Capitolo XXXIII: Nella Foresta Oscura

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Fidnemid, 19 Giugno.

   Gli alberi del Coed Diflas svettavano maestosi incutendo una certa riluttanza nel gruppo. Avevano preso il necessario, perdendo un giorno per osservarsi attorno un'ultima volta al fine di trovare una via di fuga. Hereweald e Gideon si erano separati dagli altri per primi, adottando passi diversi nel mentre si avvicinavano al cuore del bosco.

Hereweald voleva stare da solo per riflettere sugli errori; Alexander invece cercava una zona adatta al riposo e Gideon voleva semplicemente evitare le ragazze. Tuttavia, se in ognuno regnavano i pensieri più disparati, tutti quanti possedevano un filo invisibile che li univa.

— "Altri dieci corpi senza vita sono stati ritrovati tra le macerie questa mattina. Le salme stanno per essere portate all'ospedale Sant'Adele cosicché parenti e amici diano un saluto alle loro anime sventurate. Molti stanno studiando e tenendo sotto stretto controllo lo spostamento improvviso del terreno nel giorno 17 Giugno.
Per ora sappiamo che un fenomeno di queste portate, non si era mai registrato nella nostra città. Le nostre certezze stanno vacillando? Oppure la dottrina della paura non ci ha insegnato abbastanza?"

   Ronald quella mattina aveva letto le notizie ad alta voce. In un solo giorno dall'evento che aveva sconvolto Fidnemid, decine di ritrovamenti scombussolarono ulteriormente i cittadini. Trovarono molti corpi privi di vita. Gli abitanti erano in lutto, il centro avrebbe richiesto anni per tornare integro e sicuro. Peccato che nessuno avesse tutto quel tempo.

— Clarissa, hai messo i tuoi abiti nella borsa?

   Gridò Crystal mentre Abegail sedeva sul divano accanto a Ronald. Entrambi erano concentrati sulle notizie, sulle numerose vittime e le fotografie. Era impressionante il senso di colpa e oppressione che colpiva la giovane; ogni immagine la devastava con la consapevolezza che tante, troppe vite si fossero spente tramite un semplice schiocco di dita di Lilith. Cosa avrebbero fatto se fosse ascesa in superficie?

— Cassandra! Anche te, sbrigati!

   Strillava Crystal facendo riecheggiare il rumore dei suoi tacchi da una parte all'altra della casa. La famiglia - come consigliato dalla sede governativa - stava radunando lo stretto necessario nel caso un nuovo attacco colpisse una delle frazioni rimaste intatte. Pareva che il bosco maledetto non fosse il fattore più pericoloso da evitare; una nuova minaccia terrorizzava gli abitanti ed era qualcosa di totalmente fuori dal loro controllo.

— Come va la testa?

   Domandò d'un tratto Abegail, distogliendo lo sguardo dalle pagine per rivolgersi a Ronald. Lui non era stato tanto fortunato, eppure, guardando la sorte toccata ad altri; quei cadaveri trascinati con forza e tanta altra accortezza, nella speranza che potessero respirare ancora, poteva dirsi proprio baciato dalla fortuna.

Il giorno precedente era andato a lavoro, il destino o la stessa buona sorte lo aveva fatto arrivare con un leggero ritardo. L'uomo raccontò di aver appena varcato la soglia del palazzo in cui lavorava come medico, quando il terremoto inghiottì il mercato poco distante.

Corse quindi in strada, udendo le urla dei suoi colleghi intrappolati negli studi e i macigni di cemento che cadevano a pochi centimetri dal suo corpo. Si trovò un rifugio, ma altre macerie lo raggiunsero intrappolandolo mentre ancora il suolo oscillava.

Lottò contro la mancanza d'aria, il calcinaccio che si mescolò all'ossigeno pressoché assente e il dolore alla gamba, rimasta incastrata sotto una trave. Per più di cinque ore rimase immobile supplicando aiuto, fin quando un cane cominciò a scavare poco lontano da lui, riportandolo alla luce tra le braccia dei soccorritori.

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