Quando Ernik uscì dalla tenda, l'oscurità stava calando come un manto sull'accampamento. Il cielo mostrava a malapena le ultime tracce di luce di quell'intensa giornata che si era portata via molte, troppe vite.
Il ragazzo decise che si sarebbe recato al villaggio più vicino per mettere un po' di distanza tra sé e quel campo pieno di morte. Lunan distava pochissime miglia dal fronte e, benché avesse la fama di un luogo poco raccomandabile, si diceva che la birra fosse buona e che la si trovasse a poco prezzo.
E lui aveva disperatamente bisogno di una birra, quella sera.
Trovò il suo cavallo di fianco a quello degli altri cavalieri, già pulito e sistemato: erano così lontani i giorni in cui era lui a doverlo fare per gli altri...
Entrare nell'accademia non era stato semplice e c'era chi, fin dall'inizio, gli aveva messo i bastoni fra le ruote. Ma ce l'aveva fatta. Aveva raggiunto gli obiettivi per i quali era partito: cambiare vita e progettarsi un futuro.
La sua vita, infatti, non avrebbe potuto essere così diversa: fino a meno di due anni prima non era che uno stalliere alla corte di re Gohr di Forterra e passava le giornate a pulire stivali, lavare cavalli e spalare lo sterco. Il suo tempo libero lo passava con Kaspiro a corteggiare le ancelle delle dame che giungevano a palazzo, o con Dazira, quella scapestrata figlia del bibliotecario sempre a caccia di guai... ma, a quel pensiero, un nodo gli salì in gola.
Faceva male pensarci. Dazira era un ricordo che, per certi versi, avrebbe voluto non avere.
Ernik scosse il capo, quasi a voler far scivolare via quel maledetto pensiero che gli si era insinuato in mente.
Poi salì a cavallo e lo spronò perché cominciasse a galoppare veloce. Più veloce. Ancora più veloce.
Quando entrò nella locanda che gli era stata consigliata da Alyconte giusto qualche giorno prima, si accorse che non era il solo dell'esercito ad aver scelto Lunan per una birra. Intorno a lui, infatti, il locale brulicava di soldati.
Ernik si sedette al bancone ed ordinò un boccale senza guardare in faccia nessuno che potesse cogliere l'occasione per iniziare a parlargli. L'ultima cosa di cui aveva voglia quella sera era una discussione su quanti erano morti, chi era sopravvissuto o su chi avrebbe preso il posto del comandante deceduto in battaglia.
Si portò il boccale alla bocca e bevve un lungo sorso gustandosi il gusto intenso di quel delizioso liquido ambrato.
Aveva quasi finito la sua birra quando qualcuno prese posto accanto a lui. «Sei tu!» esclamò su di giri lo sconosciuto.
Ernik si voltò verso di lui e si rese conto che quella faccia non gli era nuova: i capelli castani, il naso aquilino e dei baffi molto pronunciati erano protagonisti di un volto un po' asimmetrico. Ma... dove l'aveva visto?
Il ragazzo dovette percepire il suo imbarazzo, perché subito si spiegò: «Mi hai salvato la vita oggi... ti devo ringraziare!» esclamò il giovane soldato sorridendo a trentadue denti.
Ecco dove l'ho visto! Era quello che stava per morire disarmato.
«Lascia che ti offra un altro boccale!» affermò l'uomo indicando il bicchiere quasi vuoto tra le mani di Ernik.
Il ragazzo annuì con un sorriso tirato. «Una birra non si rifiuta mai» disse solo.
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Ernik non si ricordava nemmeno il nome di quello strano tipo, eppure ci aveva parlato tutta la sera, tra un bicchiere e l'altro.
Scese da cavallo e lo legò senza troppa cura insieme a tutti gli altri, per poi avviarsi barcollante verso la sua tenda privata.
Quando entrò, si lasciò cadere senza troppa cura sulla branda. Finalmente a casa, finalmente solo.
Fu allora che si lasciò andare ad un pianto sommesso, così che nessuno lo sentisse. Era stanco, ed esaurito.
Era stanco di uccidere persone che erano state mandate in battaglia esattamente per lo stesso motivo dei suoi commilitoni, persone che avevano la stessa preparazione – pressoché nulla – dei soldati del suo battaglione. Era gente che aveva fame; molti di loro avevano una moglie, dei figli, un padre...
Aveva fatto una promessa, ma non la stava rispettando. Aveva promesso sulla tomba di Naston che lui sarebbe stato l'ultima vittima innocente morta a causa sua.
Ma non era stato così. Da quando aveva lasciato il castello di Forterra, Ernik non faceva che distruggere tutto ciò che gli era stato caro: aveva abbandonato Dazira nel momento in cui lei aveva più bisogno di lui ed era stato così codardo da non presentarsi nemmeno al funerale di Ladon; per la sua dannata curiosità, Naston era stato trovato da Rotoro ad amoreggiare con un uomo e quella serpe aveva colto immediatamente il pretesto per ammazzarlo.
Ed ora, ora che Ernik si trovava costretto ad uccidere per non essere ucciso e la sua mente sarebbe dovuta essere occupata da altri pensieri, non faceva che guardare di nascosto la ragazza del suo migliore amico.
Era un essere ignobile, commentò tra sé e sé, sollevandosi per spogliarsi dalle armi che teneva appresso.
In quel momento, prima di riporre la spada, gli venne un'idea. La estrasse e la guardò: era stata pulita a dovere, tanto che luccicava alla luce delle fiaccole esterne che filtrava nella tenda.
Sarebbe bastato un unico, semplice gesto e tutto quel senso di colpa se ne sarebbe andato. Il mondo sarebbe stato un posto migliore.
Fu in quel momento che l'ombra di qualcuno interruppe i suoi pensieri.
Ernik si voltò e trovò Amila a fissarlo sbigottita mentre lui cercava di metterla a fuoco con la vista annebbiata dall'alcol.
«Ernik» lo chiamò in tono carezzevole, avvicinandosi a lui e appoggiandogli delicatamente la sua mano sulla spalla. Come lei si avvicinò, lui sentì il suo profumo, quel profumo che solo lei aveva e che la rendeva inconfondibile.
Amila lo guardava con un'espressione sempre più preoccupata e, senza dire niente, appoggiò una mano sull'elsa della sua spada e, lentamente gliela prese dalle mani.
Quando gliel'ebbe tolta, la ragazza l'appoggiò ad un'asse mentre Ernik scivolava in basso, atterrando sulle ginocchia.
Ernik sentì Amila sospirare e, qualche istante dopo, se la ritrovò accucciata davanti a lui a guardarlo con i suoi grandi occhi comprensivi mentre i capelli sciolti le ricadevano sulle spalle
«Cosa stavi facendo?» gli domandò la ragazza sedendosi sulla stuoia a terra, con le gambe incrociate.
Il suo tono, pensò Ernik, era premuroso e preoccupato. Doveva averle fatto prendere un bello spavento!
Il ragazzo scosse la testa mentre le lacrime continuavano a scendere silenziose. «Pensavo. Sono stanco e ubriaco».
«E distante» aggiunse Amila avvicinandosi di più. Per tutti i diavoli, quanto era bella! «Devi smetterla di isolarti! Io ho paura per te...»
Ma non attese la risposta e lo abbracciò. Un abbraccio stretto che non frenò le lacrime di Ernik, tanto che scendevano giù sempre più copiose.
Maledizione, sembrava un dannato moccioso! Eppure, ad Amila, non sembrava importare. Lei era lì per lui e gli voleva bene. Voleva stargli accanto e gli stava chiedendo di permettergli di essere sua amica.
Ernik sospirò. Non poteva più respingerla, ma... sarebbe stato in grado di essere solo suo amico?
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LA QUINTA LAMA (II) - La guerra del demone
Fantasi[COMPLETO] Sembra passato così tanto tempo da quando il sangue si è impossessato della sua anima per la prima volta, tante sono le vite che ha spezzato, eppure, Dazira non sembra volersi dare per vinta, accettando il demone del quale è ospite. Ernik...