voltandosi semplicemente verso la spalliera ed osservando le operazioni di Rao. 
Ad un tratto, Tradamar scattò in avanti e prese tutta l'aria che potevano supportare i suoi polmoni ormai vecchiotti. Il suono che provocò fece spaventare tutti; fu come quando, dopo essere stati per molto tempo in apnea sott'acqua, prendi fiato avendo cura di riuscire a ristabilire la normale quantità di aria nei polmoni. 
Tradamar era vivo. 
Si voltò di scatto verso Rao e sgranò gli occhi.
"Rao! Amico mio! Ce l'hai fatta!" Lo abbracciò con le poche forze che aveva, felice che quell'uomo l'avesse riportato alla vita.
Di solito la morte è un viaggio di sola andata verso il paradiso o l'inferno, chi lo sa, ma per Tradamar quello era stato un viaggio di andata e ritorno. 
Per la prima volta, Navir si rese conto del potere di quell'uomo. Se Rao era così potente, quanto doveva esserlo Tradamar? 

ILANG: Navir e l'eredità del dio.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora