23. Mettersi a nudo

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(Azzurra)


Tre settimane.
Questo c'era scritto sul copione di Moulin Rouge.
Tre settimane di estenuanti prove nella stanza insonorizzata di Castiel.
Tre settimane di sguardi invaghiti, dichiarazioni bisbigliate e baci scenici appassionati, sempre sotto la stretta sorveglianza del rosso e qualche volta del suo fidato mastino.
Strano che non lo abbia mai aizzato contro al suo migliore amico nei momenti di più struggente complicità, per averti accarezzata, toccata come mai un fidanzato vorrebbe veder fare sulla ragazza che ama da mani altrui. Sei certa che in più di un'occasione l'idea abbia solleticato la sua mente e ancora di più la sua lingua, a cui sarebbe bastata un semplice movimento, unito all'emissione delle corde vocali, per dare avvio al massacro.
Sicuramente il legame che unisce i due giovani è così profondo da sedare i bollenti spiriti dell'avvocato; sicuramente la consapevolezza che sia solo "lavoro" ha contribuito; ma la cosa più sicura di tutte è che sia stato l'orientamento sessuale del cantante ad aver smorzato, più o meno, la tensione - non che in caso contrario Castiel avrebbe avuto tanta scelta.

Non puoi fare a meno di considerare Lysandre come un gran baciatore, senza nulla togliere al tuo irascibile ragazzo, sia chiaro. Il ventunenne argenteo non c'entra proprio nulla con il modo in cui il cinabro incastra le labbra alle tue, la sua lingua non ha nulla a che vedere con la focosità che ha quella del chitarrista. Manca di sentimento, e ciò fa la sua parte, ma nonostante questo i suoi baci sono carezzevoli, coinvolgenti, ti guidano come se danzassero e tentassero di insegnarti i passi d'un valzer veloce e spigliato, ma anche languido e sentimentale che riconosci essere il reale animo di Lysandre. È innegabile che sia un essere perfetto, troppo perfetto. Così perfetto da essere fin troppo facile da spezzare, come una statua: basta lanciare una pietra per deturparla. E in qualche modo, proprio attraverso i suoi baci, così impersonali nei tuoi confronti seppure così abili, hai cominciato a notare un mutamento in lui, una debole furia mista a tristezza che pian piano, ad ogni prova, ad ogni sfioramento di bocche, diventa via via più presente e opprimente, frustrante, caustica, dissacrante per la figura eterea che appare essere Lysandre.
In tre settimane la parete ben tinteggiata che è il giovane, giorno dopo giorno, bacio dopo bacio, ha iniziato a sgretolarsi e a mostrare un muro contaminato dalle macchie ricottose e maleodoranti di una muffa che tutto depreda, che tutto consuma e soffoca, come l'edera sul tronco dell'albero, parassita della vita.
Non hai più dubbi, è successo qualcosa, ma non hai il coraggio di pronunciarti, di donargli conforto. Infondo lo conosci ancora poco, il timore di risultare inopportuna è troppo astante, troppo vivido, perciò taci e osservi. Puoi fare solo questo: stargli accanto in silenzio.
È sotto il tuo sguardo combattuto che l'attore si rimette la giacca e vi dà appuntamento ai provini che si terranno il giorno seguente, inghiottito dal buio della notte.
«Che hai? Sei stata strana tutta la sera», domanda Castiel una volta rimasti soli.
Attendi qualche istante prima di rispondere e quando lo fai la tua voce è lapidaria, persino tu stessa fatichi a riconoscerti in quel tono, «Lysandre ha qualcosa che non va».
Il giovane ti guarda sconvolto, «In che senso? È successo qualcosa?».
«Non lo so, ma mi è sembrato diverso», prendi una pausa per poi aggiungere, «Nei suoi baci c'era tanta rabbia».
«Magari ha litigato con A-», ti guarda stralunato, «Aspetta, cosa?!».
Ruoti il collo per guardarlo scherzosa, poi ti avvicini, sali sulla punta dei piedi, aggrappandoti ai suoi avambracci per non perdere l'equilibrio, e, raggiunte le sue labbra, mormori sensuale: «Gelosone».
L'espressione livida del rosso cambia istantaneamente colore, il grigio intenso dei suoi occhi vacilla, mentre si rifugiano a guardare altrove, «Non è divertente, ragazzina».
Appiccicandoti di più a lui, che istintivamente ti sostiene per la vita, inarchi la schiena per stabilizzare il baricentro e gli raccogli il volto tra le dita sottili, impedendogli di distogliere lo sguardo dal tuo, «Lysandre è gay», puntualizzi.
Sospira rumorosamente, «Lo so, ma non mi piace quando toccano le mie cose», corrucci le sopracciglia, «Non prenderla male», s'affretta a spiegare, prima di combinare qualche guaio, «Ovviamente non ti vedo come un oggetto, o come se mi appartenessi. È...», non trova le parole, «... è che vorrei che certe attenzioni fossero una mia esclusiva...».
Lo zittisci posandogli indice e medio sulle labbra, è così impacciato da intenerirti, «Ho capito cosa vuoi dire», lo guardi indulgente e, prima di interrompere il discorso con un amorevole bacio, affermi: «Sono tutta tua».
Ti vezzeggia la punta del naso con la sua, «Ti senti pronta per domani?».
Accosti l'orecchio al suo torace, stringendo forte gli arti attorno alla sua vita solida, «Sì, ma sono agitatissima».
Castiel ti carezza premuroso le spalle, «Ti daranno la parte di sicuro».
Alzi lo sguardo per guardarlo meglio negl'occhi e cogliervi un qualunque accenno di bugia bianca, il tentativo di rassicurarti senza che creda davvero alle sue stesse parole; sorridi internamente quando non li trovi, «Come lo sai?».
«Ti sei impegnata così tanto, sarebbero degli idioti a non dartela».
«Purtroppo, non conta solo l'impegno in queste cose, né il talento. L'aspetto fisico è fondamentale».
«Per me sei bellissima», sorridi imbarazzata dal complimento, «E quando arrossisci per le mie parole lo diventi ancora di più».
«Una cortigiana non dovrebbe esprimere tenerezza».
«Sai essere molto sensuale».
Sbuffi scettica, «Cass, non raccontarmi palle», ti distacchi bruscamente da lui per fronteggiarlo, «Guardami: sono bassa, sono piatta, sembro molto più giovane di quanto non sia. Per interpretare una ragazza normale vado bene, ma per Satine...», scuoti la testa sconfortata.
All'improvviso il giovane t'acciuffa la mano, ti trascina a passo di marcia fuori dalla camera insonorizzata ed entra nella stanza adiacente, che scopri essere una cabina armadio notevolmente ordinata per essere utilizzata solo da un uomo. Castiel è più preciso, pignolo e dai gusti raffinati di quel che voglia lasciar intendere, e per un attimo riesci perfettamente ad immaginartelo mentre si annoda una vistosa cravatta attorno al colletto della camicia fresca di lavanderia, mentre sigilla i gemelli ai polsini e indossa la giaccia del suo completo elegante, pronto a entrare in tribunale. Basterebbe far sparire la tinta rossa e pettinargli i capelli all'indietro, fissati con un poco di gel, aggiungere una corta barba curata e il gioco sarebbe fatto: un perfetto avvocato. Devi ammettere che l'immagine non ti lascia indifferente, hai sempre avuto un debole per gli uomini in giacca e cravatta.
Castiel ti posiziona davanti a quello stesso specchio in cui hai fantasticato si riflettesse, dietro di te la sua testa fa capolino senza indugi sopra la tua, sorpassandola non poco, le sue mani sicure disegnano le linee curve dei fianchi senza remore, facendo pressione sugl'abiti per evidenziare il più possibile le tue fattezze, «Guardati, hai tutto al posto giusto».
«Bel tentativo», bofonchi pronta ad avviarti verso l'uscita, ma la presa forte del ragazzo ti trattiene.
«Posso?», chiede, alzando un poco verso l'alto l'orlo inferiore della maglia in filato bianca. Lo fissi tramite lo specchio, sollevando le braccia sopra la testa, mentre percepisci il tocco dei suoi palmi percorrerti i fianchi a ritroso attraverso il morbido tessuto; il capo viene liberato con facilità grazie allo scollo a barca, contornato da micro-borchie argentate.
Castiel ripone l'indumento sul bancone in legno ziricote​12 rivestito in cuoio al centro della stanza, poi torna a sfiorarti la pelle denudata e calda, bollente, che rabbrividisce contro i suoi polpastrelli gelati, mentre sfilano il bottone metallico dall'asola e abbassano la zip dei jeans chiari.
Le sue mani lisce e grandi, dalle dita così lunghe da coprirti gran parte della coscia, liberano con tormentosa e dolce calma le gambe; s'inginocchia ai tuoi piedi, reggendoti un polpaccio alla volta, mentre leva ciò che rimane intorno alle caviglie, ogni tanto ti solletica l'epidermide ultrasensibile con le labbra, provocandoti innumerevoli pizzicori.
Infine, si rimette in piedi alle tue spalle, «Ora lo vedi quanto sia bello e armonioso il tuo corpo», passa un dito lungo il profilo della spallina della canottiera satinata bronzo, che scivola giù a mostrare quella del reggiseno abbinato, fino a raggiungere la coppa, «Non sono grandi, ma hanno una bella forma», i palmi ritornano sul ventre, «e sono adatte alle tue curve», poi sui femori, lambendo i glutei sodi, «Hai delle gambe meravigliose, così lunghe per la tua altezza».
Posi le mani sulle sue - la differenza di dimensione è lampante -, e le guidi fino all'attaccatura del bacino, «Ho le anche alte rispetto al tronco».
«Con il corsetto, le culotte, i tacchi e le calze a rete sarai un autentico oggetto del desiderio».
«Se ti piacciono le bambine...».
«Con il trucco giusto anche il viso più angelico può diventare quello di un demonio».
Non sei molto convinta, ma una cosa devi concedergliela: Castiel è appena riuscito a farti sentire la ragazza più sexy dell'universo; e non puoi nascondere che una certa spinta erotica si sia fatta strada dentro di te per tutta la lenta e provocante dimostrazione. Situazione che ti lascia, tuttavia, a bocca asciutta. Qualcosa non quadra. Tu sei troppo nuda, mentre il chitarrista non lo è a sufficienza.
Ti volti verso di lui, incatenando il suo cinereo e incuriosito sguardo al tuo enigmatico. Senza proferir parola, insinui le mani sotto la sua t-shirt grigia, che nasconde malamente i tatuaggi che adornano le braccia ginniche, e la sollevi spingendolo a sedersi sul puff accanto al bancone, è troppo alto perché tu riesca a sfilargli la maglietta stando in piedi, e anche così hai qualche difficoltà a far passare la testa da una parte all'altra del girocollo.
Un po' per l'agitazione, un po' perché non vuoi emularlo esageratamente, molli la presa sul capo d'abbigliamento che atterra ai piedi del giovane, totalmente in balia di te.
Tracci il contorno dei suoi pettorali, seguendone la linea centrale, sentiero naturale verso la colonna del piacere; rasenti così lievemente il sottile strato epidermico che ricopre gli addominali, che se non udissi nel silenzio, tombale e carico di aspettativa, il fruscio delle unghie a mandorla sulla sua pelle, penseresti di non toccarlo affatto, ma sono i suoi scattanti sobbalzi e darti conferma del contrario.
Dulcis in fundo, rimuovi i pantaloni neri, movimento che, ormai al limite, Castiel t'impedisce di completare dando dei forti scossoni al tessuto, intrappolato attorno le caviglie.
Una volta finito, lo inviti a rimettersi in posizione eretta - non unica sua cosa eretta in questo momento - e lo tiri ad osservare le vostre immagini riflesse nello specchio a parete, «Siamo belli insieme, non trovi?». Ti accoccoli al costato di lui, che non perde tempo a circondarti la vita sottile con il braccio, tastandoti bellamente il fondoschiena. Direi che puoi concederglielo dopo tutto quello che sta facendo per te.
«Sì, lo siamo», appoggia il mento tra i tuoi capelli mori, così lunghi da celare i seni come tende, «Azzurra, so che hai i tuoi tempi e non voglio assolutamente metterti fretta, ma ti andrebbe di passare la notte qui?».
Lo osservi impietrita nello specchio, non sei ancora pronta a concederti, a spogliarti totalmente delle tue insicurezze, a mostrarti nuda sia dentro che fuori, è troppo presto per te. Tuttavia, nonostante l'eccitazione che ancora gli rigonfia i boxer, non vedi doppi fini nelle sue pallide iridi di luna, solo un pressante desiderio di tenerti lì, accanto a sé, di stringerti e non lasciarti più andare; l'implorante muta richiesta di non lasciarlo solo, non adesso che ha finalmente trovato qualcuno con cui sta così bene.
Sorridi accondiscendente, abbracciandolo e girandoti a guardare il Castiel in carne ed ossa e non la copia riflessa, «Va bene, amore».
A quella risposta, il viso del ragazzo si rischiara di una luce nuova, diversa che lo irradia e ne scioglie l'espressione, solitamente imbronciata, come non mai, «Ti preparo qualcosa per dormire. Ma prima... devo andare in bagno».
Sogghigni, «Fai con calma».


[12]Anche conosciuta come Cordia dodecandra, è una pianta dell'America centrale, da cui si ricava un legno brunastro con venature chiare/scure, a volte in combinazione con il giallo. E' un legno duro con particolari venature decorative, struttura molto vivace con forme molto simili al palissandro. Viene spesso utilizzato in ebanisteria, per costruire manici da coltelli e strumenti musicali.

木漏れ日 - Luce che filtra tra le fronde (Dolce Flirt)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora