■14■ Compagnia forzata

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ESsE, o meglio Dennis, mi scorre davanti, a pochissimi centimetri dallo sfiorarmi. Allunga il braccio e infila due dita nella maniglia. Il busto è di fronte al mio che, teso e dal petto palpitante, tento di far aderire bene al sedile per non avere il minimo contatto con il suo. Dopo un lieve scatto, lo sportello si apre e lui torna al suo posto. Con la mano indica l'uscita, invitandomi a prendere quella via e tornarmene a casa. Mi rifiuto di muovermi e così per qualche momento continuiamo a comunicare con gesti stupidi: lui che tenta di mandarmi via e io che non muovo un muscolo. Infine si innervosisce e interrompe il film muto esplodendo in un rimprovero.

«Ma insomma Vica vuoi uscire?!».

Nel silenzio più totale i nostri occhi restano incollati gli uni negli altri, ma no, non perché mi abbia urlato contro.

«Sì, lo so che sei sorpresa di come ti abbia chiamata ma...» si ferma e fissa ancora quel dannato orologio. «Sono davvero in ritardo e non posso perdere questo lavoro. E' troppo importante per me, sul serio».

«Hai tutto il tempo per spiegare» rimbocco io. Lui sospira.

«Non posso portarti con me» dice esausto. So bene che quando mi impunto nessuno può far niente per farmi cambiare idea, ma anche lui ha tutta l'aria di non voler cedere.

La strada desolata odora di umido. Mi raggiunge una fredda alitata d'aria. L'eco del guaito di un cane in lontananza spezza la quiete in cui è stato inghiottito l'intero quartiere. La luce del lampione, quello proprio di fronte casa mia, inizia a ballare. Lo fa spesso: si mette a lampeggiare a intermittenza. Prima che io e la mia famiglia ci abituassimo, venivamo continuamente scherniti da lui. Ci affacciavamo alla finestra della sala credendo che fuori ci fosse un'ambulanza o, in sostituzione, una volante della polizia. Ci siamo poi abituati, ma ora quello stesso palo si fa beffe di noi, perché per colpa sua non ci siamo resi conto di ciò che realmente sta accadendo. Due luminosi fanali si avvicinano da dietro a gran velocità. Quei fanali! Quelli della macchina che ci inseguiva!

«Chiudi lo sportello» ordina Dennis con una calma controllata. Mi sporgo per guardare dietro e la stessa vettura bordeaux che abbiamo seminato poco prima ci ha quasi raggiunti. Faccio appena in tempo a tirare a me lo sportello che Dennis preme così forte l'acceleratore da far slittare le ruote sull'asfalto bagnato. Si sente uno stridio, poi prendiamo man mano velocità e ancora una volta perdiamo di vista i nostri inseguitori. La strada davanti e dietro di noi torna buia e deserta.

«Certo che te la cavi bene alla guida» mi complimento con l'autista. Per contro, lui accende il riscaldamento quasi come se volesse sovrastare la mia voce con il rumore della ventola. Il calore che si propaga nell'abitacolo, mi arriva addosso, regalandomi un po' di assopimento che solo in quel momento mi rendo conto di desiderare. Appoggio la testa al sedile e resto a guardare il profilo perfettamente scolpito ad arte del ragazzo accanto a me. Dennis è proprio bello, devo ammetterlo, e stare con lui, nonostante la strana situazione in cui sono venuta a trovarmi, mi fa sentire bene, tanto quanto quest'aria calda mi avvolge e mi accarezza.

«Devi spiegarmi tante cose» continuo.

«Forse non hai capito che la situazione non è normale... Dovranno dare spiegazioni anche a me» dice risentito.

«Davvero non sai chi siano quei tipi?».

«Ti assicuro che non ne ho idea».

«Allora dimmi cosa sai di tutta questa faccenda» incalzo abbracciandomi al soffice giubbotto che indosso.

«Ascolta: Avevo bisogno di soldi, tanti soldi, e c'era questo tizio che è venuto nel pub e che ha bevuto come una spugna. Quando ha iniziato a dire un sacco di stupidate, l'ho preso per uno dei tanti ubriaconi con cui sono costretto a stare a contatto. Ho prestato veramente attenzione alle sue parole solo quando ha iniziato a piangere e disperarsi. Diceva che aveva paura e che non poteva rifiutarsi, ma che era costretto a fare un viaggio, a trasportare un certo oggetto da una città all'altra. Si disperava perché sua moglie era incinta e aveva il parto cesareo programmato proprio nel giorno stabilito per fare una consegna importante. Ha detto che non riusciva a trovavare nessuno che lo sostituisse però, e che il suo capo non è uno che scherza e, soprattutto, non avrebbe accettato un rifiuto, allora mi sono offerto di aiutarlo».

«Che storia assurda» intervengo. «Davvero questa è la miglior scusa che tu sia capace di inventare?».

«Non è una scusa!» risponde tutto d'un pezzo. «Liberissima di non credermi» conclude offeso.

«E va bene, ti credo, continua».

«Non ho altro da dire. Mi sono offerto al suo posto. La paga è allettante e il capo si serve sempre di terze persone per caricare la macchina con gli oggetti da consegnare. Questo significa che non si accorgerà se l'autista è cambiato e alla guida c'è Dennis, piuttosto che Sandro o Amedeo. Inoltre il tipo ubriaco mi ha lasciato il telefono che usa per queste comunicazioni di lavori ed è così che riceverò indicazioni».

«Tutto chiaro. Dove dobbiamo portare la cassa?».

«Dobbiamo? No, no, ragazzina. Non appena fa giorno e arriviamo alla città più vicina, ti metto su un treno e te ne torni a Milano».

«Cosa? Non puoi farlo».

«Scommettiamo?».

«Ti dico di no o mi avrai per sempre sulla coscienza. Quei tipi sanno dove abito e io, ti ricordo, sono sola a casa. Se dovessero venire e farmi del male?».

«Quei tipi non sanno dove abiti. Erano lì perché hanno visto l'auto. È questa dannata cassa che vogliono! Non sanno nemmeno chi tu sia e non sanno chi sono io, non ci hanno mai visti in faccia».

«E come fai a esserne così sicuro? Vuoi rischiare? Ok, fa' pure».

Dennis sbuffa guardandomi di traverso.

«Ho bisogno di un caffè» dice nervosamente.

«Fermiamoci a un bar. A quanto ho capito la notte sarà lunga, caro ESsE».

Lui scuote il capo contrariato.

«Prendiamo l'autostrada e allontaniamoci un po', poi potremo fare una sosta».

Allungo il braccio e accendo l'autoradio. Parte knockin on heaven's door nella versione dei Guns n' Roses e vedo che Dennis sorride compiaciuto. Sorrido anch'io e sembra quasi che la musica ci possa far scordare l'intera faccenda con tutte le stranezze a essa collegate.

La macchina sfreccia nel buio e nessuno dei due ha voglia di pensare a cosa ci aspetti in questo viaggio appena iniziato.

ESsEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora