■8■ Virtuale in carne ed ossa

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Devo essere pazza, devo essere proprio pazza...

Che ci faccio in questo pub, non lo so ancora e devo di certo essere arrivata prima di lui visto che, pur guardandomi ripetutamente intorno, non vedo altri che un gruppo di ragazzi che fanno un sacco di baccano nell'angolo destro del locale e una coppia intenta a baciarsi nel lato sinistro, proprio di fianco al finestrone, giusto per dare un bello spettacolo gratuito ai pochi passanti che all'una di notte vanno in giro per le strade fredde e umide di Milano. 

Forse sono ancora in tempo per tornarmene a casa e tentare di evitare questo incontro che solo adesso inizio a pensare sia solo una gran follia. Cosa so effettivamente di lui? Niente. Addirittura nemmeno il nome. A cosa sono serviti 18 anni di avvertimenti da parte dei miei genitori? "Non parlare con persone che non conosci". Immagino mia madre che tentava di instillare in me questo e altri insegnamenti mentre ancora ero nel pancione, e ora lei e papà sono nel letto a dormire tranquilli, sapendo che la loro piccola è nella camera a fianco, avvolta da calde coperte, a riposare. 

Sono sempre stata troppo impulsiva e a tratti ingenua e forse è questo il motivo per cui ora sono qui, in un pub freddo, ad attendere l'arrivo di uno sconosciuto che a quanto pare ha tutta l'intenzione di farmi aspettare. No, ok, ridimensioniamo un po' le cose: Saranno un paio di minuti che attendo anche se appare un'immensità di tempo.

«Vuoi ordinare qualcosa o aspetti qualcuno?» dice un cameriere in piedi accanto a me, apparso dal nulla. Infatti sussulto involontariamente quando sento la sua voce, voce che tra l'altro ha un non so che di familiare.

«No, sto aspettando...» faccio per dire, ma sollevando lo sguardo vedo che il cameriere non è effettivamente un cameriere, cioè lo è, ma è ESsE vestito da cameriere.

«Ciao» solleva un angolo della bocca.

«Questa non me l'aspettavo proprio» ricambio il mezzo sorriso, imbarazzata.

«Cosa non ti aspettavi? Che lavorassi qui, che non avrei mancato l'appuntamento o che fossi così bello?» continua lui spostando la sedia e mettendosi di fronte a me. Nell'accomodarsi, rilascia uno sbuffo, quasi a togliersi la stanchezza di dosso, poi mi guarda fisso.

«Non mi aspettavo che... non mi aspettavo tutte e tre le cose, ecco» sbotto in una goffa risata che non mi appartiene. L'ansia mi ha fatto accumulare una strana tensione che ora sfocia in maniera forse un po' troppo innaturale. 

«Dal vivo non sei male» commenta lui scrutandomi con quei due occhi penetranti.

«Quindi dovrei dedurre che in video facevo schifo?» ribatto riacquistando una parte di sicurezza che  avevo perduto. 

«Eri abbastanza stravolta».

«E grazie, non mi avevi fatto dormire per tutta la notte...! Che pretendevi che fossi fresca come una rosa?».

Lui ride di gusto e io penso che ho sempre amato sentire le persone ridere. Fin da piccola, quando avevo deciso di diventare un'attrice comica o quando avevo valutato l'eventualità di andare a lavorare in un circo - anche se ho sempre avuto paura dei pagliacci -.

«Sai che pensavo non saresti venuta?».

«Ho pensato la stessa cosa riguardo a te».

Le prepotenti risate dei ragazzi seduti dall'altro lato della sala ci distraggono ed entrambi ci voltiamo a guardarli. Un occhio anche alla coppia di polipetti: le loro ventose sono ancora avvinghiate e ogni tanto schioccano rumorosamente.  

  «Prendetevi una stanza voi due» intima ESsE alla coppietta. Lo guardano storto, poi si alzano seccati. Il ragazzo mette la mano in tasca e subito ESsE solleva un palmo.  «Offre la casa» dice. Il tipo con la bocca sbavata del rossetto della sua lei, sussurra un grazie e poi escono.  

«Scusami un attimo» dice rivolgendosi a me. «Faccio smammare quei casinisti e torno».

Annuisco e lo osservo mentre si avvicina a loro. In un attimo fanno silenzio e poi, uno a uno si alzano, infilandosi i giubbotti e uscendo dal locale. Non ho ancora capito se lui ne sia il proprietario o se lavora come dipendente, ma si sa far rispettare. Lo vedo dare uno scatto di chiave e girare il cartello da cui ora, da dove sono io, si legge "Aperto". 

Solleva le spalle col sorriso stampato in faccia e viene verso di me lentamente, con un passo sicuro. Il ciuffo nero gli scivola su metà viso e lui con un colpo di testa, lo fa spostare.

Ora è di nuovo di fronte a me.

  «Vuoi bere qualcosa?».   

  «No, sto a posto così».

  «Allora, MissMagenta: come mai questo nickname?». 

  «Un po' stupido, eh?» domando. 

  «Ma no, sono solo curioso».  

  «Semplicemente è il mio colore preferito».

 «E come mai sei approdata da così pochissimo tempo su VS e hai contattato proprio me?».

In un attimo mi piombano addosso tutti i retroscena della faccenda legata a ESsE e ricordo il motivo per cui l'ho contattato. Eppure ora che sono qui con lui, mi sembra un'altra persona, non la stessa che ha frequentato per qualche tempo Dorota e che l'ha fatta soffrire tanto.

 «Non so cosa mi abbia ispirato» abbozzo un'idea. «Eri tra le amicizie suggerite e ho provato a seguirti perché sembravi interessante».  

 «Interessante?».  

  «Lo ammetto. Ti ho seguito a caso» e spero che mi creda.   

  «Per quale motivo fai conoscenze su VS, cosa speri di ottenere?».   

  «Ma niente di che. Mi piace fare amicizia, scambiare due chiacchiere e poi... Devi sapere che i miei genitori sono un po' di mente ristretta e mi dicono sempre di non fidarmi di nessuno e così avendo amicizie virtuali, è più facile che tuteli la mia persona, insomma, si corrono meno pericoli a...» mi blocco perché noto che sta ridendo di me. «Che c'è? Che ho detto?».

«Stai tutelando la tua persona? Sicura? Guarda dove sei. E guarda soprattutto con chi sei».   

«Ah».   

«Sei con un amico virtuale che però ora non è più tanto virtuale, no? E che potrebbe anche essere un maniaco o un assassino».

Le sue parole mi trasmettono una vibrazione che mi scuote lo stomaco. Non mi sento più tanto tranquilla e solo ora, guardando la porta, noto che la chiave è stata tolta dalla serratura. 

ESsEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora