CAPITOLO 15.

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"Eh no, però! Ma cosa ho fatto di male per meritarmi anche questo? Cioè dovrei dare qualche goccia del mio sangue ad un tizio che nemmeno conosco, con la speranza che questo ci salvi tutti? Sulla base di cosa, dovrei credere che non sia uno dei trucchi di Kokou?"
"Navir" Ocram si avvicinó a lei e le poggió una mano sulla spalla. "Un trucco di Kokou non è sicuro, ma che non sia un trucco suo non posso assicurartelo. Non ci resta che fidarci delle sue parole, se tu vorrai accettare."
"Ha ragione Ocram, tesoro mio." Oyá sapeva bene chi fosse Tradamar, da sempre sull'Olimpio si è parlato di quel mago tanto potente.
"Dove sarebbe nascosto questo Tradamar?"
"Sull'isola di cui ti parlavo. Mi è impossibile portarlo qui; Kokou avrà già mandato qualcuno a cercarlo."
"E come faccio io a spostarmi senza che Kokou se ne accorga?"
"Con lo stesso metodo che ho usato io. La magia!"
"E posso portare chi voglio? E cosa avrò in cambio?"
"Si, ma non più di tre persone. Questo lo scoprirai successivamente."
"Insomma devo dirti si ad occhi chiusi. Ottimo!"
"Navir, so di te e del peso che porti sulle tue piccole spalle. Non sono un buon samaritano, non lo è mai stato nemmeno Tradamar, ma ci accomuna una cattiva sorte ed io non voglio viverla. Non sono scampato alla morte per vedermi sottomesso al dio degli inferi e nemmeno Tradamar vorrebbe vivere la sua esistenza al servizio di quel mostro. Ti prego credimi." 
"D'accordo, quando si parte?"
"Domani, al suono delle trombe, ci vediamo alla grande quercia."
L'uomo si incamminò verso la porta, quando fu sull'uscio si voltò verso Navir e con tono serioso la ringraziò. Navir, in dubbio se la sua scelta fosse stata quella giusta, annuì silenziosamente.
"Hai fatto la cosa giusta tesoro mio." Oyà l'abbracciò, rassicurandola e stringendola forte a sè.
Navir dal canto suo, si lasciò andare completamente alla presa affettuosa della zia e si rese conto, forse per la prima volta in vita sua, che quelle braccia erano da sempre state la prima e l'unica casa felice.

OLIMPO.

"Signore, non ho trovato tracce di Tradamar in tutta Ilang e le terre vicine." Aput era stanco, del volo e soprattutto di dover dare del "signore" a qualcuno che si meritava solo di essere chiamato verme. Tuttavia, il suo compito era quello di ubbidire nella speranza che prima o poi tutto sarebbe tornato alla normalità. Gli mancavano le grandi cerimonie divine, i pranzi sfarzosi, la pace che sovrana regnava sull'Olimpo. Mancava tutto.

"Sei un'incapace!" Delicato e gentile come al solito, Kokou lanciò uno dei vasi che aveva vicino. Si ruppe in mille pezzi e quel suono fu la colonna sonora che anticipò una delle nuove ferite sul viso di Aput.

"Con Tradamar in giro, non posso permettermi più alcun errore. Se quel mago mostrasse a Navir il libro degli antichi demoni, per me sarebbe la fine. Si.. sarà sicuramente questo il motivo per cui è stato richiamato alla vita! Deve esserci necessariamente lo zampino di quel mago da quattro soldi che gironzolava intorno alla sua casa, anni e anni fa." Pensieroso ed irato, Kokou camminava avanti e indietro, avanti e indietro, in cerca di un'idea geniale.

E poi eccola balenare nella sua mente, come se qualcuno avesse premuto l'interruttore.

"Aput, mio caro amico e servitore, ho un altro compito per te."

Quel povero messaggero sbuffò visibilmente, provò a spiegare al dio degli inferi che aveva bisogno di riposo ma quello, incurante della salute ormai precaria di Aput, lo ammutolì descrivendo il nuovo piano.

"Tu sei il messaggero degli dei, da sempre. Ti è, dunque, permesso l'accesso a Paraalang se non erro. Dovrai recarti lì, entrarvi e UCCIDERE la mia cara sorellina Oyà. Una volta che questa sarà fuori dai giochi, Navir sarà sicuramente disorientata e confusa, diventando più vulnerabile."

"E se mi rifiutassi?"

"Oh se ti rifiutassi? Dunque fammi pensare..di ucciderti non posso ucciderti ma.." Mise a cercare nelle tasche della sua veste, qualcosa che dava l'impressione di essere importante.

".. questo forse potrebbe convincerti. Che ne dici?" uscì dalla tasca una scatola piccola piccola, apparentemente insignificante, ma che ad Aput fece tremare le ali.

"La scatola infernale" disse con voce fioca e occhi sgranati.

"Eh già. Tu uccidi Oyà ed io ripongo questo piccolo giocattolino nelle mie tasche, altrimenti.. bhè, lo sai." Un ghigno perfido sopraggiunse sul volto di Kokou.

Aput abbassò la testa, sconfitto.

ILANG.

Quella notte, nulla fu come ci si aspettava a Paraalang; l'aria era stranamente più fresca del solito come se volesse preannunciare l'arrivo di una qualche sventura e gli uccellini, che erano soliti cinguettare tutta la notte, quella volta avevano deciso di assopirsi.

Oyà dal canto suo, non poteva prendere sonno. Si girava e rigirava tra le ruvide lenzuola senza trovare pace. D'improvviso udì un rumore, come il cigolio della porta di ingresso e pensò che forse Ocram avesse deciso di fare una passeggiata. Si convinse ad alzarsi, indossò i suoi scendiletto e si diresse verso l'uscio della casa. Realmente trovò la porta leggermente aperta, ma nel piccolo porticato tutto era tranquillo, fin troppo ad essere sinceri. Ad un tratto, si sentì il rumore di passi che calpestavano la terra umida; Oyà si voltò di scatto verso la fonte del suono e si trovò davanti un essere piccolo ma dal volto familiare.
"Aput, cosa ci fai tu qui?"
"Oyà. Mi dispiace."
"Per cosa?"
"Per quello che sto per fare."
"Cosa stai per fare?"
"Devo ucciderti. O muori tu oppure Kokou mi infilerà dentro una delle sue scatole infernali e tu sai che atroce destino sarebbe."
"Non puoi farmi questo, Aput! Navir, devo stare con Navir."
"Non credo che rimarrà sola."
"Aput per favore, no. Non farlo." Aput si dirigeva verso di lei, con passi lenti e tremanti; nella mano destra brandiva un piccolo pugnale. Si capiva perfettamente che non aveva nessuna intenzione di fare ciò per cui era stato mandato lì. Levò il braccio, pronto a trafiggerle il petto. I secondi scorrevano con lentezza, l'atmosfera si fece straziante.
Aput era sempre più vicino al corpo indifeso della donna.
In quei pochi secondi, la mente di Oyà vagò verso gli ultimi anni trascorsi con sua nipote. Il suo compito doveva essere quello di proteggerla ma adesso non stava avendo cura nemmeno di se stessa.
All'improvviso un dolore; sentì le sue membra lacerarsi sotto la leggera veste che portava. Ecco la fine di una dea che per amore aveva rinunciato alla sua immortalità e che per odio aveva perso la vita.
Un grido destò dal sonno Ocram, il quale accorse verso il portico e si trovò davanti il corpo di Oyà accasciato per terra.
Sopra la sua testa cadeva un cordicella, legata ad una campana. La suonò velocemente ed energicamente in cerca di aiuto, mentre lui teneva tra le braccia il corpo inerme della donna.
"Oyà! Oyà!"
Gridava e gridava invano.
Poco dopo accorsero tutti; i medici di Paraalang caricarono la donna su uno dei loro carri per spostarla velocemente verso la piccola clinica della scuola.
Navir era lì, incredula. Immobile.
Non riusciva a parlare, ad emettere un gemito. Non riusciva a piangere.
Sua zia, la donna che l'aveva cresciuta ed amata come una madre, era lì priva di ogni facoltà vitale. 

Un'altra vita per la mia.. 

Tornò in sé e cercò una soluzione. Non poteva morire, non doveva morire!
"Ocram chiama Rao, fallo venire alla clinica ti prego!" Balzò sul carro, sedendosi accanto al corpo di sua zia.
Il condottiero di quel piccolo carro, incitò i cavalli a muoversi il più veloce possibile.
"Zia, zia.. non andartene. Non puoi farlo adesso, ho bisogno di te." Le prese una mano e la strinse forte sul suo petto, sentendo ancora il calore familiare che da sempre l'aveva rassicurata.

Ora si, piangeva.

ILANG: Navir e l'eredità del dio.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora