Capitolo XXXIX: Un Occhio Al Trascorso

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Fidnemid, 21 Giugno.

   Il sole sorse come di consueto, oltre la foresta che i ragazzi avevano percorso nella giornata precedente. Andò a scaldare i loro corpi infreddoliti dopo una notte passata tra le macerie di un antico edificio.

La sera prima Gideon era andato avanti senza gli altri, ma non aveva potuto camminare per molto. Una sorpresa lo aveva svestito momentaneamente dal peso della colpa. La cupola in vetro incantato; quella barriera secolare che si mostrava al crepuscolo inglobando Fidnemid nelle sue ore buie e che fungeva da recinto di un lauto e prelibato allevamento era comparsa prima del previsto, tra le ombre della sera.

Tuttavia, solamente nel momento in cui anche Alexander e Nathalie si unirono al suo stesso stupore, la notte solcò con decisione il confine. L'atmosfera cupa diede vita a un'ombra più scura e frastagliata che scese coprendo vorace l'umido manto erboso. Fu in quel momento che i ragazzi notarono il rudere abbandonato e distrutto dove avrebbero dormito.

Di fronte a loro vi era una piana che si estendeva a destra e a sinistra e immaginarono che questa circondasse il Coed Diflas.

La costruzione che un tempo doveva essere una chiesa si trovava alle soglie del bosco. La sua struttura era appena accennata dai muri in pietra massiccia oramai decadenti. Soltanto tra i massi che componevano quel sacro relitto la vegetazione si alzava, incurvandosi e abbracciando le stesse rocce insipide.

I giovani avevano la salvezza a portata di mano, ma purtroppo, dolori a corpo e mente li infestavano così come la paura aleggiava nella foresta alle loro spalle. Furono costretti a fermarsi a pochi passi dal loro temporaneo scampo; dormire all'interno dei ruderi evitando le pareti traballanti, corrose e ascoltare i rumori notturni del Coed Diflas.

Versi raccapriccianti e sibilii cullarono il loro sonno finché i deboli raggi dell'alba investirono i loro volti. Allora Abegail rotolò e allungò inconsapevole un braccio strofinandolo sull'erba che circondava il suo giaciglio. Si era accomodata su una sua maglia e aveva sfruttato lo zaino come cuscino. Subito dopo scattò a sedere riscuotendosi dagli incubi e scontrando gli occhi stanchi con il sole che scappava dalle pietre disconnesse. Gli uccelli cominciarono a cinguettare e a volare sopra la sua testa riparata solo per metà, mentre il cielo si faceva terso. Si guardò poi attorno mirando ognuno dei suoi compagni ancora addormentati e ripensò alla sera precedente.

— Ci fermiamo qua.

   Asserì la voce di Alex ancor prima che lei potesse vederlo. Uscì dal bosco, sviando radici e rami; arbusti ed erbe fin troppo prosperose. Con immensa felicità constatò di esser giunta alla fine della loro folle impresa e pensò che non fosse stato tanto difficile: non quanto aveva immaginato.

— Che stai dicendo! — Gideon distrusse il suo sorriso. — Basta attraversarla per uscire da questo maledetto posto! Servono solo pochi passi!

   Aveva perfettamente ragione, ma cosa avrebbero trovato dall'altra parte? Nessuno lo sapeva. Per ora quel luogo era l'unico sicuro in cui poter trascorrere la notte.

— Gideon, Alexander ha ragione e comunque... — Hereweald si fece avanti trasportando i bagagli delle ragazze sfinite. — Lilith ci vuole trovare. Non importa dove noi siamo: ci riuscirà.

   Li avrebbe trovati ovunque anche senza l'utilizzo di suo figlio.

— Ma avremo più tempo a nostro favore.

   Replicò l'altro a denti stretti.

— Mi spiace, credo che per oggi possa bastare.

    Gideon rimase immobile di fronte all'autorità del suo principe, stralunato tuttavia da cotanta stupidaggine. Mugugnò contrariato, ma alla fine cedette pure lui: il petto gli doleva, avido dei suoi lamenti.

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