20. Per quanto dobbiamo andare avanti così?

19 1 0
                                    

(Armin)

Stai premendo compulsivamente i pollici e gli indici sul controller della playstation. Le dita scandiscono l'incessante susseguirsi di attacchi, parate, rotolate che obblighi il tuo PG8 a eseguire in sequenza. Attacca, schiva, attacca, poi rotola, allontanati e curati, ripeti da capo.
L'agitazione e il nervosismo sono direttamente proporzionali allo scorrere del tempo, che sempre di più ti fa trattenere il respiro e ti attorciglia le budella su loro stesse. Il boss con cui stai combattendo è davvero tosto, ti ha battuto innumerevoli volte, ma mai, mai, ti sei dato per vinto, anzi, ogni volta che si attiva la boss-fight ti senti sempre più carico e volenteroso, e, finalmente tutta la tua forza di volontà sta per essere ripagata, lo stai buttando giù quel gigantesco cavaliere barbuto incappucciato di rosso, stavolta. La punta della lingua fa capolino fuori dalle labbra contratte in un'espressione di pura concentrazione, e le dita pigiano sempre più nevroticamente sui tasti del joystick, che avvicini sempre più al petto, come se la vicinanza aiutasse ad aumentare la forza che metti nei fendenti con cui trafiggi Gael9.
Strizzi gli occhi di ghiaccio, i pollici dolgono dallo sforzo - se non ti viene la tendinite stavolta, non ti verrà mai -, quando un suono acuto ti distrae.
Dannazione, non adesso...
Imperterrito continui a premere X, cerchio, R1, schiva, ora colpo caricato.
Manca poco.
Manca davvero poco, ma il trillo del campanello non vuole cessare di suonare, anzi, diventa sempre più insistente, fino a interrompersi per mutare in un bussare frastornante.
E che cazzo, mi butterà giù la porta!
Hai già capito di chi si tratta, c'è solo una persona al mondo che ti conosce così bene, da sapere che se non rispondi al campanello, non è perché non sei in casa, bensì perché stai giocando ai videogames.
Ti alzi dal divano sbuffando, lanci il controller tra i cuscini, tanto ormai la tua rivincita contro Gael è andata a farsi benedire, e, soffocando qualche imprecazione tra i denti, vai ad aprire la porta, già pronto a dare il benvenuto al tuo gemello mediante la tua lingua piccata.
Ha perso di nuovo le chiavi, ci scommetto.
Ma il pessimo esordio muore sul nascere, non appena vedi il volto di tuo fratello inondato di gocce salate, che sgorgano dalle palpebre inferiori come cascate.
Lo fissi allibito, non avevi mai visto in vent'anni di vita tuo fratello così sconvolto, di solito sono le risate a sformare il suo volto, non le lacrime.
«Alexy...».
Al suono del suo nome il ragazzo ti si getta sul petto magro, avvinghiandoti le spalle sulle quali riversa un pianto disperato. Tra i singhiozzi, riconosci chiaramente una frase: «H-ho f-f-fatto una c-cazzata!».
Lo tiri all'interno dell'appartamento, scortandolo in direzione del divano, «Non parliamo sulla porta, siediti». Poi ti avvii in cucina, dove recuperi un bel bicchierone d'acqua, che gli porgi accomodandoti al suo fianco e domandandogli: «Che hai fatto?».
Alexy ti guarda per un solo atroce istante, prima di rigettare gl'occhi mesti, duri e lucidi come caramelle, sul bicchiere stretto tra le mani tremanti, ma fu sufficiente a freddarti come un colpo di pistola con silenziatore. Non senti lo sparo e quando te ne accorgi è troppo tardi, la pallottola ti ha già trafitto la carne e raggiunto il cuore.
Esita prima di sputare tra i denti: «Ho baciato un altro».
Ti ci vogliono un paio di secondi prima di assimilare il messaggio, «Cosa?».
No, non è possibile. Devo aver sentito male. Alexy non tradirebbe mai Lys, non ha avuto nessuno a parte lui.
«Ho baciato un altro», ripete amaro, «Un mio compagno del corso di Inglese», specifica.
«Quello che si era perso per il campus?».
«... Sì».
