CAPITOLO 23.

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Come da copione, il mese successivo trascorse in un turbinio di allenamenti. I ragazzi combattevano l'uno contro l'altro per sviluppare maggiore agilità e maggiore forza. Usavano i loro poteri per poter essere sicuri di controllarli a pieno e, inoltre, facevano lunghe corse, ogni mattina, per tutto il perimetro dell'isola. I due maghi si allenavano, invece, sul piano degli incantesimi; memorizzavano nuove formule e consolidavano le vecchie. Insomma, si davano tutti un gran da fare.
Tradamar si propose persino di insegnare a Navir un incantesimo per poter sfruttare ed usare al meglio il suo potere della premonizione. Le fece imparare a memoria una frase in latino: Ego autem videbo vos, che significa letteralmente ora io ti vedo.

Per Navir non fu per niente facile memorizzare una frase in una tale lingua sconosciuta; le ci vollero giorni per ricordare le parole, per non parlare del fatto che l'incantesimo non le riuscisse poi così bene. La sera, prima di andare a dormire, ripeteva la frase in continuazione ma le scene che vedeva non erano scene possibili. Una volta vide la figura di Aria con la coda di gatto che saltellava e correva in riva al fiume, un'altra volta il corpo di Akram con la testa di un leone che ruggiva a degli uomini in visita sull'isola.
Scenari del tutto impossibili.
Chiese, dunque, a Tradamar spiegazioni su quelle "visioni".
"Oh cara ragazza, devi scollegare mente e cuore, quando ripeti la frase. Quelle visioni sono frutto delle tue esperienze e dei tuoi sentimenti. Non funzionerà mai se non silenzi ogni parte di te stessa."
"Dopo quanto sei riuscito ad usare questo incantesimo?" Navir stava cercando conforto nella esperienza del mago.
"Mai."
Navir si girò di scatto verso di lui, a bocca aperta.
"Cosa? Come è possibile? E perché lo stai facendo fare a me?"
"Mai perché non possiedo il tuo potere. Sei tu che hai l'eredità del dio, non io. Sono un mago potente ma per usare questo incantesimo serve l'occhio di Ifà; tu possiedi ciò, io no."
L'occhio di Ifà, l'occhio di suo padre... forse era questo che doveva visualizzare dentro di sé.
Spense ogni parte del suo corpo; il mondo esterno non faceva più alcun rumore, adesso. Non sentiva le armi di Aria e Akram scontrarsi, non udiva più i bisbiglii di Rao e non percepiva più la presenza di Tradamar vicino a lei.
Il vuoto.
Il nulla.
C'era solo lei, seduta a gambe incrociate sull'erba e con le mani poggiate sulle ginocchia. Ad un tratto, ecco che sentii dentro di sé una scarica di adrenalina. Era lui, l'occhio di suo padre. L'aveva trovato, ne era sicura.
Con gli occhi chiusi fece un profondo respiro e iniziò a recitare la frase in latino.

Ego autem videbo vos
Ego autem videbo vos
Ego autem videbo vos!

Improvvisamente la scena cambiò;
Lei, i ragazzi e i due maghi camminavano lungo un sentiero erboso. Aria scacciava mosche e zanzare, Akram chiedeva se fossero arrivati. Come capo fila c'era Tradamar che indicava un grande portone.

Navir perse la concentrazione e ritornò alla realtà.
Aveva un forte mal di testa e la nausea le impediva di proferire alcuna parola.
"Ci sei riuscita!" Tradamar gridava di gioia e ad ogni parola, a Navir sembrava che le stessero suonando delle campane nelle orecchie.
"C'è riuscita! Ce l'ha fatta!"
Akram, Rao e Aria accorsero in fretta e furia verso la ragazza, ancora seduta sull'erba, lasciando tutte le loro attività in sospeso.
"Cosa hai visto?" Rao domandò curioso, sapendo con certezza che la visione sarebbe stata corretta.
"Come stai?" Akram notò come Navir tenesse le orecchie fra le mani; la fronte aggrottata e i denti leggermente digrignati erano un chiaro sintomo del fatto che non stesse un granché.
"Se smetteste di farmi tutte queste domande,  starei meglio. Mi sta scoppiando la testa."
Akram aiutò Navir a sollevarsi; i loro sguardi si incrociarono, ma entrambi si allontanarono l'istante dopo. L' aria si fece leggermente imbarazzante e l'amica di Navir si rese conto della situazione.
"Navir andiamo dentro, ti faccio un po' di tè. Cioè le stoviglie lo faranno." Aria rise di gusto all'idea di essere servita da tazze e mestoli vari animati, prese a braccetto l'amica e si diressero verso casa.
Una volta dentro, ordinò alle stoviglie di preparare un tè zuccherato per entrambe e iniziò il terzo grado, sedendosi accanto a Navir.
"Cosa è successo poco fa? Perché tutta quella tensione? Cosa dovevi raccontarmi quel giorno di ritorno dal fiume?"
"Aria una domanda alla volta." Si toccò la testa, ancora dolorante.
"Cosa c'è tra te e mister simpatia?"
"Solo un bacio."
"Un baciooo???? E quando pensavi di dirmelo?"
"Non era poi così importante..."
"Invece si! Per tutti gli dei, ti conviene iniziare a parlare altrimenti con la telecinesi ti sbatto in faccia quella cosa". Indicò la tazza che aspettava di essere riempita con acqua bollente.
"Ok con calma."
Navir raccontò tutto all'amica, di come si fosse sentita meravigliosamente bene e poi schifosamente male.
Cosa c'era che non andasse in lei!?
"Dovresti cercare di vivere almeno un pochino la tua vita. Insomma, da quanto ho capito hai fatto solo salti temporali, hai ricordi falsi e adesso porti il peso della salvezza del mondo sulle tue spalle. Perché non dovresti concederti l'amore?"
"Perché l'amore crea solo dolore e scompiglio."
"Non devi dire così." Aria si fece severa.
"Invece devo. Guarda Kokou che per un amore non corrisposto sta dando vita ad una guerra, guarda mia madre che per amore è morta, per non parlare di mio padre che chissà cosa starà passando. Anche Tradamar è stato distrutto da un amore che voleva, solo, proteggerlo. E Oyá? Vogliamo parlare anche di lei? Guarda con i tuoi occhi quanto fa male l'amore." Navir gridava, non curandosi più del suo mal di testa e della nausea; si era alzata in piedi, gesticolando vivacemente per dar man forte alle sue tesi.
"L'amore può creare dolore, hai ragione. Ma non è sempre così. Tutto ciò è stato causato dal male, il lato oscuro della vita. Se Kokou non fosse stato malvagio, pensi che avrebbe comunque fatto tutto ciò? Se il padre di Tradamar non fosse stato così cattivo da pensare a sé stesso, tu pensi che lui l'avrebbe ucciso? Tua madre, tuo padre, Oyá hanno sofferto e soffrono per il male che ha causato Kokou. L'amore ha reso ognuno di loro felice. L'amore ha dato vita a te. Non devi temerlo."
Navir scoppiò in lacrime, ancora una volta tra le braccia dell'amica, mentre le tazze di tè si posavano, leggiadre, sul tavolino. Rimasero in silenzio per un po', fino a quando i tre uomini non giunsero nell'abitazione. Rao prese la parola, nonostante avesse notato in che stato si trovasse Navir.
"Scusaci piccola, ma dobbiamo sapere cosa hai visto."
La ragazza si asciugò le lacrime e si sedette sul divano. Bevve un sorso di té, aspettando di calmare i singhiozzi.
Una volta posata la tazza sul tavolino vicino al divano, iniziò a raccontare della breve visione.

ILANG: Navir e l'eredità del dio.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora