(Castiel)Questo posto sa di naftalina, di stantio, di vecchiume. Non ti sorprende. È la classe di un vecchio professore borioso che insegna una disciplina che odi: legge.
Perché si ostina tanto?!, ti chiedi. Lo sa benissimo tuo padre che non sai usare le parole per esprimere un concetto, tu usi i polpastrelli. Non c'è bisogno di parlare quando c'è uno strumento da qualche parte, basta ascoltare e tutto diventa chiaro, nel bene e nel male.
Ami suonare qualsiasi cosa, te ne sei accorto quando eri ancora un bambino e inventavi sinfonie con bicchieri e posate. Avverti un tremolio nelle mani quando c'è qualcosa di accordato nella stanza e, una volta trovato, le dita guizzano per conto loro come mosse da una forza mistica.
Sarai un pessimo avvocato.
Ti sforzi di seguire la lezione. Prendi appunti sconnessi. Una parola qua e uno scarabocchio, una parola là e uno spartito improvvisato per il nuovo pezzo che tu e Lys state preparando.
Sarai decisamente un pessimo avvocato. Tuttavia, l'esame devi passarlo, altrimenti chi lo sente il PM Carter, tuo padre.
Ma in realtà il motivo per cui oggi sei particolarmente distratto è dovuto all'incontro con quella ragazza al World's End di Camden Town.
Eri seduto al bancone con la solita birra al malto, rimuginando su quanto fosse ingiusto che un uomo ultraventenne del XXI secolo non potesse scegliere da sé la propria vita. Finora non hai fatto altro che cercare di compiacere tuo padre, nella speranza che un giorno ti avrebbe apprezzato a sufficienza da lasciarti libero. Quel giorno, però, non è mai arrivato, e dal canto tuo hai perso persino la voglia di ribellarti.
Ti portasti il boccale alle labbra, inumidendole con la schiuma frizzantina, e scolasti l'intero contenuto d'un fiato. Sì, quella sera eri particolarmente depresso. Anche perché tu e Lysandre, il tuo migliore amico, avevate perso il vostro ultimo ingaggio a suonare dal vivo in uno dei locali più gettonati della città, sostituiti dall'ennesima band emergente, come voi, che chiedeva meno soldi.
«Un altro giro?», ti domandò la barista con fare provocante.
Mandasti giù l'ultimo sorso che tenevi ancora conservato in gola ed annuisti, «Riempi, Kim».
Lei sorrise, voltandosi verso il retro del bancone, per poi ricomparire davanti a te con una pinta ambrata straboccante dieci secondi dopo.
«Vuoi proprio fare il pieno stasera, Cass», affermò a metà tra il canzonatorio e il deluso. Ti stava compatendo?
«Brutta giornata?», continuò.
«No», sentenziasti freddo, mentre tracannavi l'ennesima bionda, «Ho solo voglia di sbronzarmi un po'».
«Vi hanno scaricati, vero?». Il suo atteggiamento da fidanzatina comprensiva cominciava a darti sui nervi. Siete stati a letto insieme una volta, una sola - e non puoi neanche dire che sia stata un granché come scopata - e da allora pretende di dover essere la tua confidente. Quando capirà che per te lei non è niente, se non della biancheria intima di pizzo dimenticataaccidentalmente sul parquet del tuo appartamento?
Era solo sesso!, vorresti sputarle in faccia, ma per qualche ragione a te sconosciuta non lo fai. Forse perché conosci Kim da anni e ti fa pena che si sia ridotta ad avere a che fare con vecchi ubriaconi per vivere; forse perché, effettivamente, con lei ci si può parlare; o forse, semplicemente, per tenertela buona, qualora ti servisse un'altra notte di sfogo.
Ti voltasti dall'altra parte, ne avevi già abbastanza delle sue inutili chiacchiere. Fu proprio in quel momento che una ragazza, pressa a poco della tua età, si appoggiò al bancone del pub, proprio di fianco a te, per ordinare tre drink.
Il suo profumo ti inebriò. Non era una fragranza dolciastra, fruttata o floreale tipica dell'eau de toilette da donna. Era un aroma deciso e delicato al contempo.
Non avevi mai odorato nulla di simile prima di quella sera. Forse non era neanche un profumo, più probabilmente era una lozione. Qualunque cosa fosse era un aroma magnetico.
Non ti rendesti conto subito di esserti avvicinato ulteriormente a lei, sinché ella non piantò i suoi occhi su di te. Erano scuri, abissali, un muro di buio invalicabile, di cui era impossibile decifrarne la profondità.
Quei frammenti di ossidiana levigata e lucida ti lasciarono senza parole, come nessuno sguardo prima di allora era riuscito a fare. Sembrava potessero scrutarti n—.
«Signor Carter», una voce baritonale, inconfondibile quanto irritante, ti discosta dal tuo rimugino, «Come al solito è immerso nel prendere appunti. Immagino sarà felice di riassumerci gli elementi con cui riconoscere una consuetudine nel diritto internazionale e il suo ruolo nello ius positum». I suoi occhietti infossati ti fissano sornioni da dietro gli occhiali retrò ed incrocia le braccia al petto, pregustando la tua imminente disfatta.
Serri la mascella, cercando di soffocare tutte le imprecazioni che ti sovvengono in mente, contornate d'insulti ed anche da qualche bestemmia. Quel pelato si diverte a farti dannare con i suoi tiri mancini, così da umiliarti pubblicamente e rifarsi contro tuo padre, che gli soffiò il posto - e la donna - in Magistratura trent'anni prima.
Fanculo!
Ti alzi all'improvviso, la base della panca sbatte contro lo schienale per lo scatto, raccatti il block-notes e i libri aperti a casaccio sul bancone universitario, li infili scompostamente nello zaino, ed esci con già la tua inseparabile sigaretta stretta tra le labbra, pronta a sedare il tuo nervosismo.
Eviti di sbattere la porta per educazione e ti avvii a passo deciso alla fontana del cortile centrale al campus, dove ti accomodi sul bordo in marmo silver leaf, ricevendo qualche schizzo d'acqua gelata. Benvenuto a cui rispondi con un paio di sbuffate di fumo e la rapida flessione di pollice, indice e medio per gettare la cenere nel liquido scrosciante.
«Sensibile all'ambiente come sempre, Castiel», ti rimprovera con un sorriso sghembo un giovane ben vestito, dal taglio irregolare tinto di un grigio argentato, che sfuma sul nero verso le punte, il suo sguardo gentile è caratterizzato da due iridi insolite, una smeraldina ed una ambrata.
«E tu sembri il solito damerino vittoriano, Lys».
La gola del tuo migliore amico emette una breve risata baritonale, quasi a sottolineare la verità nelle tue parole sul suo bon-ton nobiliare, tipico di chi deriva dall'antica e decadente aristocrazia britannica, «Quando non sai cosa dire...».
«Sì, sì...», sbuffi, «Allora, poeta, qualche novità con il testo della canzone?».
«Per ora ho pensato alla prima strofa e al ritornello, ma non mi convince. Forse è meglio partire dallo spartito».
«Spartito che ancora non c'è», il ragazzo ti lancia un'occhiata di disappunto, «Non avevo tempo. Sai com'è mio padre».
Lysandre sospira, sedendotisi accanto, «Già. Ti capisco. Almeno non rischi di essere diseredato per la tua natura».
Ridacchi amaro, «Fidati, ci manca poco».
Il finto albino ti sorride affabile, «Comunque...», comincia vago, «Come mai così distratto negli ultimi tempi?».
Serri la mascella ed abbassi il tono di voce, «Fatti i fatti tuoi, principino».
Scoppia a ridere di gusto, «Mi chiami sempre così, quando ti pungolo nel vivo».
Grugnisci, gettando il mozzicone esaurito nella fontana, giusto per fare un dispetto a Lysandre.
Ti rialzi, «E' ora di pranzo», lo informi, fissando l'ora sul cellulare e incamminandoti verso la caffetteria dell'istituto.
«In effetti sto morendo di fame», replica l'altro affiancandoti.
«Chi ti ha detto che sei invitato?».
Sbuffa un sorriso, «Sempre cortese».
Sorridi a tua volta, tirandogli una gomitata, per poi allungare la mano verso la porta a vetri del locale, ed entrare accennando un saluto al ragazzo in cassa, tuo compagno di corso. Il giovane risponde indicandovi il vostro solito tavolo, stranamente occupato da niente poco di meno che Rosalya, la quasi-cognata di Lys, beatamente concentrata nell'intavolare una conversazione con una ragazza di fronte a lei, di cui riesci a vedere solo la lunga chioma mora, che ricade a cascata lungo la schiena, mascherandone l'esile figura.
Sussurri un'imprecazione, detesti quando la gente si appropria delle tue cose. La tua routine è sacra e in essa rientra anche il tuo tavolo a pranzo.
Il tuo amico ti sorpassa, raggiungendo le due prima che tu possa esordire con qualche frase sgradevole. Lo vedi tendere la mano a stringere quella dell'interlocutrice di Rosalya e posarvi un bacio sul dorso, sfiorandolo appena con le labbra pallide. Non riesci a leggere bene l'espressione sul volto della ragazza, in parte celato dai capelli, ma ne distingui il profilo, caratterizzato dal naso leggermente aquilino e dalla bocca asimmetrica, accentuata dal labbro inferiore piuttosto carnoso rispetto a quello superiore. Una debole nuance rosata le colora le gote d'imbarazzo, nasconde la mano sotto al tavolo, non appena Lysandre gliela lascia.
Mentre ti avvicini, senti la risata cristallina di Rosalya riempirti le orecchie, accompagnata dalla frase: «Sei adorabile, Azzurra».
Azzurra.
Il suo nome rimbalza nei meandri della tua mente, andandosi a infilare dove risiede la memoria, luogo da cui difficilmente sfuggirà, perché è proprio nel momento in cui hai udito pronunciarlo, storpiato da quella forte cadenza inglese, che l'interpellata si è voltata verso di te e il suo sguardo ha incrociato il tuo, lasciandoti ammutolito.
La ragazza del pub.
Passa un tempo incommensurabile nel quale non hai mai spiccicato parola, impalato a fissarla smarrito. Sembra che il tuo cervello abbia smesso improvvisamente di funzionare, immobilizzandoti lì sul posto, come un robot con le batterie scariche.
«... As... Ca...», sbatti più volte le palpebre, con forza, e ad ogni battito di ciglia un senso alla volta si risveglia, riportandoti alla realtà.
Il primo è l'equilibrio, a mano a mano ricominci a sentire la presenza del tuo corpo e i piedi ben incollati al pavimento dalla forza di gravità.
Il secondo è l'olfatto, di nuovo il profumo fiutato quella sera investe le tue narici, riempendoti i polmoni.
Il terzo è il tatto, percepisci un sottile velo di sudore freddo imperlarti la nuca, protetta dalle ciocche vermiglie che ti solleticano le spalle, sensazione che si unisce al calore violento che avverti all'altezza delle guance, mischiandosi e scontrandosi tra loro.
Il quarto è il gusto, senti la lingua impastata e gonfia, fatichi a deglutire.
L'ultimo è l'udito, i suoni circostanti ritornano ad affollarti la mente, dandoti lo scossone decisivo per tornare cosciente e renderti conto dell'immensa figura di merda che hai appena fatto.
«Cass, ti senti bene?», chiede Lysandre, posandoti una mano sulla spalla.
«Hai visto un fantasma per caso, Carter?», ti apostrofa Rosalya, inarcando un sopracciglio, espressione che rivedi sul viso di Azzurra, perfetto specchio dell'amica.
«Scusami...», riesci finalmente a dire, ancora non pienamente in te, «...è che non pensavo ti avrei mai rivista».
