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Ernik era perfettamente consapevole che gli occhi di Amila erano ancora puntati su di lui mentre seguiva Dazira a passi ben distesi.

La ragazza camminava svelta nei suoi pantaloni di tela color fango infilati dentro a degli stivali logori ed i suoi capelli mossi ondeggiavano raccolti in una coda di cavallo che terminava sulla sua nuca.

«Dazira!» la chiamò a gran voce, facendo voltare i soldati nei pressi di quell'area dell'accampamento.

La ragazza, udendo la sua voce, rallentò il passo fino a fermarsi, ma non si voltò e attese che lui la raggiungesse.

Non si erano più parlati. Qualche volta i loro sguardi si incrociavano e a tratti, lui aveva la percezione di riconoscerla appieno... ma, da quella volta, un paio d'anni prima, nelle segrete del castello di Forterra, i due non si erano più rivolti la parola.

Per una frazione di secondo, Ernik buttò lo sguardo dietro di sé, rendendosi conto che Amila non si trovava più dove l'aveva lasciata. Forse aveva capito. Forse aveva deciso di fidarsi di lui.

Lui doveva chiudere le ferite che si era lasciato indietro e che ancora erano aperte, ed ora Amila lo sapeva.

«Ernik» mormorò Dazira quando lui la raggiunse e se la trovò di fronte, ancora più bella di quando lavorava a palazzo.

Il ragazzo inspirò riprendendo fiato e scacciando la sensazione di nervosismo che gli aveva pervaso lo stomaco nello stesso momento in cui aveva deciso istintivamente di seguirla. Per diversi giorni i due non avevano fatto altro che evitarsi.

Pranzavano insieme a tutti gli altri, combattevano insieme a tutti quanti e si incrociavano tra le tende del campo militare, ma, fino ad allora, era regnato il silenzio.

«Grazie» ansimò Ernik passandosi una mano tra i folti capelli chiari. «Per aver difeso Amila» precisò.

Dazira lo scrutava analitica, quasi si fosse trovata davanti ad un corpo alieno, ma con una tale freddezza che i suoi occhi azzurro cielo sembravano ora pozze di ghiaccio.

«Non l'ho fatto per compiacerti» dichiarò lei sterilmente mentre in un angolo della sua bocca carnosa si mordeva un labbro, tradendo una certa tensione che Ernik riconobbe come fosse sua.

Dazira si era sentita tradita. Ernik lo sapeva e non poteva colpevolizzarla per questo. Solo... il ragazzo non capiva perché per lui la sua opinione e il suo perdono fossero ora così importanti visti i cambiamenti radicali avvenuti nelle loro vite. Considerato il fatto che ora sembravano non avere più molto da condividere.

Lei faceva parte del suo passato, averla parte del suo presente non avrebbe cambiato nulla. Eppure gli importava. Averla persa era stato un errore che Ernik aveva rimpianto ed ora avrebbe fatto il possibile per sistemare di nuovo le cose... se lei glielo avesse permesso.

Il ragazzo annuì e la fissò dritto negli occhi. «Lo so. L'hai fatto perché era giusto!»

«Sì» ammise Dazira abbassando lo sguardo e, in un secondo, Ernik la rivide. La riconobbe. La Dazira che conosceva era lì, non se n'era mai andata, con il suo innato senso di giustizia e la grinta di un guerriero.

«Sai» disse lui avvicinandosi un poco «penso che non commettiamo reato a parlarci!»

«Non racconto i fatti miei agli sconosciuti».

«Sconosciuti» ripeté Ernik in un sussurro. Già... questo era lui per lei: uno sconosciuto. Qualcuno che era stato suo amico tanto tempo fa. Lei non sapeva cosa aveva passato lui nell'accademia, cosa aveva provato per Amila, né quante volte il rimorso per averla abbandonata lo avesse logorato dentro. Lei non lo sapeva, ma lui avrebbe potuto raccontarglielo e ascoltarla per scoprire come era diventata quella che tutti ora acclamavano in battaglia, come aveva fatto a superare tutte le difficoltà da sola... avrebbe ascoltato tutto.

LA QUINTA LAMA (II) - La guerra del demoneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora