■20■ Emozioni e guai

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«La fortuna è evidentemente dalla nostra» dice Dennis spegnendo il motore. Quasi non ricordavo più la sua voce, sono ore che non scambiamo una sola parola.

Una fitta nebbia è calata, piatta e tetra, dispettosa, nascondendo ai nostri occhi uno scenario che quasi certamente sarebbe stato spettacolare.

Siamo usciti dall'autostrada e ci siamo infilati in un paesino che pare sperduto.

«Sai dove andare?» chiedo senza accennare minimamente quel che è successo da poco, quando per la prima volta in vita mia mi sono sentita una fuorilegge, una delinquente.

«Sì» sillaba lui e i suoi occhi furtivi si spostano da me alla strada, sperando evidentemente di non esser stati colti in flagrante. Dennis sa benissimo che sto aspettando il momento giusto per chiedere spiegazioni, oppure chissà, non gli interessa più di tanto. Di certo non potrà fingere ancora per molto. Era preoccupato quando ha visto il posto di blocco, quindi sa di certo che in quella cassa c'è qualcosa di grosso e grosso non come aggettivo per descriverne le dimensioni, ma come sinonimo di pericoloso.

«Apriamo la cassa e vediamo cosa contiene» propongo di punto in bianco come se stessi chiedendo semplicemente di aprire un pacchetto di patatine per cercare all'interno la sorpresa.

«Che?!» esplode lui incredulo. Mi mette una mano sulla fronte. «Non hai la febbre, quindi la canna quando te la saresti fatta, scusa?».

«Piantala» gli sposto il caldo palmo e mi preparo ad esporgli le mie ragioni.

«Toglitelo dalla testa» mi spegne ogni possibile risposta, ma io non cedo.

«Tu sai cosa contiene».

«Da cosa scaturisce tutta questa sicurezza?».

«Dal tuo timore quando hai visto il posto di blocco».

«No, è proprio il non sapere cosa ci sia dentro che mi ha fatto avere quella reazione. Mi aspetto qualsiasi cosa all'interno... anche illegale».

«Droga? Armi?».

«Anche».

«Un cadavere?».

«Non esageriamo. Perché dovrebbe esserci un cadavere?».

«Per la forma. È una cassa e sembra, appunto, una cassa da morto».

«Non farti film, Vica. Adesso arriviamo a destinazione, ci sbarazziamo di questo aggeggio, qualunque cosa esso contenga e torniamo alle nostre normali vite».

«La tua non sarà più come quella di prima, o sbaglio?» domando nel tentativo di punzecchiarlo.

«Che vuoi dire?».

«Diventerai ricco. L'hai detto tu che questo "lavoro" ti frutterà un bel po' di soldi».

«La cosa non ti riguarda» risponde facendosi nero in volto. Si accosta poi al marciapiede e ferma la macchina. Scende senza dir niente e si accende una sigaretta. Conosco bene questo suo movimento, l'ho innervosito.

Quando termina di fumare apre lo sportello e mi dice di scendere. È quasi buio, i lampioni del paesotto sono già accesi e fuori sembra esserci una tormenta. Il contatto con l'esterno mi irrigidisce. Socchiudo gli occhi in un gesto involontario e mi stringo nelle spalle. Sento che Dennis mi tira sulla testa il cappuccio del giubbotto, mi circonda poi con un braccio come per ripararmi e mi fa affrettare il passo, guidandomi verso una porta trasparente, coperta solo nella metà inferiore da tendine quadrettate bianche e marroni.

Dentro, al caldo, tento di scrollarmi ogni residuo di quell'aria ghiacciata che mi è già entrata nelle ossa. Intanto mi guardo attorno e, in quella che appare una tavola calda alquanto rustica o meglio, arrangiata, ci sono talmente tante coppie e famiglie che non riesco a intravedere nemmeno un tavolo libero. Lo stomaco approva il buon profumo che si sente e inizia, come sempre, a reclamare la sua dose.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Dec 30, 2018 ⏰

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