True colors shining through

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"Mmm, vediamo un po' ... Film preferito? E no, non vale nessuno di quelli in cui ci sono io!"
"Allora, lasciami pensare ... Non so, forse 'Pulp Fiction' ... O se devo pensare al classico dei classici della mia vita, ti direi la saga di 'Star Wars'."
"Oh no, non un nerd, risparmiatemi questa disgrazia!"
Il vento che li aveva accompagnati fino a quel momento si era, di colpo, quietato, rendendo l'atmosfera ancor più surreale di quanto non fosse stata fino a quel momento: ma, in fondo, quella per loro non era certo una novità.
Il lungo viale costellato da quegli alberi dalle foglie gentili era stato ormai abbandonato e Notting Hill, sotto il chiarore delle stelle, si presentava ai loro occhi come una foresta vergine, pronta per essere esplorata.
Avevano iniziato quel gioco, ora, senza che nessuno dei due sapesse spiegarsi come o perché.
Ma loro non erano i tipi da farsi troppe domande, almeno quando erano insieme.
"Oh oh, che c'è, sono capitato alla fine di una lunga lista di casi umani?"
"Non ne hai idea!"disse Millie, con tono esageratamente teatrale, guardandosi le punte delle scarpe per qualche secondo e storcendo le labbra.
Finn non aggiunse niente, notando nello sguardo di lei qualcosa di strano, che già in precedenza aveva scorto, mentre talvolta l'aveva trovata a fissare il vuoto nel salotto della villetta di Caleb e Sadie, con il calice stretto in mano, o dopo averla baciata, quella sera.
-Chi sei, Millie Brown?-
"Beh, hai fatto la tua domanda, ora è il mio turno!" -disse poi, cambiando argomento – "New York o Los Angeles?"
Millie sembrò pensarci su, mentre affondava le mani nelle tasche del cappotto, senza smettere di camminare tra quelle strade, senza meta.
"Beh, fino a qualche tempo fa ti avrei detto Los Angeles ... Ora però è l'ultimo posto dove andrei, quindi vada per New York!"
Quello sguardo, ancora.
Finn non riuscì a farsi ingannare dal sorriso tirato che non le aveva mai lasciato le labbra, né dal fare disinvolto con cui si stava guardando intorno, studiando ogni mattone e ogni insegna che la circondava: c'era qualcosa di 'spento' in lei e voleva disperatamente capire cosa.
Ma non era quello il momento: la notte era ancora lunga e non era fatta per versare altre lacrime.
"Sono d'accordo, a Los Angeles hanno quella strana fissazione con l'essere abbronzati tutto l'anno, uno con il mio colorito sarebbe decisamente fuori posto, non credi?" disse Finn, toccandosi le guance, quasi a volersi auto-ispezionare.
Millie scoppiò in una risata che, per Finn, fu come una boccata d'aria fresca, più fresca dell'aria pulita della notte, e prese a scuotere la testa, strizzando gli occhi in quel modo tutto suo e che gli faceva perdere la testa.
"Sei spiritoso, Finn."
"Che c'è, credevi di essere la sola qui?"
"Non esagerare ora, Wolfhard, non ti ho messo sul mio stesso piano."
"Hai ragione, sono almeno due piani in su!"
Alzò gli occhi al cielo, sospirando divertita.
Non ricordava quanto tempo fosse passato dall'ultima volta che era stata in grado di punzecchiarsi a quel modo con qualcuno che non fosse Noah.
-Wow - pensò, sorridendo - Chissà quali superpoteri ha!-
"Cos'è questo posto?" chiese poi, all'improvviso, quasi che quell'ultima risata le avesse, per un attimo, fatto perdere l'orientamento.
Alzò i suoi grandi occhi ambrati verso l'alto, osservando il grosso salice che le stava di fronte e il verde che, ovunque, li circondava.
"Beh, siamo su Rosemead Road ... Una volta c'era la scuola, qui vicino. Ora è rimasto solo il parco." Spiegò Finn, mentre un sorriso nostalgico prese a increspargli le labbra sottili.
Millie annuì, voltandosi nella sua direzione e godendosi la vista del ragazzo assorto nei suoi pensieri, con ogni muscolo del viso rilassato e proiettato in chissà quali ricordi.
"Ti va di sederti?" chiese poi, con la stessa confidenza con cui lo aveva trascinato in quell'esplorazione notturna della città.
Finn annuì, mantenendo quel sorriso intatto: Millie, notandolo, sentì le gambe cedergli.
Fu un'ampia panchina con la vernice un po' scrostata ad accoglierli e, in quella cornice fatta di stelle e giardini, sembrava il posto perfetto.
Rimasero in silenzio per un po', seduti fianco a fianco, senza che nessuna parola servisse davvero in quel momento di quiete.
Ad un certo punto, Millie sentì Finn ridacchiare e, incuriosita, ruppe il silenzio a sua volta:
"Che hai?"
"No, nulla, nulla ..."
"Oh, andiamo. Il gioco di prima non è finito, sai?"
"Beh ... Il fatto è che mi è venuta in mente una cosa che è successa qui anni fa. Eravamo io e Cal, credo che fosse il primo anno delle superiori ... Lo vedi quel segno sull'albero qui di fianco?"
Millie si sporse in avanti, allungando una mano verso il tronco che Finn stava indicando con la testa e sfiorando appena il lungo solco orizzontale sulla corteccia.
"Ecco, diciamo che quello è il risultato di una bella botta in testa che è costata a Cal cinque punti di sutura."
"Cosa?!" disse Millie, ridacchiando, curiosa di sapere i dettagli.
"Giuro! Stavamo cercando di imitare come degli idioti alcune acrobazie in bici viste su youtube! Io sono stato più fortunato, mi sono solo graffiato un po' la guancia." Continuò Finn, ridendo anche lui al ricordo di quel pomeriggio folle.
"Voi due siete matti!"
"Già ... Abbastanza! Ma ora siamo troppo vecchi per questo genere di cose, e poi lui è diventato troppo responsabile da quando sta con Sadie."
Millie annuì, continuando a sghignazzare, lieta, in cuor suo, di essere stata resa partecipe di quel ricordo.
Finn sospirò, con quella malinconia che lo aveva assalito sin da quando erano entrati nel parco che continuava a stringergli il cuore, e si guardò intorno ancora una volta: quel parco era stato una verde isola felice nel casino totale in cui, talvolta, si era trasformata la sua vita.
Ricordava decine di pomeriggi trascorsi a suonare, seduto sull'erba fredda delle aiuole e con solo il suono della chitarra per riordinare tutto il disastro che aveva in testa.
Aveva passato ore ed ore a perdersi nei suoi pensieri e a sognare ad occhi aperti, immaginando la veduta di un panorama completamente diverso da quello grigio e statico che vedeva ergersi dinanzi a lui in quel momento: magari la stessa, variopinta veduta che poteva vedere nella sua testa ogni volta che riusciva a comporre un nuovo pezzo.
Rivide se stesso per un attimo, con gli stessi riccioli ribelli in testa, ma molte meno delusioni negli occhi, intento ad osservare gli aquiloni che i bambini facevano volare nel cielo, la domenica mattina: ricordò la corsa matta che aveva fatto per inseguirne uno, sfuggito dalla mano del suo proprietario, e di essersi sentito, in quell'istante, tanto leggero che il vento avrebbe potuto far volare anche lui, senza che ci fosse bisogno di essere legato a un filo da tenere ancorato a terra.
Che cosa non avrebbe dato per riprovare, anche solo per un secondo, quella sensazione.
"Hey, ma dove sei finito?" disse Millie all'improvviso, scuotendogli appena la spalla.
Finn si voltò, allungando una mano verso la sua guancia per spostarle la solita, ribelle ciocca di capelli dal viso.
"Proprio qui, Brown." -Rispose lui- "Proprio qui!"


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