Surreal ... But nice

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"Incredibile" Finn sussurrò, pensando che per essere soltanto le 13.30 quella giornata poteva dirsi senza dubbio alcuno la più ricca di eventi della sua vita.
Teneva la testa ancora appoggiata alla porta e gli occhi chiusi, tentando di salvare nella memoria i fotogrammi di quelle ultime, incredibili ore.
Decise di allontanarsi dall'ingresso soltanto quando, riaperti gli occhi, il cumulo di t-shirt e camicie sporche lasciate da Gaten e che lui aveva tentato di mascherare alla meno peggio schiacciandole sotto una sedia, occupò la sua visuale.
Inspirò profondamente e si alzò le maniche del golfino.
"Tentiamo di rendere questo posto un minimo presentabile." Disse, iniziando a imbracciare l'aspirapolvere.
Non si sa mai, a quanto pare.
Non fece in tempo ad avviare la pulizia dei pavimenti che il suono del campanello lo fece sobbalzare.
-Ecco Mr DonGiovanni di ritorno -
Notò le chiavi di casa del suo coinquilino abbandonate sullo sgabello all'ingresso e alzò gli occhi al cielo, imponendosi di stare calmo.
"Gate, ti ho detto un milione di volte di portarti le chiavi, potrei dover restare in negozio, oppure-"
"Salve!"
"Oh, cos- Salve!"
Le due iridi magnetiche con sfumature ambrate che aveva incontrato appena dieci minuti prima sulle scale di casa sua lo stavano fissando ancora e, a quel punto, doveva esserci un errore per forza.
Una qualche disfunzione spazio – temporale o un sogno, probabilmente.
"Io, ecco, temo di aver dimenticato qui da lei le mie buste." Millie disse, timidamente, quasi mortificata dall'aver disturbato ancora.
"Mi spiace, davvero, devo essermi distratta ..."
"Oh, ma s'immagini, certo, saranno di là, faccio io." Rispose lui, con un tono di voce decisamente più acuto del normale.
Tentò di restituire a sé stesso un contegno, mentre si dirigeva nuovamente in cucina per recuperare quelle buste, con risultati decisamente scarsi.
Gliele porse timidamente, sfiorando per un attimo le nocche della sua mano sinistra e sentendo un brivido.
Brivido che non dovette passare inosservato, dato che Millie abbassò il suo sguardo sulle loro mani, ancora in contatto e corrugò la fronte, prima di guardare di nuovo lui negli occhi.
Si stavano osservando ora: Finn tentava di cogliere ogni sfumatura di quell'iride profonda e sembrava che lei stesse facendo esattamente lo stesso.
C'era qualcosa nell'aria, qualcosa di elettrico e ben tangibile.
Qualcosa di bollente e pronto ad esplodere.
Qualcosa che effettivamente esplose nel momento in cui Finn sentì la pressione di due labbra morbide sulle sue.
Se sto sognando, Gate, ti prego non svegliarmi.



La prima cosa che le venne in mente fu il profumo di biscotti alla vaniglia, quelli che sua nonna preparava ogni primavera alla casa al lago.
Lei e Charlie, suo fratello maggiore, correvano spediti dentro casa dal giardino guidati da quel profumo, che dalla porta-finestra si spandeva ovunque.
E anche a distanza di anni, quando si era sentita giù di morale per i litigi con i suoi per i troppi Natali mancati o per i paparazzi appostati sotto il suo balcone, quell'odore di vaniglia, venendole in mente o accarezzando le sue narici distrattamente attraverso le vetrine di un bar, riusciva sempre a farle tornare il buonumore, anche solo per un istante.
E ora sorrideva, stava sorridendo, perché quel profumo era ovunque attorno a lei ed era bello ed era folle.
Folle perché quello era il profumo di Finn Wolfhard, perfetto sconosciuto con qualcosa di più.
La mano che le stava sfiorando la nuca delicatamente era quella di Finn Wolfhard, così come quelle labbra dolci che premevano, ora, un po' di più sulle sue.
Lei, Millie Bobby Brown stava baciando Finn Wolfhard, perfetto sconosciuto all'ingresso del suo perfettamente sconosciuto appartamento e, incredibilmente, si sentì a casa.
Era bello.
Ed era bello, anche solo per un secondo, provare ad immaginare quel gesto ripetuto altre centinaia di volte, magari un sabato sera, dopo ore passate a guardare un film, stretti sotto una coperta, o anche solo così, dopo essersi incontrati per caso, ma non troppo, in mezzo alle strade affollate di Londra.
Non aveva mai provato una sensazione come quella e non sapeva se dipendesse dal fatto che stesse baciando una persona che aveva visto solo per due volte e di cui conosceva solo il nome e il volto, o se ci fosse dell'altro.
Ciò che sapeva, però, era che il suo cuore stava battendo ad un ritmo nuovo, assecondando un'emozione nuova.
Un'emozione che cercava da una vita.


Si staccarono dopo un tempo che parve interminabile, sospeso, con uno schiocco sonoro che riecheggiò nel corridoio della casa vuota.
Millie teneva le labbra ancora schiuse e guardava in basso, senza riuscire più a reggere il suo sguardo profondo e scuro più della notte.
Non si era resa conto davvero di ciò che aveva fatto né del perché.
Semplicemente qualcosa l'aveva spinta a stringerlo e a, beh, gettarsi su quelle labbra che sembravano così accoglienti.
Calde e morbide, come la sua voce gentile.
Ed era stato ... wow.
Non aveva mai preso l'iniziativa in quel senso, nella sua vita: diciamo che era stata intraprendente in tante cose, davvero, ma l'amore era decisamente fuori lista.
Questa volta era stato diverso, il perché non sapeva spiegarlo.
C'era ... quel qualcosa.
Quel qualcosa di confortevole che l'aveva avvolta non appena aveva visto tutti quegli scaffali stracolmi di musica in quel negozio disordinato, quando aveva deciso di entrare al di là della porta a vetri perché attratta dal mondo che celava, quando aveva tentato di decifrare le sfumature di quegli occhi, ora sgranati e lucidi di fronte a lei.
Poteva essere tutto o niente.
Ma era certamente ... qualcosa.
Si stava perdendo di nuovo, ora. Non nel senso più angoscioso del termine, anzi, quell'accezione era davvero la più antitetica per descrivere ciò che stava provando.
Vagava, certo, ma i suoi pensieri erano più "alla ricerca".
Alla ricerca di un senso, di una spiegazione, di un perché.
Ma forse l'unica verità era che non c'era bisogno di spiegazioni.

Finn continuava a fissarla, sentendosi sempre più rinchiuso all'interno di una bolla di vetro, lontano da tutto, tutti e da ogni senso logico.
Quando prese la parola, dopo qualche istante, quasi non riconobbe la sua voce per quanto tremava.
"Io volevo scusarmi, per ... per quella storia della .... Della torta di prima, io so che devo essere sembrato patetico, ma giuro che nella vita di tutti i giorni non sono così tremendo, o almeno mi piace crederlo."
Millie a quel punto rise davvero, e fu liberatorio.
Finn si stava decisamente abituando a quel suono così dolce e sorrise di rimando.
"Non fa niente, io credo che con la storia del 'tornare in strada' avessi perso le speranze dal principio."
Risero ancora, entrambi, e Millie, di nuovo, si sentì paradossalmente al posto giusto.
"Io"- Millie si schiarì la voce- "Io credo che sia meglio non parlare a nessuno di quello che è successo oggi. E' ... beh, diciamo che è complicato?"
Non sapeva neanche definire il "quello che è successo", perché troppo ... surreale.
Vide Finn annuire piano, con un sorriso leggero sulle labbra, e poi rispondere a voce bassa:
"Certo, certo, non c'è pericolo, davvero. Anche perché fatico a crederci io stesso e se lo raccontassi a qualcuno, coinquilino compreso, sarebbe la volta buona che mi rinchiudono da qualche parte per infermità mentale."
Poi fece una pausa, riprendendo dopo qualche secondo per aggiungere
"So che probabilmente ho dato l'idea di essere tutto fuorché affidabile, ma se per qualche assurda ragione sono riuscito a guadagnarmi un po' di fiducia, do la mia parola."
Millie rise ancora, tanto, e pensò che era davvero tanto tempo che non rideva così di gusto e fu felice di questo.
"Beh, sono entrata in casa tua e non sono stata maltrattata, legata, o assalita. Anzi forse ad assalire sono stata io."
Lo sguardo di Finn si posò ancora su di lei, vagando e carezzando le sue labbra, i suoi occhi.
Lei si accorse che stava per dire qualcosa, ma fu bruscamente interrotto dal suono della porta aperta, o meglio sbattuta.
Quello che entrò, pensò Millie, era certamente l'individuo più singolare che avesse mai visto, e lei lavorava nel mondo dello spettacolo, quindi ne aveva visti davvero tanti.
Era decisamente più basso di Finn e più robusto, con un bel viso, sebbene fosse chiaramente sconvolto da una qualche "notte brava", e una montagna di ricci castano chiaro.
Aveva gli occhi azzurri e molto arrossati, che per qualche secondo si posarono su di lei, senza vederla davvero.
"Finnie, muovi il culo e vieni di sopra, sto per raccontarti una storia che ti ridurrà le palle in brandelli!"
Millie non sapeva se ridere o essere scioccata per quelle parole, ma la faccia paonazza di Finn e suoi occhi che parevano sul punto di rotolare fuori dalle orbite per l'accaduto, la convinsero per la prima opzione e rise silenziosamente, con le labbra affondate nel cappotto.
"Ehm, b-beh n-non ... Non ci sono assolutamente scuse per lui, mi rendo conto."
Millie lo guardò intensamente e sorrise complice, come a voler dire di non preoccuparsi.
Poggiò una mano sulla porta facendo per andarsene, davvero, questa volta.
Prima di girarsi e uscire definitivamente guardò il ragazzo dei vinili, studiando le sfumature color ebano dei suoi occhi un'ultima volta.
"Ciao, Finn."
"Ciao, Millie."




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