XXIV

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<< L'amore fa schifo. >>

Mugugnai abbandonata  per terra contro il lurido divano a quadri. Il fetore di carne putrida  mi colpiva alla bocca dello stomaco mentre la puzza aumentava con  l'umidità della pioggia. Appena fuori i vetri la tempesta infuriava  facendo scricchiolare le pareti minacciandoci.

Gli spifferi d'aria  mi solleticavano facendomi rabbrividire.

Mi accucciai maggiormente nella  coperta macchiata da quello che al momento non ero interessata ad  identificare.

Osservai il bong scrollandolo appena mentre l'acqua all'interno si increspava.

Tara Intanto era  sdraiata scomposta sulla poltrona bordoux dall'igiene altrettanto  discutibile di fronte a me. Osservò il soffitto con sguardo perso a  scrutare una macchia si muffa sopra le nostre teste. Una galassia  designata da ombre, sfumature che si destreggiavano dal rosa intenso al  verde.

Avvicinai ulteriormente il volto corrucciato al bong, l'acqua lambiva le pareti di vetro colorato arricciansosi, fondendosi, dilungandosi.

Era fottutamente ipnotico.

O forse era il THC in circolo nel mio corpo a renderlo tale.

<< Eh? >>

<< Ho detto che l'amore fa schifo. >>

La bruna fece un suono strozzato a metà fra un grugnito e un singhiozzo,

<< Quando fumi diventi scorbutica... bhè non che quando non sei fatta tu non lo sia però... >>

Urlò quando venne colpita dal cuscino magiato dai topi che le avevo lanciato.

<< Sono seria! >>

Affermai con tono strascicato, adagiai lo strumento affianco a me.

In seguito al solito e  benevolo calore era apparso nel mio petto un seme di inquietudine che  sbocciato aveva dilungato i suoi rami putridi fino alla mia mente  annebbiata.

L'amore.

Un concetto così  astratto, un prisma anonimo e trasparente capace di diramarsi in più  colori, in più interpretazioni. Così diverse tra di esse, sapori  contrastanti.

Il dolce che si unisce al gusto metallico di sangue nella stessa emozione.  

Durante una delle  nostre escursioni eravamo state costrette a ripararci da un acquazzone  primaverile in quella che doveva essere stata l'umile tana di uno  spacciatore.

Questo si era  accurato di nascondere l'erba in un pacchetto attaccato sotto al tavolo  con del nastro adesivo prima di essere divorato o chessò io.

Dilettante.

<< Perchè dici così? >>

Mi chiese infine, forse incuriosita da uno dei miei caratteristici deliri.

Sospirai e con quel  semplice gesto ebbi la sensazione di dissolvermi nell'aria, di  sgretolarmi in minime parti che presero a volteggiare per la stanza come spore.

Le nostre menti  sembravano essersi sciolte, scivolate fuori dalle orecchie e vagare ora  libere e indomabili.

Mi sentivo pietrificata, come se gli arti non  rispondessero più ai miei ordini. Mille aghi mi punzacchiavano le dita  dei piedi mentre un terpore rincuorante mi baciava il viso.

Negan•Sweet darknessDove le storie prendono vita. Scoprilo ora