CAPITOLO 10.

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Quella notte Navir ebbe gli incubi o forse doveva definirle premonizioni visto il suo super-potere. Aveva nuovamente visto se stessa con la spada in mano, il fuoco e il deserto intorno a lei. I cadaveri di giovani guerrieri erano stesi per terra e di fianco a lei, stavolta, c'erano due figure armate e imbracate di tutto l'indispensabile da guerra. Pensò che il futuro fosse leggermente cambiato dall'ultima volta e si rese conto che, forse, poteva fare qualcosa per evitare quella carneficina. E se fosse riuscita ad attaccare Kokou ancora prima che lo facesse lui? Ma come poteva, inesperta com'era? Sarebbero passati mesi prima che fosse pronta per combatterlo; anche se non pensava a sconfiggerlo, voleva quanto meno a farsi avanti. Quella stessa notte decise che l'indomani avrebbe parlato con Ocram e gli avrebbe chiesto aiuto. Finalmente, nelle mattinate si appisolò e riuscì a dormire ancora per qualche ora.
L'indomani mattina, quando il suono stridulo delle trombe la svegliarono come di consuetudine, si vestì in fretta e furia e corse dritta dritta verso l'alloggio di Ocram dove dormiva sua zia.
Bussò freneticamente alla porta e sulla soglia apparve Oyà con i capelli arruffati, gli occhi ancora socchiusi e una vestaglia che esaltava il suo fisico longilineo.
"E tu dormi così con Ocram che gironzola qua intorno? Stai per caso cercando marito, cara zietta?"
Oyà si stropicciò gli occhi e le rivolse uno sguardo accigliato che fece sorridere Navir.
"Entra, prima che ti do un ceffone cara nipotina".
Navir si apprestò ad entrare e a sdraiasi nel letto con la zia.
"Spero tu abbia una buona ragione per svegliarmi a quest'ora".
"Si zia, stanotte ho avuto una premonizione. In realtà era la stessa scena ma con elementi differenti. In battaglia non ero sola e c'erano più corpi distesi al suolo. Ho pensato che forse è il caso di chiedere ad Ocram di allenarmi in modo più veloce. Se potessi prendere alla sprovvista Kokou magari avrei una possibilità in più."
"Navir, ogni cosa che avviene qui è sotto gli occhi di Kokou. Dall'olimpo vediamo ogni cosa; certo non leggiamo il labiale e magari questa nostra conversazione non arriverà alle sue orecchie ma potrebbe benissimo capire il tuo piano e, allora, lui sarà pronto dieci volte più di te. Ricorda che è un dio con a disposizione un esercito di anime immortali."
"Si zia, ma io devo fare qualcosa. Quei corpi distesi al suolo che ho visto nel mio sogno erano tutti ragazzi di Paraalang; non posso permettere questa carneficina e non voglio".
"Non ne saresti responsabile, Navir." La zia la guardò con gli occhi pieni di amore e le sorrise. "Se ti fa stare meglio parla con Ocram, ma ricorda che ogni cosa ha i suoi tempi ed accelerare il tutto potrebbe causare danni irreparabili e conseguenze peggiori. Sii paziente."
"Va bene. Hai sentito dell'arma che mi ha scelto?"
"Si. Ma io già sapevo che quella spada aspettasse te."
"Come facevi a saperlo?"
"Sono una dea, ricordi?"
"Già, ma per me sei sempre mia zia." Le diede un bacio sulla guancia e si alzò dal letto. "Vado agli allenamenti, ti voglio bene."
"Mai di più di quanto te ne voglia io." Sorrise e uscì dalla porta.

OLIMPO.
"Aput, ti trovo in forma. Queste cicatrici ti donano molto sai? Te ne procurerei altre ma poi credo che perderei il mio messaggero preferito ed io non voglio che accada. Potrei anche essermi affezionato." Le mani giunte come un prete che prega, il sorriso malizioso sulle labbra e la voce tetra facevano da cornice all'imponente figura del dio. Aput dal canto suo, era ancora legato con delle catene a due pilastri e a guardia aveva due anime, dall'aspetto triste e malinconico. In realtà, nessuno di loro voleva compiere tali azioni né voleva uccidere o ferire, ma poiché ormai erano una proprietà esclusiva del dio degli inferi, non avevano altra scelta che ubbidire.
"Mi serve che porti a termine un lavoretto per il sottoscritto. Una cosetta da niente, semplice semplice." Iniziò a girare intorno ad Aput con fare arrogante. "Hai presente le tre sorelle?"
Aput sollevò il capo, preoccupato da quello che stava per essergli imposto.
"Vorrei che tu scendessi nella loro tana e le portassi qui da me, per favore dii loro di portare i fili d'oro soprattutto quello della mia amata nipotina."
Era evidente che Kokou aveva un piano, ma cosa poteva avere in mente? I fili d'oro non mostrano nulla a chi non ne detiene la proprietà, cosa poteva mai architettare quella mente malvagia?

ILANG.

I giorni passarono e gli allenamenti erano sempre più intensi.
"Forza Navir, mettiti sulla difensiva. Non guardarlo, non guardarlo concentrati sul combattimento."
Navir sferrava pugni e calci, ormai sapeva come impugnare la spada e come usarla. Non aveva più chiesto ad Ocram di velocizzare la sua preparazione e non se ne pentì affatto della sua scelta. Adesso sapeva attaccare, sapeva difendersi e impugnare una spada, la sua spada. Inoltre, aveva avuto occasione di allenarsi con Akram e di avvicinarsi a quel ragazzo che stava già occupando un posto speciale nel suo cuore. Sul fronte amicizia, aveva legato moltissimo con Aria e si sentiva in colpa per aver abbandonato la sua migliore amica sulla terra; chissà se l'avrebbe mai più rivista.
Il combattimento stava durando più del dovuto; Navir riusciva a destreggiarsi perfettamente sul suolo umido del grande prato. Adesso, inoltre, riusciva maggiormente a controllare la sua super forza e il super udito lo usava per sentire se Akram parlava mai di lei.
Il rivale indossava l'armatura per proteggersi dai forti colpi di Navir; quest'ultima indossava la normale uniforme della scuola e, di fatto, ne uscì illesa da quell'addestramento. Quando tutto finì, lei e il suo rivale si strinsero la mano in segno di amicizia.
"Complimenti, non avrei mai creduto di poter combattere con una donna tanto forte."
Navir arrossì e sorrise imbarazzata.
"Wolden ti sta facendo il filo lo sai?"
Dietro le sue spalle c'era Akram con un sorriso spiritoso stampato sulle labbra.
"Ti preoccupa la cosa?" Fece Navir con la speranza di ingelosirlo.
"No, tanto sono sicuro che qualsiasi problema saresti in grado di fronteggiarlo."
"Che tipo di problema?"
"Bhé, lui ha un po' la fama del donnaiolo. Molte ragazze sono state con lui e ne sono uscite con il cuore spezzato."
"Il cuore spezzato te lo ritrovi se provi dei sentimenti reali, se fosse solo un gioco ne usciresti illeso; non trovi?"
"Non ti facevo tipo da giochetti."
"Non mi conosci abbastanza, forse". Rigirò i tacchi e se ne andò. Corse da Aria per dirle di andare a pranzo, così le avrebbe raccontato dell'ultima discussione con Akram.
Quel ragazzo le piaceva ogni giorno di più ma si comportava sempre in modo ambiguo; un giorno è dolce e gentile e l'altro un menefreghista. Con tutte le cose a cui doveva pensare, ci mancava solo un ragazzo lunatico.
Dopo pranzo, Navir e tutti gli altri avevano circa un ora per riposarsi prima della nuova simulazione di combattimento con le armi. Si recò nella sua stanza con l'intento di riposare qualche minuto e non appena si trovò davanti al letto, vi si gettò a capofitto. I piedi con le punte fuori dal letto e la pancia schiacciata contro il materasso le davano un senso di rilassatezza assoluta. Le caddero gli occhi in un sottile filo bianco che brillava accanto al comodino. Navir si allungò per prenderlo, incuriosita da come era da quell'affare. Pensò che fosse una delle novità di Aria per attaccarsi i capelli o uno di quei fronzoli che usava come bracciali, ma questo brillava in modo del tutto innaturale per un ferma capelli o un pezzo da bigiotteria.
Quando Navir toccò quel filo, la sua stanza iniziò a roteare in un vortice confuso e si ritrovò nel bel mezzo di un campo deserto come quello della sua visione.

Si guardò intorno, preoccupata.

Che diavoleria è questa.

ILANG: Navir e l'eredità del dio.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora