Maybe, this time

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"Sei libera stasera?"
Finn non seppe quale fu la forza interiore che lo spinse a farle, infine, quella domanda cruciale.
Forse la sua risata, forse i suoi occhi.
Quegli occhi: a Finn facevano venire in mente tante cose, dal colore del tè che era stato il suo migliore compagno nelle serate invernali, sempre presente nella tazza poggiata vicino alla chitarra, mentre strimpellava qualcosa, all'autunno e alle foglie che si posavano sul davanzale della sua finestra nei pomeriggi ventosi.
Pensò a tutti i mazzi di girasoli che sua madre periodicamente metteva nel vaso al centro del tavolo nel salotto e che erano capaci di illuminare la stanza all'istante.
Vedeva tutto questo e molto altro ancora in quelle iridi.
Millie rimase a bocca spalancata nel sentire quelle parole, nonostante fino a poco prima fossero rimaste sospese nell'aria implicazioni ben più sorprendenti.
Sentì ancora il cuore in gola, godendo stranamente di quella sensazione e chiudendo gli occhi.
Sapeva che quel momento sarebbe giunto presto ad un inevitabile capolinea, ma voleva tenerlo ancora un po' stretto prima di lasciarlo andare.
Lo fissò di nuovo negli occhi, prima di parlare.
"No, non lo sono."
Sentì un colpo al cuore differente questa volta, vedendo il sorriso di Finn restringersi, pur senza svanire.
"Oh, certo, certo che no. Continuo a dimenticare che in fondo sei qui a Londra per lavoro. E che lavoro, aggiungerei."
Millie abbassò la testa, abbozzando un sorriso triste.
"Mi dispiace, devo aver appena fatto crollare il finale perfetto per la storia che mi stavi raccontando ... Beh, prima."
-Prima di aver tentato di baciarmi ancora-
La risata di Finn, per quanto nervosa, le fece brillare gli occhi.
Forse perché anche i suoi, mentre rideva, brillavano come non mai.
Come sempre, illuminando tutto attorno ad essi.
"Credo che sopravviverò. Probabilmente dovrei smetterla di guardare decine di commedie romantiche assieme al mio coinquilino, così forse non m'illuderei di poter vivere in una gigantesca rappresentazione vivente di 'Harry ti presento Sally' o cose del genere."
Millie gli si avvicinò di un passo, sentendo l'impulsivo bisogno di un contatto, di sfiorargli la mano.
Di un contatto, forse anche più profondo.
Rise fissandosi le scarpe.
"Allora arrivederci, Billy Crystal."
Finn strinse con calore la mano che gli aveva teso e a Millie sembrò il contatto più giusto della sua vita.
Giusto come quello di quelle braccia calde, intorno a lei, nella villetta gialla all'angolo.
Come se quelle mani l'avessero già stretta un'infinità di volte e in mille modi diversi.
"Arrivederci a te, Meg Ryan."
Millie lo osservò avviarsi verso la porta, con la camicia tesa sulla linea delle spalle e le mani in tasca.
"Non si mettono insieme alla fine?"
Ancora una volta, la voce di lei fu un sussurro impercettibile.
Finn si voltò, sorridente come non mai e alzò le spalle, uscendo poi dalla stanza.
Millie rimase ferma, imbambolata a fissare la porta.
-Non si mettono insieme alla fine?-

La prima cosa che sentì, una volta richiusa quella porta alle sue spalle, fu un gran freddo che gli colpì il petto, senza preavviso alcuno.
Si ritrovò nuovamente in un corridoio affollato, circondato dalle stesse sagome scure e indaffarate e con ancora un senso di forte smarrimento addosso.
Con le mani affondate nelle tasche e senza più il profumo delle rose a tenerlo ancorato a quella realtà così simile alla più straordinaria delle fantasie,prese a camminare più velocemente, diretto verso la hall, con la testa immersa nei suoi disordinati pensieri.
-Non si mettono insieme alla fine?-
"Oh bene, sei qui!"
Finn pensò quasi di aver solo immaginato quella voce, circondato com'era da decine e decine di persone, ma gli occhi verdi e il ragazzo vispo dal sorriso gentile che gli stava davanti sembravano decisamente troppo reali.
"Io, ehm ... Sì?" Rispose incerto.
"Salve di nuovo, Finn. Mi spiace, prima nella fretta non ci siamo neppure presentati.
Sono Noah Schnapp, il manager di Millie."
Allungò una mano verso di lui e Finn fece lo stesso, notando subito quanto fosse vigorosa la stretta dell'altro, nonostante la minuta apparenza.
"Ecco, io lo so che può sembrare strano quello che sto per dire, ma ... Ecco avrei bisogno che tu mi seguissi."
"Cosa?" Finn trattenne ancora il respiro, non sapendo cosa aspettarsi e sentendo l'ansia familiare crescere dentro lui.
"Sì, sì, lo so, è una situazione bizzarra, ma ... ecco, dovresti venire con me al piano di sopra per ... per le altre interviste."
Finn vide l'altro mordersi il labbro e credette, per un attimo di aver capito male.
" Ha ... Ha detto altre interviste?"
"Certo, al resto del cast! Purtroppo ho dovuto trovare un compromesso per farti passare avanti prima, e l'unica cosa che ho potuto fare è stata far credere all'agente che fossi un ... beh, un giornalista."
"Io ... Io, un giornalista?"
"Sì, lo so, è strano, ma davvero non c'è nulla di cui preoccuparsi. Io starò sempre accanto a te ed è una cosa che si risolverà in pochissimo tempo, due o tre domande fisse a testa e tutto andrà a posto!"
Mentre parlava, Noah stava scrivendo rapidamente alcune note su un taccuino, senza guardarlo.
"Mi scusi, ma io davvero non credo di essere all'altezza di questo, io-"
"Oh, ma figurati, sarà un gioco da ragazzi, per la maggior parte del tempo non dovrai neppure ascoltare le risposte, è solo una formalità. Ecco, su questo foglio c'è qualche linea guida per aiutarti. Tu continua a sorridere, dì per quale rivista lavori e dissimula a più non posso." Disse, sorridendo, quasi fosse una cosa che accadesse all'ordine del giorno.
"Scusi ... ehm, rivista?"
"Sì, Mister, la rivista per cui scriverà l'articolo sul film, non sarò io a doverle spiegare il suo lavoro, no?" Noah gli fece un occhiolino che fece capire al più alto di stare al gioco, perché c'erano già dentro.
Finn sentì distintamente almeno 10 anni della sua vita scivolare via inesorabilmente.
-Che diavolo doveva fare ora? Continuare con la farsa del giornalista? Parlare adesso o tacere per sempre?
Perché si era cacciato in quella situazione assurda? Non poteva sgattaiolare via e basta? Cosa poteva inventars ... -

Mentre era intento a disperarsi, con le gocce di sudore che avevano preso a imperlargli la fronte, lo sguardo gli cadde su una pila di riviste sparse su un tavolino.
"Beh ecco, suppongo che l'unico campo in cui posso ritenermi un po' ferrato sia la musica, quindi credo che dovrò puntare su quello. Lei crede possa andare?"
"Wow, musica, grandioso, certo, in fondo lei c'è in mezzo praticamente ogni giorno. E, ti prego, Finn, chiamami Noah e dammi del tu." Un altro occhiolino accompagnò le sue parole gentili, mentre si incamminavano verso le scale.
Nonostante la situazione paradossale in cui ancora una volta si era venuto a trovare –aveva perso il conto, ormai, dati gli ultimi avvenimenti- l'unica cosa a cui riusciva a pensare in quell'istante non era tanto il fatto che tra pochi minuti si sarebbe trovato di fronte a chissà quali altre star del cinema,nascenti o meno che fossero, no: il solo pensiero che gli ronzava in testa eracome facesse quel vivace giovane di fronte a lui a sapere che fosse sempre letteralmente circondato dalla musica. 
Che fosse stata Millie a dirglielo non c'erano dubbi.
E il fatto che, anche solo per qualche minuto, lui fosse entrato nella quotidianità e nelle chiacchiere intime di quei due migliori amici per il solo fatto di essere lui  lo lusingò e lo fece arrossire non poco.
"Eccoci qui, io resterò qui sulla porta, così potrò portarti velocemente da un attore all'altro. Non dimenticarti di sorridere e ti prometto che andrà alla grandissima!"
"Almeno uno di noi due ne è convinto!" esclamò Finn, entrando poi in una camera simile a quella dove era stato poco prima.
Ad accoglierlo fu una donna di mezza età, con folti capelli castani tirati in su.
"Lei è il giornalista di Rolling Stones?" gli chiese.
-Wow, addirittura Rolling Stones, gli si fanno le cose in grande-
"Ehm ... Sì, in persona!"
"E lei è venuto ad intervistare il cast di un film sugli alieni?" disse, alzando un sopracciglio in confusione.
-Oh, no. -
"Ehm, certo! Per ... performance ... spaziali?"
- Finn Wolfhard, confermo: tu sei un perfetto idiota!-
La donna lo squadrò per un attimo, pur sorridendo in modo materno e gli fece cenno di accomodarsi.
"Bene, può iniziare da qui. Signor Heaton, lui è il Signor Anderson.
Mr Wolfhard, ha 10 minuti."
Ad attenderlo stava un giovane che doveva avere più o meno l'età di suo fratello, dai lineamenti decisi e con un fascino tutto inglese e che Finn era certo di aver già visto. Di certo, quello non era il suo primo film.
Fu l'inizio della fine.
Finn non aveva assolutamente idea di quali fossero gli avvenimenti del film: le uniche informazioni che aveva si limitavano a "spazio e alieni" e alla faccia di Millie vista sulle locandine in giro per la città.
Decisamente insufficienti.
Dopo aver chiesto all'attore che si trovava di fronte quale fosse la sua battuta preferita del film e aver scoperto che interpretava un robot umanoide muto, credeva davvero che peggio di così non potesse andare.

Si sbagliava.
Fu un'agonia lunga circa tre ore, ore nelle quali passò dall'intervistare una splendida ragazza con grandi occhi azzurri sbagliando il suo cognome almeno tre volte all'inciampare addosso ad un altro ragazzo, decisamente più robusto di lui e dal forte accento australiano che, a quanto pare, interpretava l'antagonista principale del film.
Quando finalmente uscì dall'ultima porta e gli dissero che aveva finito, Finn tirò un sospiro di sollievo così grande da sentirsi quasi svenire.
Si rimise a posto la giacca, sbirciando la sua figura in uno degli specchi dorati che ornavano i corridoi del Ritz e quasi rise vedendo il riflesso della sua faccia sconvolta.
Che storia!
Percorse finalmente il corridoio che portava alla Hall e ripensò a Millie e a quanto avrebbe voluto sentire ancora una volta il suo tocco, magari stringendole la mano, proprio lungo quel corridoio, o su quelle scale.
Stava per l'appunto percorrendo gli ultimi gradini, quando un leggero tocco sulla spalla lo fece sussultare.
"Heyla, Mister?"
Sentì quella voce ora familiare e riconobbe gli occhi luminosi che, per primi, quella mattina lo avevano trascinato nella direzione di quel turbine emozionale.
"Oh, salve di nuovo. La prego non mi dica che è rimasto ancora qualcuno!" Finn esclamò, portandosi le mani sulla testa, quasi terrorizzato.
"Nulla del genere e, anzi, te la sei cavata da Dio. E, di nuovo, sono Noah per te e dammi del tu, lo pretendo!" ridacchiò l'altro.
"Sì ... sì, certo, scusami."
"Bene, perché credo che ci incroceremo più di una volta, non credi" disse, con il sorriso di chi la sapeva più lunga degli altri.
"Ehm ... sì?"
"Oh, non essere timido con me, ti assicuro che non ce n'è bisogno!
Comunque, Millie ha chiesto di te e per fortuna sono riuscita a bloccarti prima che uscissi. Forza, vieni con me."
A quel punto, prese Finn sotto braccio, trascinandolo indietro, su per le scale.
-Però, che caratterino- pensò Finn, ancora non totalmente convinto di non trovarsi in un sogno molto realistico. O molto poco realistico, a seconda dei punti di vista.
Tornarono nella stanza dove Finn era già stato ore prima, e una piacevole sensazione allo stomaco tornò a fare prepotentemente capolino.
Millie uscì da una porta laterale, che doveva essere quella di un bagno, con addosso un paio di short e una t-shirt bianca un po' slabbrata.
A giudicare dal profumo forte di bagnoschiuma che riempiva la stanza e dalle goccioline d'acqua ancora presenti sulle punte dei suoi capelli, doveva appena essere appena uscita dalla doccia.
A Finn non era mai sembrata così bella, con il viso arrossato e la t-shirt troppo larga per le sue spalle.
Sorrise, non potendo farne a meno, venendo immediatamente ricambiato.
"Ciao!"
"Ciao a te!"
"Scusami se ti ho fatto chiamare così all'improvviso. Non volevo spaventarti o sembrare una specie di stalker."
Finn rise, abbassando la testa e rispose:
"Sarei lieto di essere stalkerato da te, in realtà. Nessun disturbo, comunque, ti pare."
"Bene. Comunque c'è un motivo se ti ho fatto chiamare."
Finn trattenne il fiato, aspettando che riprendesse a parlare.
"Beh, ehm, io ... Quell'impegno che avevo stasera ... Ecco, l'ho cancellato."


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