breathe.

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"Gate, mio Dio per la millesima volta, smettila di urlarmi in testa, mi stai facendo innervosire!"
"Smettila di urlare?! SMETTILA DI URLARE?! FINN TU NON PUOI DIRE SUL SERIO!"
"Gate, sono mortalmente serio, chiudi quella boccaccia o ti farai sentire dai vicini!"
"Finn Wolfhard, TU DEVI ESSERE MATTO DA LEGARE! Come puoi pretendere che io stia zitto e buono dopo tutto quello che mi hai raccontato, TI RENDI CONTO?"
Gaten stava di fronte a lui, in piedi sul divano mentre saltava in preda all'agitazione come se avesse appena visto un fantasma.
E, in effetti, la verità non era poi così lontana, dato che quello che aveva davanti aveva tutta la probabilità di essere più un tizio alieno o roba del genere che non il suo coinquilino.
Perché non c'era possibilità, dimensione alternativa o futuro distopico in cui Finn, il suo best buddy di sempre, potesse essere entrato in contatto con una come Millie Bobby Brown.
E non contatto tipo "O mio Dio, l'ho vista per un millesimo di secondo mentre scendeva dalla sua limousine di fronte al Ritz". No.
Contatto tipo "E' entrata in casa nostra, hanno avuto dialoghi di senso compiuto che l'hanno portata in qualche modo a venire con noi a casa di Cal. Fra tre ore."
Era roba grossa quella. Grossissima.
"Amico, sul serio, dacci un taglio."
"Finn, Millie Bobby Brown è stata in casa nostra, SUL NOSTRO PARQUET! Io ancora stento a credere che tu non sia sotto effetto di qualcosa di forte e che ti sia immaginato tutto!"
"Ti ho detto di abbassare la voce!"
"Mi spieghi come diavolo faccio?!"
Finn si sbottonò la camicia un po' di più, tirandosi i capelli indietro nel tentativo di liberarsi almeno un po' dal caldo che lo stava avvilendo.
"Okay, okay. Senti Gate, facciamo così: se proprio devi sfogarti, fallo ora e per bene, ti ho avvisato apposta per evitare sceneggiate o altro stasera."
"Oh, oh, questo non posso proprio promettertelo!" ridacchiò lui, abbracciando uno dei cuscini.
"Perfetto! Grandioso! Avrei dovuto attenermi al piano A."
"Sarebbe a dire?"
"Imbavagliarti, chiuderti nell'armadio e fuggire il più lontano possibile."
Finn sentì un colpo improvviso alla nuca e vide il cuscino prima stretto da Gaten ai suoi piedi.
"Sei veramente uno stronzo, Wolfhard, come hai potuto pensare di nascondermi tutto?!"
"E' evidente che sarebbe stato meglio!"
Un altro colpo, questa volta sul petto.
"E smettila con questi cuscini!"
Gaten ridacchiò, alzandosi dal divano e avvicinandosi al più alto.
"E va bene, Finnlard, facciamo così: farò del mio meglio per non fare del mio peggio, okay?" disse, poggiandogli le mani sulle spalle.
"Wow, ora sì che sono tranquillo."
Gaten gli diede una spallata giocosa ed entrambi risero.
"E, in ogni caso, Finnie: i miei complimenti. Ci mancava poco e neppure ricordavi come fosse fatta una ragazza e il primo appuntamento che ti rimedi è con una star del cinema internazionale.
Complimenti a te, amico."
Finn arrossì vistosamente, nascondendo un sorriso, e gli diede una spallata di ritorno.
"Piantala!"
Fu il turno di Finn di buttarsi sul divano, a quel punto: si sentiva esausto, ma, allo stesso tempo, con un'energia nuova, che non sentiva da tanto tempo.
Si sentiva quasi come un bambino, lo stesso bimbo aggrappato alle spalle forti di suo padre, quella mattina d'estate: aveva voglia di urlare, di correre.
Aveva voglia di suonare, di nuovo, dopo tanto, troppo tempo.
"Beh, direi che è il caso che vada a farmi un paio di birre, da sobrio sarei decisamente più pericoloso."
"Per la prima volta siamo d'accordo, Gate, incredibile!"
"Spiritoso" Gate rise, scompigliandogli i capelli sul bracciolo.
Finn sorrise all'altro, ancora terrorizzato dall'idea di come sarebbe potuta andare la serata, ma in un certo senso ... sollevato.
In fondo, coinvolgere anche Gaten aveva reso il tutto più reale, meno onirico.
C'era solo un ultimo, non così piccolo dettaglio da sistemare ora: come spiegava a Caleb che Millie Bobby Brown sarebbe andata al party per il compleanno di Sadie fra ...
-O mio Dio mancano solo due ore e mezza!-
Sbarrò gli occhi guardando la posizione delle lancette sul suo polso e saltò letteralmente giù dal divano, rischiando di inciampare nelle sue stesse gambe lunghe.
-Oddio che diavolo mi metto? Non ho più camicie pulite, tranne quelle che mi fanno sembrare più idiota del solito ... Cavolo!"-
"Gate? Hey, hey Gate!"
"Uhm?"
"Potrei chiederti ... ecco ... un piccolo favore?"

"Mills, sei un caso perso, lasciatelo dire."
"Che intendi dire Schnipp?"
"Che lo conosci da quanto, 3 giorni? E già hai svuotato l'armadio due volte per trovare l'outfit perfetto per stasera."
Noah se ne stava seduto sul letto in camera di Millie a sorseggiare una Pepsi, circondato da una pila di vestiti di ogni tipo e colore.
"E con questo? Lo sai che ci tengo a presentarmi sempre bene."
"Millie, andiamo, quando ti ho rimediato quell'appuntamento con quel tipo irlandese che trovavi carino sei letteralmente uscita con i jeans e una delle mie t-shirt dell'Hard Rock. Vuoi seriamente darmela a bere?" disse sorridendo allusivamente.
La ragazza smise di torturarsi i capelli per un attimo e sospirò: Noah aveva fatto centro.
"E va bene, Schnipp. Sono un po' nervosa, lo ammetto."
"Ma non mi dire!"
"Piantala!" disse lei, lanciandogli addosso uno dei suoi foulards.
"Mills, è evidente che tu sia nervosa, okay? La questione è: perché? Non sei mica tu il miracolato venditore di vinili che si trova tutt'un tratto ad uscire con la star internazionale più famosa del momento."
"E con ciò?"
"E con ciò ..." - ripeté lui – "voglio dire proprio quello che intendevo: che ormai sei persa Millie, ed è molto più di una cotta qualsiasi. Ed era anche ora, direi."
Millie si morse le labbra sentendo quelle parole, perché sapeva esattamente cosa intendesse il suo migliore amico.
Aveva sofferto in passato, e molto. Aveva sofferto tanto da avere un vero e proprio "blocco emotivo" nei confronti dell'amore: niente più "farfalle nello stomaco", niente più sogni ad occhi aperti.
Qualcosa l'aveva segnata, profondamente. Qualcuno l'aveva ferita al punto di chiudersi in sé stessa, senza lasciar passare nessuno.
Noah le era stato accanto più di chiunque altro, asciugandole ogni singola lacrima e regalandogli notti intere di canzoni urlate fuori dal finestrino della sua auto in giro per Los Angeles.
Sorrise lievemente, ripensando a quei ricordi dolceamari, e si voltò di nuovo verso Noah.
"Okay, va bene, va bene. Mi piace ... Mi piace molto, okay?" disse, sorridendo, ma senza incrociare lo sguardo dell'altro.
"Ohh, finalmente lo hai ammesso. Direi che era anche ora dopo la storia del bacio ..."
"Piantala di prendermi in giro, Schnapp."
"... e del messaggio..."
"Noah."
" ... e dell'appuntamento in casa la prima sera ..."
"Noah Schnapp, se non la pianti non ti racconterò nulla di nulla quando tornerò."
Noah sbarrò gli occhi a quella affermazione e fece segno di resa con le mani.
"Okay, okay, neanche io posso resistere a queste minacce."
Risero entrambi, col cuore più leggero.
Poi Millie si legò i capelli in una coda bassa e si guardò intorno, con le mani sui fianchi.
"Forza, ora, aiutami a scegliere qualcosa!"

"Disastro! E' un disastro!"
Finn si avvicinò un po' di più allo specchio del bagno, armeggiando con pettine e gel per capelli, mentre le lancette dell'orologio scorrevano imperterrite.
"No no no, tutto sbagliato!" borbottò, frustrato.
I suoi tentativi di domare i suoi ricci in qualche modo si erano dimostrati, ancora una volta, inutili: il risultato era molto lontano da ciò che si era immaginato e tutto ciò che voleva fare in quel momento era urlare per la frustrazione.
Tentò di "salvare il salvabile", continuando a pettinarsi per qualche altro minuto e sistemando alcune ciocche con le dita.
Dopo qualche minuto, lungi dall'essere soddisfatto, sospirò, prendendo a sistemarsi il colletto della t-shirt dei Pearl Jam che indossava.
Aveva deciso di abbandonare definitivamente l'idea di un completo, sia per la mancanza di camicie, sia perché non si sentiva a proprio agio a "mettersi in tiro" per andare da Caleb.
Certo, c'era Millie: perfetta, dallo stile impeccabile in ogni situazione.
Ma Finn aveva ripensato al loro primo incontro, a come il tutto fosse iniziato con lui nel suo golfino rosso e slabbrato e di come quello fosse "il vero lui".
Tutto era iniziato da lui che era "semplicemente lui". Ed era così che voleva mostrarsi a lei: come semplicemente Finn.
Forse sarebbe stata una scelta vincente, anche se i suoi capelli in quel momento gli suggerivano il contrario.
-Sta' calmo, Finn.-
Si guardò ancora una volta, sfregando le mani contro i jeans e infilandosi la camicia a quadri rossa che lasciò aperta e inspirò profondamente.
-si va in scena!-


Ciao a tutti ragazzi!
Mi dispiace che questo aggiornamento sia arrivato così tardi, ma sono stata estremamente impegnata, tra trasloco e Università.
Ora ho un po' più di tempo libero per riprendere in mano questa storia, a cui tengo moltissimo, tra l'altro.
Spero che questo breve capitolo di ritorno vi sia piaciuto!
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Un bacio e a prestissimo

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