Le labbra a bocciolo della mora si increspano in un broncio, «Nemmeno io», replica e il tono della sua voce è così gelido da farti salire un brivido lungo la spina dorsale, «E, sinceramente, speravo di non rincontrarti mai più». Quell'ultima frase ti colpisce come un pugno dritto allo stomaco, rompendo definitivamente quello stato di semi-trance in cui ti eri bloccato.
Azzurra si volta in direzione di Rosalya, lanciandole uno sguardo d'intesa tipico femminile, a cui prontamente l'altra risponde: «Non dirmi che...».
«Già».
In un istante, Rosalya mette insieme i tasselli di un discorso a te ignoto, e storpia il suo bel faccino in una manifestazione di biasimo, per non dire di puro disgusto, «Il marpione del bar... Chissà perché non mi sorprende».
Ci vogliono un paio di secondi prima di capire la piega che la situazione sta prendendo e cogliere l'insulto, Mar-marpione? Marpione?!
«Che cazzo stai dicendo, Rosa?», sbotti.
Di rimando l'interpellata ti guarda con sufficienza, «Sei il tizio che continuava a mandare drink offerti al nostro tavolo venerdì sera al World's End, non è vero?», la guardi senza comprendere, «Avrei dovuto capirlo che eri tu, quando Azzurra ha detto che un "tipo brillo tinto di rosso la stava fissando dal bancone, come un nomade nel deserto fissa un'oasi"», cita.
«I-io volevo solo...», balbetti.
«Volevi cosa, oltre a importunarmi e rovinarmi la serata?», gli occhi neri di Azzurra lampeggiano nei tuoi rabbiosi, «Portarmi a letto? Beh, hai scelto la ragazza sbagliata».
«Aspetta», dici, prendendo posto sulla sedia accanto a lei, «Volevo solo conoscerti».
«Mi spiace, ma io non sono interessata a conoscere te. Mi è bastato sentire uno stralcio di conversazione tra te e la barista, per capire che razza di persona sei».
Avverti la rabbia iniziare a farsi spazio dentro di te, facendoti ribollire il sangue, «E che razza di persona sarei?», affili lo sguardo.
«Uno che gioca coi sentimenti delle ragazze, che pensa che siamo tutte da una botta e via».
Immediatamente tutta quella collera che stava montando nel tuo essere scompare, schiacciata da un umiliante senso di colpa,Ha capito che mi sono scopato Kim e che non me ne frega assolutamente nulla di lei, solo da quel breve scambio di battute?
La vedi prendere il tovagliolo da sopra le gambe e poggiarlo sul tavolo, i tuoi occhi seguono ogni suo movimento mentre afferra la borsa da dietro lo schienale, tira fuori il portafogli, da cui estrae delle banconote che, a sua volta, lascia sul tavolo, per poi, alzarsi, recuperare la giacca e, rivolgendosi esclusivamente a Rosalya, confessare: «Mi è passata la fame», s'infila la tracolla, «Piacere di averti conosciuto, Lysandre». Ti riserva un'ultima occhiata sprezzante e infine se ne va, abbandonandoti in quel clima pesante e angusto, ricco di disagio.
Scuotendo la testa, Rosalya imita i gesti di Azzurra, con l'unica differenza che recupera i soldi di quest'ultima e, guardandoti dritto in faccia, afferma: «Dopo questa figuraccia, il minimo che puoi fare è offrirci il pranzo». Detto questo, se ne va ancheggiando a passo svelto, probabilmente per raggiungere l'amica.
Cala il silenzio e insieme ad esso il tuo sguardo, che va a posarsi sulla sedia dove poco fa era seduta Azzurra. È Lys a romperlo con la sua melodiosa voce, ridotta in un tono di rimprovero, «Castiel, sei un coglione».
Lo so.
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木漏れ日 - Luce che filtra tra le fronde (Dolce Flirt)
FanfictionIl liceo è finito ed è tempo di guardare al futuro e decidere cosa fare delle propria vita. E' con questa idea che Azzurra si trasferisce in Gran Bretagna, per frequentare l'università e cominciare così una nuovo capitolo della sua storia, quello c...