■6■ Horror in loop

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La serata passa lentamente. Un giro in moto con Jeremy, un trancio ai pomodorini e mozzarella preso alla nuova pizzeria in centro e ci fermiamo al solito posto. Odio stare qui. È tranquillo e anche romantico rispetto alla città, ma super affollato di coppiette. Dalla smorfia che ho sul viso, Jeremy ha capito che non ho nessuna voglia di passare ancora un altro fine settimana qui a vergognarmi di chi, comodo nella sua macchina, ogni tanto butta l'occhio verso di noi. Avrei giurato persino che un ragazzo, in un'occasione, mi abbia fatto l'occhiolino. Patetico. O patetici noi che cerchiamo attimi di tranquillità in un luogo che di intimo e privato non ha nulla.

Jeremy continua a rispondere a ogni mia lamentela dicendo che presto prenderà la patente e avremo anche noi un'auto in cui consumare la nostra privacy, ma io non ne posso davvero più.

«E oggi dove l'hai lasciata la testolina?» interrompe i miei pensieri. Già, chissà da quanto tempo non apro bocca. Sono qui fisicamente, ma non con la mente.

«Scusami» sorrido imbarazzata. «Per lunedì facciamo insieme matematica?».

«Non ho molta voglia di parlare di scuola» dice circondandomi la vita. Il profumo del suo dopobarba inizia a inebriarmi, ma l'istinto mi porta a guardare intorno e, nel farlo, scorgo due ragazzi in lontananza che vengono dalle nostre parti. Sono a piedi e che ci fissano. Scuoto la testa infastidita.

«Ma non possono farsi una manciata di fatti loro? Guarda quei due...».

«Dai, non curarli. O sono una coppia di gay o sono qui a fare i guardoni e spiare le coppiette».

«E come credi che questo possa rassicurarmi?»

«Vica, dai» mi supplica con la bocca a pochi centimetri dalla mia. Distratta da lui e dal fastidio che mi dà essere guardata mentre mi trovo con il mio ragazzo, non mi rendo conto di quanto stia succedendo a pochi passi da noi. Quando mi volto, i due tipi sono vicinissimi e minacciosi, e ci stanno puntando dei coltellini. Dopo aver lanciato un urlo, sento tanti strani movimenti a circondarci. Rombi di macchine che schizzano via come razzi, lasciandoci soli. È assurdo come in questo momento, il posto più affollato del mondo sia solo nostro, nostro e di un paio di delinquenti.

«Scendete dalla moto» la voce rauca di uno dei due. La tipica cicatrice in faccia che gli taglia l'occhio a metà, un cliché che accomuna i malavitosi e lo stesso dicasi per i tatuaggi che gli circondano il collo lungo e sottile, com'è pure il suo fisico, secco, come un ragno ballerino.

Jeremy rifiuta di assecondarli e prova a reagire, ma in un attimo viene gettato a terra dal ragazzo magro che si rivela inaspettatamente più forte di quel che appare. Si alza uno sbuffo di polvere e intanto sento l'altro tipo dietro di me, quello robusto e con i capelli biondi stretti in una coda, che mi prende infilandomi le mani sotto le ascelle e mi solleva di peso, disarcionandomi dalla moto.

Siamo sui ciottoli e nell'aria si sentono solo le loro urla con cui imprecano per intimorirci e le mie grida di terrore. Si atteggiano a mafiosi mentre scuotono quei dannati coltelli e continuano a minacciare Jeremy, poi salgono in sella e tentano di partire, lui si rialza, corre finché li raggiunge e continua a lottare disperatamente per non perdere la sua preziosa moto. Grido di lasciarli andare ma non mi ascolta e si aggancia con entrambe le mani al paraurti della ruota posteriore. La loro corsa, trattenuta, subisce un rallentamento che ai due non va giù e mentre quello che guida cerca di accelerare, il brutto ceffo seduto dietro, lancia al legittimo proprietario del mezzo, un colpo senza pietà col dorso della mano facendolo schiantare di nuovo al suolo. La moto, lasciata di scatto, si impenna e cade sopra Jeremy, come pure i due ragazzi. Lo stanno schiacciando, lo vedo che si dimena dolorante mentre la ruota della moto continua a girare come fosse impazzita.

Intravedo del sangue e mentre continuo ad alzare la voce in una richiesta disperata di aiuto, i due si sollevano, rimettono in piedi la moto senza curarsi di calpestare il povero Jeremy sdraiato al suolo in una posizione innaturale, e goffamente spariscono dalla mia vista.

Invece di assicurare che finalmente tutto è finito e tranquillizzarmi, il silenzio che piomba su quel luogo, mi mette ancor più ansia. Jeremy sta perdendo troppo sangue, i suoi flebili lamenti sono il preludio della perdita di conoscenza. Mi avvicino velocemente e da una prima occhiata sembra davvero conciato male. Ha il pantalone strappato all'altezza delle cosce, è sporco di sangue e respira a fatica per il dolore. Afferro il telefono. Non vedo più niente, le lacrime annegano le mie iridi e tutto appare sfocato...

*

L'immagine di Jeremy in quel letto di ospedale, come pure di quell'inverosimile incidente, non mi è andata più via dalla testa. Continua a girare e girare in un loop interminabile, come la pellicola impazzita di un film horror.

Anche ora, che sono passati due anni da quell'episodio, riesco a vedere ogni scena come se la guardassi in una TV ad alta definizione, come questa notte che non riesco a dormire e invece di contare le pecore, penso al giorno in cui Jeremy ha perso tutte e due le gambe.

Mi alzo dal letto e vado alla finestra. Casa mia si trova in una frazione di Milano, e qui c'è pace e tranquillità, a volte persino da averne paura. Questa notte soffia un vento impetuoso e gli alberi si scuotono così forte che sembrano una folla di persone con le braccia alzate in segno di aiuto, mentre fuggono da un'apocalisse.

Non è vero che la giustizia esiste. I due mostri non sono mai stati presi e chissà se mai pagheranno per i danni permanenti causati a un ragazzo che due anni fa era solo un sedicenne, un povero ragazzo a cui hanno strappato metà della sua vita.

I miei pensieri ogni volta sono questi, e con questi cerco di seppellire l'odio che provo verso Jeremy, perché da quel giorno lo odio, sì! Avrebbe dovuto lasciarli andare via con la moto... avrebbe semplicemente dovuto preservare la sua salute fisica, e tener cara la sua preziosa vita, non esporsi a rischio di comprometterla. Eppure, nonostante ciò, continua a dire che se tornasse a due anni fa, agirebbe come ha fatto, ripeterebbe lo stesso stupido errore.

Il vento rafforza la sua corsa per chissà dove e per un momento mi sembra di scorgere qualcuno che si nasconde tra i tronchi. Guarda quassù, l'ho visto bene... Il mio battito accelera, poi quella sagoma nera sparisce e anche se resto ancora un po' dietro ai vetri a osservare tutto il perimetro fin dove arrivano i miei occhi, non lo vedo più.

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