Poggi i gomiti sulle ginocchia, raccogliendo il capo tra i palmi, il ciuffo corvino ti ricopre le iridi glaciali come una calda ma pizzicante coperta di lana. Ti prendi del tempo prima di replicare, non vuoi risultare troppo brusco o insensibile, non quando tuo fratello è in frantumi davanti ai tuoi occhi impotenti, non vuoi che la tua connaturata schiettezza ferisca i suoi sentimenti.
«Com'è successo?», chiedi finalmente, ritornando a guardarlo in faccia, sebbene Alexy non abbia il coraggio di sostenere l'occhiata.
«È stato tutto così improvviso... Le cose con Lys non vanno affatto bene, oggi non facevo altro che pensarci e... e lui era lì e...», gl'occhi gli si colmano nuovamente di goccioloni salati, rompendogli la voce, si stringe una ciocca azzurra tra le dita, «Ed è successo», respira pesantemente, «Quando me ne sono reso conto, era troppo tardi, il danno era fatto».
Esali un sospiro, fissandoti la punta dei piedi velati dai calzini di cotone blu scuro a righe sottili viola e grigie. Ti basta il silenzio di Alexy su di essi a farti capire la gravità della situazione, non che non fossi a conoscenza dei risaputi dubbi che il ragazzo nutre nei confronti del cantante, cosa di cui non ti ha mai fatto mistero e che sempre ti ha fatto stringere i pugni dalla collera, ogniqualvolta il tuo sguardo artico si posasse sull'allampanato lord.
Lysandre tiene ad Alexy, ne sei convinto, ma la sofferenza che gli arreca e così immane e radicata che mai gli concederai il tuo perdono, neanche se ti s'inginocchiasse davanti piangendo sangue; non gli correresti incontro per salvarlo da un lupo, troppa sofferenza ha donato al tuo gemello velata da teneri Ti amo, fin troppo innamorato e dipendente per lasciarselo alle spalle in nome della propria serenità e della propria dignità. Troppe volte hai udito vostra madre singhiozzare tra le braccia di vostro padre, sentendosi colpevole per non essere riuscita a proteggere il loro adorato e fragile figlio da una relazione velenosa, che ha reso Alexy un servile sottoposto, schiavo di un amore che alla fine non si può definire tale. Quando uno dei due ha tutto e l'altro niente, se non qualche contentino notturno, non è amore.
Mentiresti se dicessi che non hai mai desiderato che i due si lasciassero. Eccome se lo hai desiderato. Quello o che Lysandre facesse coming out. Ed è per questo che non ce l'hai con Alexy per il suo errore, un gesto che non consideri tale, ma che, anzi, osservi implorante, mosso dalla speranza che, forse, finalmente tuo fratello possa liberarsi da questo fardello, che mano a mano lo sto consumando.
Gli posi una mano sulla spalla, conciliante, e lo avvicini a te, lasciando che Alexy appoggi il capo nell'incavo tra il tuo collo e deltoide, luogo in cui esala un profondo sospiro, spezzato dal pianto ormai esaurito, «Andrà tutto bene, Al», odi un singulto, «Le cose si sistemeranno. In un modo o nell'altro starai di nuovo bene», Anche se questo vorrebbe dire rinunciare a Lys, ma quest'ultima considerazione preferisci tenerla per te.
Il tuo gemello annuisce, non può fare altro oltre a stringersi di più a te, inumidendoti la camicia grigio chiaro, sfrega appena indice e pollice sul tessuto della manica arrotolata fino al gomito, affermando monocorde: «Non dovresti portarle così, le rovini».
Sbuffi un sorriso: tuo fratello è tornato, «Dovresti andare a riposarti un po'».
A quel suggerimento Alexy solleva la testa dalla tua spalla e lancia uno sguardo indiscreto al corridoio che porta alle camere da letto, «Sei solo?».
«No, sta dormendo».
«Vuoi che vi lasci un po' di privacy? Posso andare da Ro- ».
«Non ti preoccupare, Al, sei mio fratello e questo è anche il tuo appartamento, non solo il mio».
Il turchese esita nel rispondere.
«Ti preparo la boule dell'acqua calda». È una cosa che ha sempre calmato Alexy. Non sai perché, ma stringersela al petto, beandosi del suo tepore lo rilassa, ed anche la peggiore delle giornate assume un significato nuovo, più lucido.

木漏れ日 - Luce che filtra tra le fronde (Dolce Flirt)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora