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La camera da letto era avvolta nella penombra mentre le gocce di pioggia scivolavano lungo i vetri della finestra, trasformando la poca, grigia luce che filtrava in un gioco di forme.

Fuori dal palazzo, i goccioloni investivano qualsiasi oggetto animato e non, trasformando il paesaggio in un'indefinita macchia cinerea.

Pheanie si strinse sotto le coperte, appoggiandosi con la mano al petto nudo di Therar che, incantato, guardava la pioggia scorrere sui vetri.

La ragazza era felice che lui fosse finalmente tornato, anche se era perfettamente consapevole che, l'indomani stesso, sarebbe ripartito. Ma, in quella piovosa giornata, una domanda non aveva mail lasciato la sua mente e continuava a torturarla. Pheanie sapeva che non avrebbe avuto pace fino a che non glielo avesse chiesto. Sospirò passando il dito intorno ai muscoli definiti dell'addome del ragazzo. «Gineris...» disse infine, catturando la sua completa attenzione. «Come mai la conosci?»

Lui alzò gli occhi al cielo. Probabilmente, si aspettava la domanda.

«Perché sei così gelosa?»

Tipico di lui: bypassava la questione porgendone un'altra. Perché era gelosa? Beh, non lo sapeva nemmeno lei... o, forse, non voleva ammetterlo nemmeno a sé stessa. Ma non poteva negare. Di certo, non dopo la scenata davanti ad Arthis!

Così, la ragazza optò per la questione che più le premeva e la spaventava: «Ci sei mai stato a letto?»

A quella domanda tanto diretta, Therar sgranò gli occhi guardando il soffitto. In silenzio. Un silenzio che durò pochi secondi, ma, che, per Pheanie, furono un'eternità.

Infine, il ragazzo si voltò a guardarla e la sua occhiata fu così eloquente che la principessa si sentì mancare il respiro. Sì. La risposta è sì.

La morsa della gelosia le attanagliò lo stomaco. Doveva saperlo. Doveva sapere tutta la verità.

«Ne sei mai stato innamorato?» chiese con un filo di voce, tenendo lo sguardo basso.

«No» affermò lui con semplicità. L'aveva detto con una tale sicurezza che Pheanie fu quasi certa che fosse la verità. Anche perché... che senso avrebbe avuto mentire?

La ragazza, dentro di sé, tirò un sospiro di sollievo, benché non fosse cessata quella fastidiosa sensazione allo stomaco. Eppure, sapere questo, non lo rendeva suo.

Therar, dopo qualche istante, aggrottò la fronte. «Perché questa domanda? Tu sei innamorata?» domandò inquisitore osservandola con i suoi pozzi neri, così vicini al suo volto.

«N-no» rispose Pheanie ricacciando la sua titubanza. Era innamorata? No, non lo sono. Ma più se lo chiedeva, più si tormentava sul significato della parola "amore".

La principessa scosse la testa, quasi a voler cacciare quel pensiero. «Ma non hai risposto alla mia domanda...»

«Perché la conosco?» In risposta, lei annuì e lui sospirò portandosi una mano dietro al capo per appoggiarsi. «Se fai il mio lavoro conosci tante persone, in tanti posti...»

«Continui a non rispondere».

«Pheanie» le sussurrò lui avvicinandosi ancora di più al suo viso con un'espressione dolce che la ragazza gli vedeva dipinta addosso solo in camera da letto. «Non puoi sapere tutto di me».

«Perché no?» insistette lei, accostandosi a sua volta.

«Principessa... Non ho pretese su di voi e voi non dovete averne su di me».

Principessa. Voi. «Non sono la principessa, per te. Sono la tua amante. Non puoi trattarmi come un'estranea!» replicò la ragazza mentre la freccia le arrivava al cuore.

Therar sospirò. «Non lo sei» ammise in tono di scuse mentre le scostava i capelli neri e ricci dal volto. «Ma non sono stato una bella persona nella mia vita! Non lo sono tutt'ora e c'è molto più marcio in me di quel che non appare...»

«Hai solo venticinque anni!»

Il ragazzo, però, scosse la testa. «Sono nato venticinque anni fa, ma non ho venticinque anni!» dichiarò lasciandola perplessa per qualche secondo, mentre lei comprendeva il vero significato di ciò che lui intendeva dire. «E ne sei consapevole anche tu».

«Voglio solo capirti...» affermò lei accarezzandogli la barba sul volto. Ma lui le scosto piano la mano e, con uno scatto, si alzò a sedere.

«Continui a ripetermelo, ma non so perché! Cosa diavolo ti frega di capirmi, Pheanie? Cosa sono, una specie di esperimento?» sbraitò inarcando le sopracciglia mentre la fissava prendendo le distanze dal suo corpo.

La ragazza negò con il capo, intimorita da quel gesto inaspettato. «Io non vedo tutto il marcio che tu dici di avere» disse cercando di tenere un tono calmo.

«Appunto... tu non lo vedi» esclamò lui con una smorfia. «Tu vivi nel tuo castello nella speranza di realizzare i tuoi sogni e cerchi il buono nelle persone... Ma non c'è niente di buono in me!» urlò.

«Non è vero... Guarda quello che hai fatto con Dazira!» gli fece notare la ragazza prendendogli le mani. Lui la lasciò fare.

«Ha fatto tutto da sola».

«Non è così, e lo sai benissimo!»

Ma, a quanto pareva, Therar era convinto di ciò che stava dicendo, tanto era piatto il suo tono. «Si sta riscattando da sola ed io servo a ben poco» dichiarò.

Dazira si stava riscattando? Davvero? Era riuscita a dimostrare a tutti che potevano fidarsi di lei? «Cosa vuoi dire?» chiese, infatti, lei.

«Sta diventando popolare. Una sorta di eroina».

La sua voce era calma, la sua espressione, neutra. Eppure, Pheanie notò quella briciola di soddisfazione che Therar voleva nascondere al mondo, persino in quella camera da letto.

«Se lo merita» constatò la principessa con un sorriso compiaciuto.

Il ragazzo, però, non rispose. Rimase in silenzio per qualche minuto, poi si alzò da letto. «Già» ammise solamente.

«Therar! Dove stai andando?»

Ma, ancora una volta, non giunse alcuna risposta e Pheanie rimase sola nella stanza mentre le lenzuola diventavano sempre più fredde.

LA QUINTA LAMA (II) - La guerra del demoneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora