CAPITOLO 11.

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La terra era arida, spaccata e lacerata dalla mancanza di drenaggio. Ogni passo che Navir compiva, provocava un suono sordo proveniente proprio dalla sabbia che calpestava. Era tutto così strano; si sentivano voci sommesse, grida soffuse e pianti attutiti da una risata crudele. Alzò gli occhi verso il cielo e un ghigno fiero e malvagio sovrastava la sua testa. Iniziò a correre, girandosi di tanto in tanto verso quel volto.
"Chi sei?? Cosa vuoi?" Gridava Navir, in cerca di spiegazione.
"Morirai, soffrirai come tua madre ha fatto soffrire me."
Kokou. Era lui.

Intorno a Navir apparvero cadaveri di uomini, donne e bambini. Volti familiari e volti sconosciuti circondavano la ragazza. Ogni volta che qualcuno veniva ucciso, immediatamente entrava a far parte dell'esercito immortale di Kokou e marciava nell'orda di immortali senza volto. Anime di ogni età, sesso e altezza marciavano sul terreno arido, mossi dai comandi di quel dio. Erano sempre più veloci, sempre più vicini e Navir sempre più lenta e stanca.

Il cuore le scoppiava nel petto, era sola contro un esercito infinito.
Sempre più vicini.
Troppo vicini.
Navir era terrorizzata; proprio mentre riconobbe di non aver più chance di salvezza, quando l'esercito incombeva su di lei, ecco che quelle anime l'attraversarono come se non esistesse.
Come era possibile?
Li vide marciare, ancora e ancora; ogni anima l'attraversava come se lei fosse invisibile. Tentò di catturare la loro attenzione, ma niente.
Cercò il volto di Kokou nel cielo rosso.
Era lì.

Rideva, ma lo sguardo era rivolto verso qualcos'altro.
"Uccidetela" Gridò e alzò il braccio puntando il dito.
Navir si girò nella direzione indicata dal dio e vide la figura di una giovane ragazza; l'armatura leggera risaltava il corpo longilineo, il seno fuoriusciva impercettibile dal corpetto aderente, lasciando scoperta una parte di pelle. I capelli lunghi erano mossi dal vento. Nella mano destra stringeva una spada. La sua spada.
Socchiuse gli occhi per cercare di identificare quella figura, tuttavia non ci riuscì ed iniziò a correre verso di lei. Man mano che si avvicinava la figura diventava più nitida e si sorprese a vedere che quella ragazza era lei.
Si fermò di colpo.
Quella guerriera era lei e stava per combattere contro il suo acerrimo nemico, contro l'essere più crudele mai esistito. Non c'era nessuno con lei, nonostante nella sua visione avesse visto un altro guerriero al suo fianco. Piano piano, ognuna di quelle anime da combattimento cadeva sul suolo, svanendo in una nuvola di fumo. La ragazza stava combattendo un esercito immortale da sola con la sua spada e ogni colpo che infieriva era mortale per quegli esseri già morti. Fantascienza?
Forse nel suo piatto avevano messo qualche sostanza allucinogena, pensò cercando di sdrammatizzare.

OLIMPO.

Alle tre sorelle, una volta convocate sull'Olimpo, era stato promesso che sarebbero state riportate alla vita, che avrebbero ricominciato da dove la loro felicità fu portata via a patto e condizioni che creassero un filo d'oro solo per Kokou. Quelle tre donne, stanche di creare fili dorati, accettarono la proposta allettante del dio, fidandosi del dio sbagliato, della persona sbagliata ancora una volta.
Sotto il suo comando, crearono un filo d'oro con racchiusa una premonizione che non si sarebbe mai avverata e la consegnarono nelle gelide mani di Kokou.
Ma come ci si aspettava, Kokou non mantenne la promessa e le tre donne furono rispedite nel posto da dove provenivano.

"Una volta toccato il filo d'oro, vedrà come andranno le cose. E' giusto che la mia amata nipotina abbia un assaggio di quello che suo zio ha in serbo per lei. Si vedrà soffrire sotto le mie mani così tremerà alla sola idea di sfidarmi."

"Vorrei ricordarle, Signore, che quel filo d'oro contiene una premonizione che ha, all'incirca, lo 0,01 % di possibilità che si avveri". Aput disse la sua, ferito e torturato per com'era, nulla glielo impediva.
Non ebbe risposta, poiché quel dio era totalmente preso dal suo nuovo giocattolo dorato.
In realtà, il piano di Kokou non era così terribile come Aput pensava; si era cattivo ma non atroce. Purtroppo per lui, le tre sorelle avevano dimenticato, di proposito o per sbaglio non si sa, che Navir avesse la capacità di prevedere il futuro e qualcosa in quelle visioni l'avrebbe distolta dal crederle vere.

ILANG.

Navir vide se stessa combattere contro quel numeroso esercito; vide se stessa uccidere per la seconda volta anime immortali e si stupì della crudeltà con cui infliggeva ogni colpo. Era come se fosse un altra persona, spietata e pronta per un solo scopo: "Uccidere". Effettivamente doveva essere così, ma si stupiva di come nel giro di qualche mese fosse cambiato tutto così in fretta.
Ad un tratto la scena cambiò, Navir si ritrovò nei pressi di un dirupo.
"Lo vedi questo?" Kokou indicava lo strapiombo alle sue spalle. "Da qui tua madre è stata scaraventata giù molto tempo fa. Io dovevo lasciarla morire quel giorno, invece la salvai e mi sono rovinato l'esistenza. Ma adesso, avrò la mia vendetta." Kokou le balzò ferocemente di sopra e Navir perse la spada dalla mano; provò a difendersi con calci e pugni ma niente scalfiva quel dio.
Lui gli mise una mano sul petto e premette come se fosse una formica da schiacciare. Si sentì il rumore delle ossa rompersi e le grida della giovane. Il cuore della ragazza si fermò, oppresso dalle spietate dita del dio e la sua bocca emise l'ultimo sordo gemito. Con un solo calcio il corpo della fanciulla fu gettato nel dirupo.
La scena cambio ancora e si vide Kokou trionfante, mentre ogni uomo sulla faccia della terra era al suo servizio ed ogni donna accasciata sul suolo arido, priva di vita. Era la fine del genere umano, l'estinzione di ogni essere vivente ed il trionfo di un dio che tutto era tranne che buono.
...
Navir fu risucchiata alla realtà e si sorprese a piangere; versava incessantemente lacrime di dolore e di paura. Quella sarebbe stata la sua fine, avrebbe combattuto senza ottenere nulla. Sarebbe morta senza vincere nemmeno una battaglia, senza poter salvare nessuno. Nemmeno se stessa. Guardò ancora quello strano laccetto e capì che cosa era. Sua zia le aveva parlato dei fili d'oro e notò che il colore di quel filo era proprio dorato. Tutto ciò che aveva visto era il futuro, il suo. Ed era anche quello di milioni di persone.
Quel filo brillava luminoso quasi come se volesse sottolineare la sua sconfitta.
Quel giorno si chiuse in casa con i suoi fardelli e non partecipò a nessuna esercitazione. A cosa sarebbe servito? Sarebbe comunque morta.

ILANG: Navir e l'eredità del dio.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora