■12■ Bici e scarafaggi

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«Ti ho mentito o meglio, avevi capito bene quali erano le mie intenzioni».

Il messaggio di ESsE mi sembra rimbombare nelle orecchie. Non ci penso un attimo a rispondergli, anche se l'ora in cui me l'ha mandato risale a questo pomeriggio.

«Se così fosse, spero che tu abbia cambiato idea» scrivo di getto.

Lui resta offline e io attendo che quella maledetta luce verde si accenda. Passano minuti, forse mezz'ora, ma non demordo, sono ancora al pc che attendo un minimo cenno da parte di ESsE. Non arriva però e inizio a preoccuparmi seriamente. Forse dovrei recarmi al pub, magari è lì. Può essere che stia lavorando e quindi semplicemente non può connettersi.

Il telefono mi fa sussultare e per un solo istante penso che sia lui. Perché poi dovrebbe chiamarmi? Come potrebbe, più che altro, visto che non ha il mio numero? Infatti è mio padre. Mi avvisa che sono sul pullman e che tra poco si mettono in viaggio. Sono quasi le 23. Davide prenderà di certo l'autostrada in direzione della bella Giorgia e mamma e papà chissà quante altre volte mi chiameranno...

«Perfetto» dico frettolosamente. «Comunque io ora mi metto a dormire che sto crollando. Per qualsiasi cosa mandatemi un messaggio su Whatsapp che appena posso vi rispondo, ok?».

Il mio dolce papino mi risponde di sì e mi manda un bacio e la buonanotte anche da parte della mamma. Non appena chiudo la chiamata, mi infilo le scarpe e scendo giù. Mi avvolgo velocemente uno sciarpone al collo e mi tuffo nel giubbotto, chiudo tutto e prendo la bici.

Si gela fuori, però pedalo e pedalo, sempre più velocemente, tanto da non accorgermi che sono ormai senza fiato quando arrivo al pub. La saracinesca è chiusa. Mi fermo e alzo gli occhi verso l'insegna. La precedente volta in cui sono stata qui non avevo nemmeno notato come si chiamasse il locale.

"Samuel". C'è scritto semplicemente Samuel. Forse è il nome del padre di Dennis. Mi accorgo che quella stessa insegna che riporta quella dicitura, è accesa. Forse lui è nel retro... forse ha appena chiuso e deve ancora andare via. Lascio la bici nel vicolo, una stradina stretta e desolata, e accosto il viso a una porta socchiusa da cui filtra un po' di luce. Il fascio traccia un segmento che disegna una linea giallastra a terra, illuminando uno scarafaggio che sta passeggiando proprio lì, a due passi da me. Saltello involontariamente nella direzione opposta, poi una voce mi distrae dal mostruoso insetto, facendomelo scordare. ESsE parla animatamente con qualcuno, ma non sento nessuna risposta, segno che forse è al telefono.

«...Come faccio io a fidarmi!» una delle frasi che riesco a percepire in modo chiaro. «Ok, ok... Ma siete dei furbi a rigirare la faccenda a vostro vantaggio... Certo... che posso fare? Accetto. Entro dopodomani mattina sarò nel luogo indicato... sì sì, farò attenzione...».

La conversazione termina così e il rumore dei passi mi fa pensare che si stia dirigendo verso l'uscita. Difatti non faccio nemmeno in tempo a spostarmi che la porta si spalanca e mi ritrovo Dennis di fronte.

«E tu che ci fai qui?!» tuona.

«Io...».

Stringe gli occhi che si assottigliano come due fessure così minuscole da non riuscire più a vederne la sclera. La posizione che assume il suo corpo mi fa pensare che presto mi rimprovererà. Cerco una scusa per mitigare la sua cera impostata in modalità cagnesca.

«Volevo avvisarti che hai lasciato l'insegna accesa e...» mi fermo. Non ci casca, lo so.

«Dai entra che si gela».

Si sposta e mi fa passare, chiude poi la porta.

«Origliavi, eh?» mi accusa prontamente.

«Ma no, no... ero lì che aspettavo finissi di parlare... ero preoccupata per quel che mi hai scritto e quando ho visto che non mi rispondevi su VS non sapevo in quale altro modo contattarti...».

«Ah, hai letto il messaggio».

«Sì e mi sono precipitata subito qui. Ho visto che era chiuso e ho letto il nome sull'insegna. C'è scritto Samuel e pensavo fosse tuo padre... e poi ho gettato la bici lì fuori... c'era uno scarafaggio e ho sentito la tua voce...» mi blocco di nuovo. Sono troppo imbarazzata e non credo di essere in grado di raccontare in modo comprensibile.

«Che c'entra lo scarafaggio? Siediti, ti prendo qualcosa di caldo da bere, sembri sotto shock. La bici ti conviene portarla dentro, è una brutta zona questa ».

Non capisco niente di quel che dice, nel mentre mi siedo sul solito - scomodo - divano, quello di cui non mi ha ancora dato l'importante conferma se sia di pelle di bufalo o no. Lui intanto si reca sul davanti del locale e lo sento che inizia a maneggiare tazze o bicchieri.

«Quindi sei qui per...?» alza la voce affinché lo senta seppur sia nella sala.

«Per...» bisbiglio invece io.

«Per?» torna di fronte a me. Mi porge una tazza colma di non so cosa, ma è caldo.

«Te l'ho detto. Perché ero preoccupata. Sono preoccupata».

«La bici?».

«Lascia perdere la bici. Ti ho detto che sono in pensiero per te».

«Non devi. Ho sbagliato a mandarti quel messaggio».

«Non hai sbagliato. Hai fatto bene... e come vedi sono qui adesso. Per te».

Per un attimo le mie parole sembrano colpirlo. Ha spalancato lievemente gli occhi, poi la sua espressione è cambiata e ha fatto un sorriso sarcastico.

«Non ho bisogno di te. Ti ringrazio tantissimo, ma... davvero. Ho risolto».

«Beh... io non so qual è il tuo problema o il motivo che ti spinga a pensare al...» lascio la frase incompleta.

«Al suicidio?» continua lui. «Tutto risolto. Te lo ripeto».

«Ok».

Sorseggio quella bevanda marroncina che sa di nocciola.

«Buono» dico affranta. Mi sento sempre così quando so che non posso essere d'aiuto o di incoraggiamento per qualcuno.

«Ora dovresti tornare a casa» taglia corto lui.

«Ok» ricalco per la seconda volta quella locuzione che però non rispecchia il mio stato d'animo. Gli rendo la tazza ed esco. Solo che la mia bicicletta è sparita! Quando glielo riferisco, lui sbuffa guardando l'orologio, come se già fosse in ritardo. Spegne le luci e chiude tutto in fretta e furia. Mi prende la mano e inizia a correre verso il parcheggio, appena fuori dal vicolo buio, trascinandomi con sé.

«Sali in macchina, forse riusciamo a ritrovarla!».

ESsEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora