Capitolo VII: Emozioni Incontrollabili

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— Cosa accidenti pensavi di fare?

   Sbraitò Hereweald buttando Abegail sul letto alle loro spalle. Lo fece come se fosse un'azione spontanea; come se proteggerla gli venisse naturale quanto liberare la sua essenza.

— Mi dispiace, io no-non volevo...

   Successivamente nella stanza riecheggiarono quelle mezze parole, strozzate dai singhiozzi. Alex provò a giustificarsi, ma sapeva pure lui che non esistevano scuse plausibili per aver messo a rischio la vita della sua stessa protetta. Sarebbe bastato sciogliere le catene un poco, allentare la maschera che le nascondeva, eppure non ci era riuscito. Si era lasciato trasportare dalla sua natura. Non aveva resistito all'appagante sensazione di sentirsi libero.

Hereweald - fino ad allora preso dall'osservare la ragazza - si voltò di scatto fulminando Alex che sprizzava debolezza da tutti i pori. Corrugò poi le sopracciglia in un'espressione di puro odio mentre gli occhi parevano emanare scintille dorate: era furioso.

— Non volevi? Dovevi trattenerti, ma non lo hai fatto. Accidenti a te! — urlò sorprendendo tutti i presenti, lui compreso. Era stanco di quel terribile balbettio insensato. — Ti rendi conto che hai desistito fino allo sfinimento per poi non aver avuto alcun riguardo nel liberare completamente la tua essenza? Dannazione, ma che problemi hai!

   Quelle dure parole presero vita dalle sue labbra e colpirono Alex in maniera irreparabile. Lui per la prima volta fu in assonanza con ciò che diceva il demone. Era tanto tempo che non si liberava dal suo involucro mortale, non avrebbe mai compiuto una tale idiozia di proposito. Purtroppo - fin da troppi secoli - sembrava come assalito da una maledizione che lo costringeva a far del male a tutti coloro che amava.
Eppure cercava semplicemente di mostrarsi per quello che era realmente: un angelo. Una creatura troppo arcaica e potente per vivere tra gli uomini. Perché però il suo più grande desiderio era abitare sulla Terra? Perché era attratto da quella vita mondana?

— Stai zitto!

   Fu poi il turno di Abby. Si intromise bloccando lo sguardo omicida di Hereweald e i pensieri malinconici di Alex. Se soltanto avesse visto gli occhi iridescenti - che caratterizzavano il volto del suo interlocutore - non sarebbe riuscita a muovere un solo muscolo contro di lui.

Avrebbe solamente ricordato quel pomeriggio, fra gli alberi sempre più fitti, il vento fuori controllo e il sangue.

— No, Abby ha ragione lui.

   Parlò Alex, in maniera flebile, volgendo la sua totale attenzione al pavimento.

— Mi volete spiegare su cosa lui avrebbe ragione? — stava andando fuori di senno agitando in aria le braccia mentre tentava di scacciare le poche lacrime di frustrazione che le lucidavano gli occhi. — Non capisco niente se parlate come se io fossi al corrente di tutto! Non lo sono e faccio pure fatica a credervi

   Deve essere tutto un sogno...
Era veramente stufa. In meno di due ore le si erano formati più domande e dubbi che nei suoi pieni sedici anni.

— Neanche noi sappiamo che stia succedendo, ora siamo solo sicuri che tu non sia del tutto umana.

   Si fece avanti Hereweald celano malamente la sua continua indifferenza. Il silenzio si impossessò della stanza fin troppo affollata per le sue dimensioni. In seguito tra sguardi sorpresi e riflessivi, si costrinse a mettere in chiaro ciò che doveva essere lampante.

— Prima invece non ne eravamo certi!

   Ruotò gli occhi, proprio come se la cosa fosse scontata.

— Cosa stai dicendo?

   Ovviamente Abby non poteva crederci.
Era troppo per lei, esageratamente surreale.

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