14. Non so scegliere

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(Priya)

Riponesti il portatile nello zaino, mentre salutavi dei tuoi conoscenti, intenta a lasciare la biblioteca e recarti alla lezione del professor Hopkins, l'insegnante di diritto internazionale, la tua materia preferita del corso.
«Ci vediamo a pranzo, Priya?», ti chiese Chani, una ragazza smilza e minuta, coi capelli ossigenati, tagliati a caschetto e sfumati verso le punte di rosa. Se non fosse per il rossetto nero, gli occhi azzurrissimi risaltati dall'ombretto scuro e gli abiti attillati del medesimo colore, sembrerebbe una bambina, una bambola di porcellana. Non ti stupisce affatto che sia una studentessa della magistrale di Arte moderna e contemporanea, conosciuta per caso grazie a Violet.
«Certo. La mia lezione finisce all'una».
«Io ho finito adesso, non ho più lezioni fino a tardo pomeriggio. Ci troviamo direttamente in caffetteria verso le 13.20?».
«Va bene», le sorridesti gioviale, «A dopo!».
È a questo che pensi, fissando la lancetta dei secondi scorrere sul quadrante metallico del tuo orologio da polso. Come al solito Chani è in ritardo, non ti infastidisce più di tanto, ormai ci sei abituata alla sua poca puntualità.
La tua amica è un'artista, un animo iperattivo e libertino sotto la costante influenza delle sue pulsioni, sempre pronte a captare stimoli e intuizioni per nuove opere e folli idee. E, in quanto tale, essere rigorosa (e in orario) non è di certo una sua prerogativa, né tanto meno una caratteristica intrinseca, semmai l'opposto.
Chani – come già una volta disse lei stessa, strappandoti una risata – rientra nella definizione di Gandalf il Grigio che recita: «Un mago – o nel caso della tua amica, un artista – non è mai in ritardo, né in anticipo. Arriva esattamente quando intende farlo».
Grazie, Tolkien, per averle dato un pretesto per giustificare la mancanza di precisione e correttezza.
Conoscendola, probabilmente si è lasciata prendere così tanto dall'ennesimo ripasso dell'ultima lezione del professor Lembard, da essersi dimenticata del vostro appuntamento. Ma proprio quando stai per andartene, ti senti chiamare a squarciagola da lontano. Individui subito i fili chiari della sua capigliatura ondeggiare ritmatici, seguendo l'andatura a cui il suo corpo si presta, sbilanciato da qualcosa che si trascina dietro. O meglio, da qualcuno.
Non riesci a vedere immediatamente di chi si tratta, ma poi riconosci i capelli eliotropo di Violet, intrecciati in morbide trecce ai lati, ormai guastate dalla corsa.
«Scusami tanto per il ritardo, Priya!», esordisce Chani con l'affanno, «Stavo studiando in biblioteca ed ho perso la ricognizione del tempo – Come sempre, pensi, ridendo sotto i baffi – Menomale che è arrivata Violet, altrimenti sarei ancora lì ad ammirare la Cupola del Brunelleschi sul libro di testo», gli occhi della coetanea si illuminano e allargano così tanto, da assumere una forma strana, oseresti dire a cuore, tanta è la passione con cui parla di architettura, «Ti dispiace se si unisce a noi?».
«Assolutamente no, sono sempre felice di vedere i vecchi amici del liceo», affermi, avvicinandoti alle ragazze, «Come stai, Violet? Non siamo più riuscite a beccarci dopo la serata a casa di Rosa».
«Bene, grazie», risponde arrossendo, timidezza connaturale nella giovane.
Sorridi, girandoti verso l'ingresso della mensa.
Una volta dentro, prendi un vassoio, lo ricopri con una tovaglietta di carta, estrai le posate dall'apposito contenitore e ti metti in fila. Il menù del giorno prevede tre varianti di primo: riso al curry, spaghetti al pomodoro e polpette – arricci il naso, solo gli anglosassoni possono pensare che si faccia così la pasta alla bolognese, riflessione che ti fa pensare immediatamente ad Azzurra e al fatto che avrebbe detto la stessa cosa, se fosse stata presente – e riso venere con zucchine e gamberetti; mentre come secondi ci sono arrosto, orata ai ferri e spezzatino.
Opti per il riso venere, una bacinella di insalata e della frutta. Se avessi voluto il riso al curry te lo saresti preparato da sola, quello scolastico non sarà mai buono come quello preparato da una vera indiana.
Fortunatamente, siete giunte in caffetteria verso l'orario di chiusura, la gran parte degli studenti ha già usufruito del servizio, e dinnanzi a voi innumerevoli tavoli vi offrono i loro servigi.
State per accomodarvi ad uno dei tavoli che dà sulla piazza interna del campus, chiacchierando del più e del meno, quando scorgi la folta capigliatura vivace di Castiel e quella spenta di Lysandre al suo fianco, a qualche tavolo di distanza. Non riesci a udire che cosa si stiano dicendo dalla tua posizione, ma li senti ridere, vedi lo scrittore lanciare sguardi eloquenti all'amico musicista, occhiate a cui l'interpellato risponde con altrettante occhiate di sbieco, ostentando un fastidio apparente.
A un certo punto, noti il tuo compagno di corso voltarsi di scatto verso qualcuno di fronte a lui, una persona che non riesci a intravedere, nascosta dalla muraglia invalicabile di schiene che sono i due giovani. Finché, dopo un movimento del rosso, appoggiatosi scompostamente allo schienale della sedia, non individui Alexy e Azzurra.
Quest'ultima fissa Castiel da sotto le lunghe ciglia incurvate dal mascara e un dolce sorriso le compare sul viso, mentre lui ricambia il suo sguardo, dicendole in seguito qualcosa che provoca una pernacchia dalla matricola e una risata generale.
È in quel momento che si accorge di te, donandoti un grande sorriso e salutandoti con la mano. Si alza per raggiungerti tutta pimpante. Non l'avevi mai vista così allegra prima d'ora, e ti duole ammettere che non è merito tuo questo repentino cambiamento. Azzurra non è mai stata altrettanto contenta da quando la conosci, è luminosa come un raggio di sole, quasi accecante, da quando ha passato la notte a casa di Castiel, ormai tuo evidente rivale. Non puoi fare a meno di sentirti pervadere dalla gelosia e dalla mestizia.
Chissà cos'hanno fatto tra quelle quattro mura..., ti chiedi.
Quanto vorresti palesare i tuoi sentimenti, lasciar trapelare il tuo interesse nei confronti dell'italiana. Quanto vorresti lasciare che le emozioni abbiano il sopravvento su di te e manifestare tutto il dolore che la ragazza involontariamente ti provoca, sebbene tu sappia, in cuor tuo, che Azzurra non ha colpa alcuna del tuo struggimento. Non ha chiesto di suscitare alcunché in te, la colpa è solo e unicamente tua e della tua incapacità di scegliere un partner adatto alle tue esigenze.
Qualcuno di genuino che ricambi incondizionatamente il tuo amore, qualcuno che mai ti darà per scontata, che mai vorrà frequentarti per banale curiosità o divertimento, che ci tenga a te, che non tenti di ferirti, ma, soprattutto, che sia del tuo stesso orientamento sessuale.
Tutto ciò che Olivia, la tua ex, conosciuta a San Francisco durante gli anni del liceo, non era.
Olivia era bellissima e gentile, premurosa, non v'era mai una punta di malizia nella sua voce pacata, non sparlava mai neppure di chi la opprimeva, affrontava la vita e le sue avversità a testa alta e con una positività invidiabile ogni giorno; vedeva sempre il buono nelle persone, nonostante poi ne rimanesse inesorabilmente scottata, eppure non si dava mai per vinta, quando incontrava qualcuno di nuovo gli regalava anima e corpo tutte le volte. Non imparava proprio mai a proteggersi, a disincantarsi e, probabilmente, non l'avrebbe mai fatto.
Erano queste sue qualità ad averti ammaliata più del suo aspetto angelico, costituito da boccolosi capelli rossicci, iridi castane e lentiggini spruzzate sull'intera pelle chiara, era stata la sua purezza ad attirarti nella tela della menzogna, perché questa si era rivelata di essere Olivia: un colossale abbaglio.
Sapevi della confusione che riempiva la sua testa, sai bene cosa si prova a non essere sicuri riguardo alla propria sessualità, al disagio e al senso di inadeguatezza che ne deriva e, per questa ragione, decidesti di andarci piano con lei, coi piedi di piombo come si suol dire, per darle il tempo di capire cosa volesse davvero e di aiutarla ad affrontare i suoi demoni e, perché no, anche il momento in cui sarebbe uscita allo scoperto.
Credevi che lei fosse come te almeno sotto quell'aspetto, che avesse frequentato svariati ragazzi perché era "normale" farlo, perché era quello che l'opinione pubblica riteneva "giusto, appropriato", però che, dopo tutte le incertezze e i dubbi, si sarebbe messa il cuore in pace e si sarebbe accettata per quello che era, proprio come avevi fatto tu tempo addietro.
Sei bisessuale, un individuo capace di provare attrazione per ambo i sessi, e ne vai fiera, tuttavia finora puoi dire di esserti innamorata davvero solo due volte.
La prima è stato di un ragazzo conosciuto in Giappone, Ayato, il primo che ti ha sussurrato parole dolci all'orecchio, sempre con il viso imporporato da quella vergogna tipica nipponica.
Il primo che ti ha portata a cena fuori, al cinema.
Il primo che ti ha portata nei musei e nei templi, appuntamenti volti a contemplare la bellezza eterea e sacra dell'architettura autoctona, ma anche a conoscervi nel profondo, nel reciproco interesse l'uno dell'altra.
Il primo che ti ha fatto arrivare dei fiori con un fattorino.
Ayato fu il primo in tante cose...
Egli era romantico e intelligente, la sua non era ingannevole sagacia e smancerie illusorie, no, egli era sincero, limpido, trasparente, senza doppie facce.
Pulito.
Semplice.
Puro.
Perciò ti innamorasti di lui, ti sentivi al sicuro in sua presenza, non necessitavi di barriere contro stratagemmi ed equivoci.
Egli fu il primo che baciasti volendo davvero farlo, colui a cui concedesti la tua innocenza, desiderosa di sentirlo unirsi a te in un tutt'uno.
Ricordi ancora i suoi occhi a mandorla lucidi e impazienti, mentre, da sopra, fissavano le tue nudità; ricordi le carezze incerte, le mani lisce accarezzarti ovunque; ricordi il tremore nella sua voce, mentre ti domandava se eri sicura di volerlo fare davvero e la sua espressione sollevata, quando, prendendogli il viso delicato, dicesti sì; ricordi i baci che ti donava, i quali dai soliti impacciati e timorosi si trasformarono in uno tsunami di passione e veemenza, mosso da tutti quegli istinti repressi che provava per te.
Ayato è il ricordo più dolce d'amore che conservi.
La seconda volta ti innamorasti di Olivia, ma solo con quest'ultima puoi dire, col senno di poi, ci fosse un sentimento autentico da parte tua, il più forte e vero che avessi mai provato in vita tua e che, in conclusione, ti fece capire che mai saresti felice con un uomo come con una donna, che, per quanto rientri nella categoria dei bisessuali, quando si tratta di monogamia sei lesbica fino al midollo. L'unica certezza della tua vita è questa, l'altra, che poi è stata sfatata, è che l'avresti passata con Olivia.
Un giorno tornasti a San Francisco per le vacanze di Natale, la tua fidanzata non ne sapeva niente, doveva essere una sorpresa.
Avevi indosso un abito in velluto bordeaux a maniche lunghe e girocollo, la gonna arrivava poco sopra il ginocchio, stivaletti semplici neri, un cappotto, tenuto volutamente aperto, per incorniciare la calda maxi-sciarpa di lana. Non ti truccasti molto, lo stretto necessario, dopotutto avevi appena affrontato un lungo viaggio in aereo, ma ti eri armata del tuo sorriso più radioso per dare luce al tuo viso caramellato.
Suonasti al campanello, stringendo emozionata il manico del trolley. Quando la porta d'ingresso si aprì ti gettasti sulle labbra di Liv, strizzandole energicamente le guance, troppo emozionata per contenerti.
«Buon Natale!», trillasti.
La padrona di casa ci rimase letteralmente di sasso, talmente impreparata da restare senza parole.
«Sono venuta a passare le vacanze di Natale con te. Sorpresa!», rispondesti ad una domanda inespressa, oltrepassando l'uscio.
Olivia si richiuse la porta alle spalle ancora ammutolita, si limitò a fissarti e, per un attimo, ti parve di scorgere dell'irritazione nei suoi occhi, come se le desse noia la tua presenza, poi s'imbrunì in uno sguardo strano, assente, rammaricato per giunta, e, per qualche assurdo motivo, ti sentisti improvvisamente fuori posto, un ospite indesiderato oltre che inatteso.
«Non mi sembri felice di vedermi».
«Priya... io... non mi aspettavo tornassi, non ero preparata a questo».
«Di sicuro non è la reazione che mi aspettavo. Mi aspettavo che saresti rimasta sbalordita, attonita forse, ma persino disorientata no».
«Ecco, vedi, io...», si accartocciava le dita, incapace di sostenere i tuoi occhi inquisitori, divenuti repentinamente di ghiaccio, coriacei, quasi insensibili visti dall'esterno, sebben all'interno stessi morendo, ti stessi spegnendo a poco a poco, man mano che il tempo scorreva, «... non so proprio come dirtelo».
«Dirmi cosa?».
«Amore», la tua voce si sovrappose a quella di una terza persona, un timbro né basso né alto, tenore, tipico maschile.
Ti voltasti in direzione delle scale e lì, proprio in cima, vi trovasti un ragazzo piuttosto muscoloso e alto. I capelli di miele, raccolti in una coda disordinata, contrastavano con la pelle abbronzata nonostante la stagione; il deltoide sinistro era contornato da un tatuaggio maori che si estendeva sul pettorale, un secondo tatuaggio circondava il polso dello stesso braccio e un terzo l'ombelico, tutti nel medesimo stile tribale.
Come facevi a sapere la posizione esatta dei disegni? Facile: portava solamente i boxer, striminziti per giunta...
«Chi è questa ragazza?», domandò stropicciandosi gli occhi assonnato.
«Chi sono io? Chi sei tu piuttosto!», prorompesti.
All'istante gli occhi verde-acqua del giovane si ridussero a due fessure, cogliendo la palese ostilità, «Sono il suo ragazzo, ecco chi sono», sentenziò.
La frase ti spiazzò e il tuo cuore smise definitivamente di battere.
«Ciao Priya», s'introduce calorosamente una voce, stavolta sottile, riportandoti al presente.
Scorgi un braccio esile passarti davanti al viso, per poi porgere la mano a Chani, «Piacere, sono Azzurra, la compagna di stanza di Priya», l'altra ricambia il gesto, presentandosi, ed è a quel punto che l'italiana torna a rivolgerti la parola, «È dalla sera della festa che non riusciamo più a passare un po' di tempo insieme».
«Colpa degli orari sballati delle lezioni».
«Che ne dite di unirvi a noi?», indica il tavolo dei ragazzi, «Così recuperiamo il tempo perduto».
No, vorresti risponderle, non voglio guardarti flirtare con lui davanti a me.
Però, ti costringi a sorriderle, «Sarebbe fantastico».  

木漏れ日 - Luce che filtra tra le fronde (Dolce Flirt)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora