■1■ Virginio e il verde coniglio

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 «Mia madre scelse il nome Virginio perché amava le stelle. Mi ha chiamato come la costellazione della Vergine... che bel regalo mi ha fatto. Grazie a lei mi sono giocato la reputazione a scuola... anni da incubo...».

 «Lo sai che i ragazzi sono tutti imbecilli».

 «E lo siamo anche io e te?».

«Io e te più di loro».

Gli sorrido e ricambia. Adoro la sua spontaneità. È diretto, immediato, mai costruito. È perfetto per me sotto questo aspetto.

«Come mai?» mi chiede. A lui piace giocare con i miei capelli, mentre io odio che mi vengano toccati. Scosto il capo e il ricciolo si slega dal suo dito, rimbalzando come una molla e posandosi sulla mia spalla. Storce il naso. Prendo fiato e mi preparo a spiegargli la mia teoria, ma non appena esce un suono dalle mie labbra, lui me le tappa con un bacio togliendomi l'ossigeno.

Vorrei che tu fossi sempre così. Che mi amassi ventiquattrore su ventiquattro. Che non mi regalassi solo le tue briciole...

Puntualmente, invece di godermi il tempo che mi dedica, penso già a quanto mi mancherà quando arriveranno quei giorni.

Si scosta e riprende sfacciatamente uno dei miei boccoli. Lo arrotola all'indice e mi guarda arrossire poi si fa serio.

«Oggi ho capito che la gente ti verrebbe a cercare solo se ti fossi smarrito fisicamente» dice assorto e prevedo che ora mi spiegherà quale logica lo ha portato a questa illuminazione. «Hai presente quando una persona sparisce?».

Annuisco. Faccio forza sulle braccia e cerco di arrampicarmi al muretto. Lui lascia la mia ciocca e mi afferra prontamente dalla vita aiutando a tirarmi su. Resta di fronte a me, ma il suo sguardo è perso nel vuoto. Non sta guardando nemmeno il meraviglioso panorama alle mie spalle. È incantato dal nulla.

«Che succede se qualcuno viene rapito o se scappa di casa?».

«Mia madre chiama l'esercito» rido sperando di attirare la sua attenzione, spezzare il contatto del suo sguardo verso il niente e reindirizzarlo a me.

«Esattamente. Vengono mobilitate squadre di uomini tra vigili del fuoco, forestale, protezione civile, volontari o chiunque sia adatto a svolgere questo compito. Quella persona va ritrovata».

Annuisco ancora.

«Che succede invece se qualcuno si perde, ma non fisicamente? La persona è lì presente, la vedi tutti i giorni, eppure è come se non ci fosse. È estranea a ciò che la circonda, è sola e vive nella solitudine pur essendo in mezzo alla gente. Nessuno però si accorge di lei e nessuno la va a cercare...».

«Nessuno nessuno?».

«Ci sono le eccezioni, naturalmente. Ma non sono tutti come te, Isotta».

«E smettila di chiamarmi così!» Ridacchio timida. «Sono lontani i tempi in cui recitavo quella parte».

«Per me resti sempre Isotta, anche se ti chiami Ludovica».

«Ok Tristano, ora dimmi: fa differenza se quella persona viene calcolata da mille altre o da una sola? Cosa desidererebbe avere: duemila amici alla stregua di quelli che popolano Facebook o accontentarsi anche di un elemento, ma che gli vuole veramente bene e che non ha bisogno di un social per ricordarsi del suo compleanno o di una foto che scorre nella home e a cui velocemente mette il like, come fa con tutte le quelle che incontra?».

«Tu non metti mai like alle mie foto!»esclama pizzicandomi i fianchi, il mio punto debole.

«Appunto. Io non sono come gli altri. Io vado oltre uno schermo o un display. Io il mio like non te lo lascio sotto forma di pollice disegnato. Il mio pollice è qui e fa davvero tanti sforzi per essere qui, sai?»

«Il tuo pollice è davvero diligente».

«Lo è solo per te. Guardalo: non merita un riconoscimento?» lo sollevo interponendolo fra me e lui.

«Merita solo un morso!» me lo prende velocemente e lo schiaccia tra i suoi denti. «Almeno fino a che non smetterai di mangiarti le unghie!» Mi dimeno e quasi rischio di cadere dal muretto. Lui mi regge e poi mi stringe forte.

«Come farei senza di te, verde coniglio dalle mille facce buffe?».

«Lascia stare i Negramaro. Ora devo andare o Jeremy arriverà in piazza e non mi troverà e allora il mio telefono verrà assalito da tremila messaggi» faccio per scendere e Virginio si incupisce, come fa ogni volta che nomino Jeremy.

«Lascialo».

«Non posso lasciarlo, lo sai».

«Già, lo so. Ora vai».

Il bacio che mi solletica la guancia è lieve, ma scotta, fa male. Sa tanto di risentimento. Mi allontano e lui resta di spalle a guardare ancora l'unica cosa che riesce sempre a focalizzare: il nulla.

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