Shooting Stars

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-"Avanti, Millie, corri!"
"Aspettami, Charlie!"-

Sin da bambina, una delle tradizioni che più amava era quella di stendersi nei sacchi a pelo sulla terrazza con i suoi fratelli, nelle notti di agosto, a godersi lo spettacolo delle stelle cadenti che affollavano il blu del cielo, proprio sopra le loro teste.
'Esprimi un desiderio': ricordava perfettamente di quando sua sorella Paige le aveva sussurrato quelle parole per la prima volta; lei doveva avere solo cinque o sei anni, allora, e la villetta con la facciata gialla rappresentava tutto il suo mondo, quasi come adesso.
Ne era rimasta affascinata, come se fosse un segreto enorme che solo loro tre, lì, all'angolo della strada, possedevano.
E allora aveva chiuso gli occhi, ogni volta che uno di quei bagliori lontani aveva attraversato, rapidissimo, il cielo e il suo sguardo, collezionando negli anni una lunghissima lista di desideri, che teneva scritta e gelosamente custodita tra i suoi ricordi più belli.
Il tempo che era passato da quella prima volta in cui, nascondendo gli occhi dietro le mani, aveva segretamente desiderato di avere un pony era stato tanto e tante erano le cose che quel tempo stesso aveva mutato, con il suo scorrere.
C'era una cosa, però, che era rimasta la stessa, immobile e intatta, come se lei non se ne fosse mai andata dalla terrazza della sua casa in Georgia: la speranza, riflessa nei suoi occhi, con cui puntualmente, nelle notti d'estate, continuava ad affidare sé stessa e i suoi sogni nelle mani di quegli astri di fuoco di fronte a lei.
Si era sentita proprio così, a volte, mentre, sola nei camerini o nelle stanze d'albergo di tutto il mondo, si guardava allo specchio, togliendo i residui di trucco, che fosse scenico o da red carpet: come una di quelle meteore lontane che bruciavano inesorabilmente, a causa di una pressione che non potevano sopportare.
Era stato 'tutto un po' troppo', a volte.
Molti desideri di quella lista segreta si erano realizzati, alla fine, superando di gran lunga le aspettative di quella bambina stretta nel suo sacco a pelo: la sua prima audizione, recitare in una serie tv di successo e essere la prima attrice di almeno un film per il cinema.
Molti altri, invece, erano ancora sepolti tra i suoi ricordi, alcuni troppo dolorosi per essere tirati fuori dal mucchio di polvere sotto cui li aveva sepolti.
Era strano che fosse stato proprio un incontro avvenuto tra cd impolverati ad averle fatto tornare la voglia di riscoprire quei desideri, tracciati dietro la tenda delle sue palpebre chiuse.
"Hey, Finn?"
Non si erano mossi dalla panchina, avvolti com'erano dalla pace che si respirava nel verde, con la sola compagnia dei loro respiri, che formavano nuvole di vapore nel freddo della sera.
"Sì?"
Il ragazzo notò la direzione del suo sguardo, che puntava dritto verso la volta del cielo, come se stesse cercando, tra quei punti luminosi, la risposta a ogni suo interrogativo.
Quella era una delle cose che più amava di Notting Hill: il fatto che in praticamente ogni momento dell'anno fosse possibile vedere le stelle che, di Londra, erano le sue luci predilette.
"Tu ci credi nella storia delle stelle cadenti?"
Finn la guardò stranito, come aveva fatto già decine di volte da quando se l'era trovata di fronte, all'entrata del suo negozio.
"Quale storia?"
"Sai, no, di esprimere un desiderio quando ne vedi una?"
A Finn uscì fuori, quasi senza che se ne rendesse conto, una risata amara, che sfumò dalle sue labbra nell'ennesima nuvoletta di vapore.
Se solo lei avesse saputo quanti dei suoi desideri e sogni nel cassetto erano sfumati, frantumandosi come se avesse sbattuto contro mille atmosfere.
"Cosa ... che cos'è quella?"
Era stato in un parco come quello, tanti e tanti anni prima, che per la prima volta aveva visto una di quelle luci, distanti milioni di anni luce e sempre fisse all'apparenza, correre via, lungo il cielo blu scuro, come se stesse inseguendo qualcosa che non poteva proprio lasciarsi scappare.
"E' una stella cadente. Bella, vero?"
Era stato Nick a spiegarglielo, puntando il dito verso le stelle proprio come stava facendo lui, che aveva spalancato i suoi grandi occhi, nell'attesa di vedere anche il resto di quelle luci lontane fuggire via.
"Non è una cosa che si vede tutti i giorni, sai? Puoi esprimere un desiderio, quando succede."
Aveva decisamente perso il conto di tutti i sogni investiti sulle sue personali 'stelle cadenti', tutti sotto il segno di quella musica che lo faceva star bene e fantasticare al punto di credere per davvero che qualcosa di effimero come un desiderio, che fosse espresso vedendo un astro cadere o soffiando forte sulle candeline di compleanno, potesse, in qualche strano modo, contare qualcosa.
Ma a volte desiderare tanto non basta e un sogno troppo ardente finisce solo per andare a fuoco, bruciando anche te e cadendo giù a picco.
Persino la sua chitarra, emblema di tutti i suoi desideri, anche di quelli inespressi, non era riuscito a superare tutti gli urti e all'ennesimo rifiuto, all'ennesimo 'forse ti manca qualcosa', era crollata inevitabilmente.
Era crollato anche lui, allontanandosi dalle luci che aveva sognato.
"Beh, come hai detto tu, è 'una storia'. Una bella storia, certo, ma crederci ... è diverso, ecco."
Millie non aveva distolto neanche di un secondo lo sguardo dalle stelle sopra di sé, mantenendo la stessa espressione di imperscrutabile serenità di prima, che continuò a restare fissa sul suo viso anche quando parlò di nuovo, dopo un po':
"Sarebbe bello, però. Avere un conforto così, intendo: guardare il cielo e pensare che magari qualcosa di bello potrebbe accadere, se si aspetta il momento giusto per mettersi in gioco e iniziare a desiderarlo per davvero."
Il ragazzo rise di nuovo, questa volta più divertito e intrigato dalle sue parole che altro, e annuì appena.
"Già ...Già è così."
Si guardò intorno: la quiete del parco sembrava fatta apposta per restare lì fino all'alba a vedere le stelle, fino a al momento in cui il cielo si sarebbe tinto di sfumature più calde, trasformando il blu intenso, che regnava ora incontrastato, in un tenue viola.
E lui era lì, con addosso quella camicia a quadri che aveva dai tempi delle superiori e con gli occhiali leggermente appannati per l'umidità e aveva al suo fianco una ragazza con cui chiunque avrebbe ritenuto impensabile passare anche solo pochi secondi che aveva baciato più volte e che indossava una maglietta sgualcita di una rock band e teneva le gambe incrociate a contatto con le sue, come se non fosse stata mai più a suo agio di così.
E per un quadretto del genere, forse davvero non sarebbero bastate tutte le meteore della Via Lattea.
"Sai una cosa, Brown? Forse un po' ci credo."
Lei, allora, si decise ad abbassare lo sguardo, su cui Finn riuscì distintamente a scorgere i segni di quelle luci da lei ammirate fino a quel momento, e lo guardò, mantenendo quel sorriso sereno e così genuino che a lui quasi sembrò di vederla per la prima volta, in quell'istante, con i capelli scompigliati dal vento e il rossetto ormai sparito: non era mai stata così bella.
La sentì ridacchiare e percepì la pressione leggera della sua mano sulla spalla, mentre si avvicinava sempre più a lui: a Finn sembrò che il tempo si fosse fermato ancora.
Sarebbe potuto succedere di tutto attorno a loro, in quel momento, e non sarebbe importato: quel parco, da personale isola felice della sua vita, era diventato, ora, la loro, di isola felice e tutto il mare della città che li circondava sembrava lontano anni luce, come quelle stelle che erano state per anni custodi dei loro desideri.
Fu un bacio diverso, questa volta, più consapevole e meno impulsivo, quasi che entrambi volessero ritrovare tutto ciò che avevano imparato a conoscere dell'altro, tra i ciliegi e il parco, tra le loro labbra.
Millie si strinse a lui, sentendo la necessità di sentire attorno a sé solo lo spazio di quell'abbraccio, e un sospiro le morì in gola quando sentì Finn stringergli appena il labbro inferiore tra i denti.
"Finn ..."
Sentì il collo, coperto in parte dal colletto del cappotto, andarle a fuoco e bramò ardentemente di sentire le labbra del ragazzo anche lì e, per la prima volta dall'inizio del loro vagabondare per Notting Hill, desiderò di trovarsi con lui da un'altra parte, che fosse il suo appartamento polveroso o la sua camera d'hotel.
Si sforzò, comunque, di restare lucida e di godersi, ancora per un po', quella bolla che si era creata intorno a loro e che era terrorizzata di far scoppiare, spingendosi troppo in là.
Si allontanò appena da lui, sentendo una strana sensazione alla bocca dello stomaco nel momento in cui vide le sue pupille dilatate e notò il fiato corto quanto il suo.
"Sai una cosa, Wolfhard?"- sussurrò, quasi direttamente nel suo orecchio - "Forse ci credo anch'io, a questa storia."


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